Il pianeta è minato

All’inizio degli anni ‘90 diversi organismi umanitari, tra cui la Croce Rossa Internazionale e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, si rendono conto che un numero molto elevato tra i civili di cui si prendono cura e stato ferito da mine terrestri, in particolare mine anti-persona, e che un numero altrettanto elevato e stato ucciso da questo tipo di ordigni, sia in paesi dove sono in corso conflitti armati, sia in paesi dove la guerra e finita da più o meno tempo. Nel 1992 sei organizzazioni non governative, Handicap International, Human Rights Watch, Medico International, Mines Advisory Group, Physicians for Human Rights, Vietnam Veterans for America Foundation, lanciano una campagna internazionale contro le mine anti-persona, chiedendo il bando della loro produzione e commercializzazione e la creazione di un fondo amministrato dalle Nazioni Unite per promuovere e finanziare programmi di sminamento. Alcune di queste organizzazioni si erano già occupate del problema in precedenza (1). Nel 1993 esce Hidden Killers, il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (2). E’ in questo rapporto che vengono riportate le stime generalmente ritenute più attendibili sul numero e gli effetti delle mine terrestri disseminate nel mondo. Vi sarebbero 85-90 milioni di mine inesplose in 62 paesi, e in molti casi esse sarebbero state disseminate senza mappe e in modo indiscriminato. Una media di 150 persone ogni settimana viene uccisa o ferita da qualcuno di questi ordigni. Valutazioni definite “prudenziali” della Croce Rossa statunitense elevano però questa cifra a oltre il doppio: 800 uccisi e 450 feriti ogni mese. Handicap International arriva a stimare 1400 uccisi e 780 feriti ogni mese in tutto il mondo (3). Su un dato tuttavia non ci sono dubbi: la stragrande maggioranza delle vittime sono civili. Secondo una valutazione del Mines Advisory Group (4), le attività in cui più frequentemente si muore per mine oggi sono, nell’ordine: raccogliere legna; portare il bestiame al pascolo; coltivare la terra; ripulire terreni o fossati; camminare su sentieri; pescare o approvvigionarsi di acqua; giocare (riferito a giochi all’aria aperta, essenzialmente di bambini) ; raccogliere cibo; guidare fuoristrada; tentare il recupero di altri feriti da mina. In questa classifica l’attività militare e solo all’undicesimo posto. Dunque le mine disseminate nel mondo colpiscono soprattutto i civili durante attività quotidiane che non hanno a che vedere con il conflitto per il quale gli ordigni sono stati usati. Anzi spesso gli incidenti avvengono molto dopo la conclusione delle operazioni armate. Le attività “pericolose” sono essenzialmente attività svolte in ambiente rurale, non solo perché le mine sono generalmente disseminate nelle campagne, ma soprattutto perché la gran parte dei paesi coinvolti nella disseminazione sono paesi poveri dell’Africa e dell’Asia (un po’ meno dell’America.Latina). Il rapporto del Dipartimento di Stato (5) ritiene che l’Afghanistan sia il paese più minato del mondo, con una cifra di mine terrestri inesplose tra i 9 e i 10 milioni. Seguono l’Angola con circa 9 milioni di mine, l’lraq con una cifra tra i 5 e i 10 milioni, il Kuwait con una cifra tra i 5 e i 7 milioni, la Cambogia con una cifra tra 4 e 7 milioni di mine. Il Mozambico, la Bosnia, la Somalia, la Croazia e il Sudan supererebbero la soglia del milione di mine. I paesi più minati corrispondono quindi ai principali teatri di guerra, e spesso di scontro indiretto tra le due superpotenze, negli anni ‘70 e ‘80 e ai principali conflitti del dopo ‘89. L’allarme mine, le dimensioni e le conseguenze del problema hanno messo in difficoltà le tradizionali dottrine di utilizzo di queste armi. Le mine terrestri sono state introdotte nella guerra moderna durante la Prima Guerra Mondiale (6), quando improvvisate mine anticarro cominciarono ad essere opposte ad una delle maggiori novità belliche dell’epoca, il carro armato. Le mine anti-persona furono sviluppate in primo luogo come arma complementare agli ordigni anti-carro, per impedirne la rimozione da parte del nemico. Nella dottrina militare standard affermatasi presso gli eserciti occidentali (7), le mine entrano nella strategia di difesa come mezzo per ostacolare un esercito attaccante. Seminate in campi delimitati e segnalati, consentono un risparmio di impiego di uomini, canalizzano gli attacchi del nemico e ne rallentano la libertà di movimento. A certe condizioni possono servire anche come supporto di una strategia di attacco, ad esempio per coprire i fianchi. Le regole della guerra convenzionale prevedono quindi che l’arma sia usata in modo controllato e possa far danni solo a militari nemici. L’uso intenzionale contro obiettivi civili è illegale. Tra i vantaggi nell’uso delle mine che i militari segnalano vi e poi il fatto che sono del tutto insensibili alle condizioni meteorologiche, che una volta in opera non richiedono alcuna