Tutti i veleni dell’Adriatico

Dal Gargano a Bari ci sarebbe una delle massime concentrazioni al mondo di armi chimiche sommerse. E nei mari della Puglia, dal dopoguerra a oggi, sono circa 250 i casi di intossicazione, qualcuno anche mortale, che hanno colpito i pescatori. La denuncia è di Ezio Amato, ricercatore dell’Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare), che dal Ministero dell’ambiente ha avuto l’incarico di localizzare tutti gli ordigni abbandonati nei fondali dell’Adriatico pugliese (Progetto Acab).Fu infatti proprio durante il bombardamento del porto di Bari nel 1943 che gli aerei tedeschi affondarono, tra le altre, la nave “John Harvey” carica di 2.000 bombe all’iprite (un gas vescicante creato per inferire il massimo danno al nemico). Ma, anche dopo la fine della guerra, le indicazioni della Marina militare italiana di disfarsi di questi ordigni inabissandoli oltre i 1.000 metri non vennero rispettate alla lettera. E ora i pescatori a strascico rischiano di trovarsi le reti imbrattate dai gas rilasciati dagli ordigni oramai corrosi dall’acqua marina.Particolarmente pieni di ordigni chimici sarebbero anche i fondali del Mar Baltico e di Giappone, Stati Uniti, Irlanda. Era infatti consuetudine, fino agli anni ‘70, disperdere queste armi in mare aperto. E incalcolabili sono le conseguenze per l’ecosistema: non a caso, proprio la valutazione dei danni alla fauna marina stanziale pugliese (scorfani, sogliole, razze) sarà uno dei principali obiettivi del progetto Acab.(c.d.m.)

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