manutenzione, mentre “rimangono sempre all’erta e il loro ‘morale’ non e influenzabile” (8). Certo, anche nel caso di guerre convenzionali le condizioni standard possono non funzionare. La delimitazione dei campi minati lascia spesso a desiderare; le mine sono spesso disseminate con mezzi più rapidi che la collocazione a mano, come ad esempio aerei o elicotteri, e quindi su territori più ampi e in modo più incontrollato; la recente generazione di mine con involucro in plastica rende più difficile l’individuazione con i rilevatori attualmente disponibili. I capi militari, inoltre, sottovalutano le conseguenze a lungo termine sui civili di decisioni prese frettolosamente durante un conflitto. Nonostante questi problemi, tuttavia, non esiste, secondo l’opinione corrente tra i militari, nessuna soluzione alternativa che possa svolgere le stesse funzioni delle mine terrestri, in particolare anti-persona, in modo altrettanto efficiente. Gli stessi problemi individuati possono trovare una soluzione tecnologica, ad esempio attraverso la ricerca di mine con meccanismi di auto-distruzione. “La cosa che si avvicina di più ad una vera mina e una mina improvvisata” e quindi, sostengono i militari, la proibizione delle mine prodotte industrialmente porterebbe ad una proliferazione di quelle prodotte artigianalmente con un minor controllo complessivo (9). Ma gli argomenti dei militari appaiono in contrasto con alcuni dati analitici, cui si e accennato. I conflitti in cui sono state usate mine negli ultimi 20-25 anni, gli anni della grande semina, non corrispondono se non in minima parte alla guerra convenzionale tradizionale cui si riferisce la dottrina militare ufficiale. Sia nel periodo della contrapposizione bipolare, sia nelle attuali guerre cosiddette “etniche”, si tratta in larga misura di guerre interne, condotte da regimi oppressivi verso opposizioni armate, non di rado altrettanto feroci, o da fazioni armate sostenute da questa o quell’altra potenze esterna, in cui il campo di battaglia e il territorio abitato e i civili non sono vittime casuali, ma “obiettivi diretti delle parti in conflitto coinvolte in una disperata situazione di guerra totale” (10). In questo contesto le mine vengono usate come arma terroristica e seminate in modo indiscriminato. E’ vero che le mine possono sempre essere prodotte artigianalmente da un potere o da una fazione locale impegnata in un conflitto armato. Ma non e artigianalmente che si seminano migliaia o addirittura milioni di mine. La guerra con le mine, soprattutto con le mine anti-persona, richiede un’ampia disponibilità di ordigni, e dunque una efficiente produzione industriale in serie, e mezzi per disseminarli su vasta scala, come aerei, elicotteri, veicoli lanciamine. Le mine terrestri prodotte industrialmente hanno un modesto costo unitario, ma questo e precisamente il motivo per cui attorno alla crescita dell’uso di questo tipo di armi, e decollato il commercio internazionale. II commercio di questo ordigni ha visto e vede come protagonisti sia le grandi potenze industriali sia paesi di nuova industrializzazione. Sempre più spesso anzi il processo produttivo e i canali commerciali delle mine, e anche di altri tipi di ordigni bellici, si snodano dai primi ai secondi, e dai secondi alle aree di conflitto. Note (1) Ad esempio Human Rights Watch ha pubblicato nel 1986 “Landmines in El Salvador and Nicaragua. The Civilian Victims” (2) United States Department of State, Hidden Killers. The Global Problem with Uncleared Landmines, Washington D.C.: United States Department of State, 1993 (3) Queste stime sono citate in Jef Van Gerwen, Le Mine antiuomo. Una riflessione etica, Aggiornamenti Sociali, a. XLVI, n.3, marzo l995, pag. 195 (4) Rae McGrath, I problemi di intervento sui territori minati, Atti del Convegno Internazionale “Non fermiamo il girotondo”, Brescia 24 settembre l994, Comune di Brescia, Consulta per la Pace e la Solidarietà fra i Popoli del Comune di Brescia (5) United States Department of State, Hidden Killers, cit. (6) United States Department of State, Hidden Killers, cit. (7) Sulla dottrina militare occidentale a proposito di mine terrestri, in particolare anti-persona, e sulla posizione dei militari nella polemica apertasi in questi anni si può vedere: Symposium of Military Experts on the Military Utility of Anti-per- sonnel Mines, International Committee of the Red Cross, 10-12 gennaio 1994 (Estratti del rapporto ufficiale del convegno sono stati pubblicati su Rivista Italiana Difesa, n. 6, giugno 1994, pp.49-50) (8) Symposium of Military Experts on the Military Utility of Anti-personnel Mines, cit. (9) Symposium of Military Experts on the Military Utility of Anti-personnel Mines, cit. (10) Jef Van Gerwen, Le mine anti-uomo. Una riflessione etica, cit., pag. 195 (Questo articolo è apparso su Produzione, commercio e uso delle mine terrestri, Edizioni Comune Aperto, Firenze 1996)

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here