“ET? Non lo incontreremo mai”

Ci sono diversi modi per cercare di comunicare con i nostri eventuali vicini extraterrestri. Uno è di immaginare superastronavi capaci di affrontare rischiosi viaggi fuori dal Sistema solare. Un altro invece è di non fare proprio nulla (o quasi): mettersi comodi, dotarsi di un buon paio di cuffie e cominciare pazientemente ad ascoltare. Aspettando un segno, un messaggio, un flebile segnale, qualsiasi cosa che indichi che là fuori ci sono altri esseri intelligenti.
L’Universo ci bombarda di continuo di luce, raggi cosmici, raggi gamma, raggi X e anche onde radio. Una cacofonia di segnali captati da vari strumenti. E se tra questi segnali ce ne fosse uno “artificiale”? Un segnale non casuale ma emesso volutamente per comunicare? Ecco cosa aspettano i ricercatori del progetto Seti, Search for Extraterrestrial Intelligence. E proprio a Seti è stato dedicato il convegno Seti Day, organizzato a giugno dall’Accademia delle Scienze di Torino, che ha riunito astronomi, biologi, fisici, ingegneri, filosofi e umanisti.

Tra gli ospiti del convegno spiccava Frank Drake, uno dei padri del progetto. Fu proprio Drake, nel 1960, a tendere il suo orecchio al cielo dall’Osservatorio nazionale di radioastronomia (NRAO) a Green Bank, nello West Virginia. Il progetto allora si chiamava Ozma, dal titolo di uno dei libri di Frank Baum, autore del più famoso “Il mago di Oz”. “Come Baum, anch’io sognavo una terra lontana, popolata da esseri strani ed esotici”, scrisse allora Drake. Ma dopo 38 anni di ricerche e progressi tecnologici, i risultati continuano a scarseggiare. Niente contatto. Eppure Drake continua a crederci, come ha raccontato a Galileo in questa intervista.

Professor Drake, lo scrittore americano Terence McKenna, che studia gli stati alterati di coscienza, ha scritto che “restare in attesa di segnali radio intelligenti di origine extraterrestre è probabilmente una presunzione culturale simile a quella di andare in giro per la galassia in cerca di un buon ristorante italiano”. Cosa pensa di questa affermazione?

“Mi sembra una stupidaggine. E’ un fatto, e non una presunzione culturale, che le onde radio sono un mezzo di comunicazione estremamente efficiente. L’Universo, infatti, è piuttosto silenzioso a queste lunghezze d’onda ed eventuali segnali “artificiali” si distinguerebbero meglio, inoltre le radio-onde penetrano attraverso le nuvole di polvere interstellare, e sono in grado di attraversare senza difficoltà il centro della Galassia. Dunque qualsiasi civiltà tecnologicamente evoluta dovrebbe sapere che i segnali radio sono il mezzo di comunicazione più efficiente da un punto all’altro del cosmo. Non c’è nulla di culturale, è il modo con cui funziona l’Universo”.

Nella sua autobiografia, “Is Anyone Out There?”, ha scritto che in passato si è interessato agli Ufo. Cosa ne pensa oggi?

“Non credo agli Ufo, non esiste alcuna evidenza che esistano. Mi occupai del fenomeno e feci anche delle indagini con i testimoni oculari, perché all’epoca ritenevo che potesse esserci qualcosa di solido, ma quando cominciai a esaminare la faccenda mi accorsi che non esistevano prove convincenti. All’inizio sembrava una cosa molto spettacolare, ed era quindi doveroso esaminarla con attenzione, ma di fatto non c’era niente di rilievo per i nostri studi. Fu una grande delusione, oltre che una perdita di tempo. D’altra parte non è corretto identificare il termine Ufo, che sta per Unidentified Flying Objects (oggetti volanti non identificati), con l’idea di astronave aliena”.

Nel futuro del progetto Seti, c’è la possibilità di inviare un telescopio molto vicino al Sole, per sfruttarne l’effetto di lente gravitazionale. A cosa servirebbe?

“Con questo metodo si riuscirebbero a distinguere oggetti grandi appena 50 chilometri anche sulla superficie dei lontanissimi pianeti al di fuori del Sistema solare. Un potere risolutivo del genere ci consentirebbe di osservare i dettagli della loro superficie: catene montuose come il Grand Canyon, bacini idrici di grosse dimensioni, o laghi. Ma anche i segni di eventuali civiltà, per esempio grandi agglomerati urbani”.

Enrico Fermi cercò di stimare il numero di possibili civiltà extraterrestri e concluse che dovevano essere una grande quantità. Ma dove sono e perché non siamo in contatto?

“Per andare da una stella all’altra in un tempo ragionevole, si deve viaggiare molto in fretta. Serve un’enorme quantità di energia ed è assai pericoloso, a causa dei detriti presenti nello spazio. Viaggiando, per esempio, a un decimo della velocità della luce mille anni, è assai probabile urtare frammenti rocciosi. E a quelle velocità un frammento anche molto piccolo ha più energia di una bomba, e può tranquillamente distruggerci. Voglio dire che una civiltà intelligente non compierebbe un’impresa del genere. Solo una civiltà stupida lo farebbe… Ma, evidentemente, non saprebbe come”. Per i viaggi umani, invece, John Von Neumann aveva avanzato l’idea di sistemi di volo che consentano atterraggi “morbidi” in qualsiasi atmosfera planetaria, macchine in grado di costruirsi i componenti necessari ai computer di bordo, a partire dai materiali trovati nello spazio. Ma a me sembra molto difficile che cose del genere siano realizzabili”.

Quindi Et non è qui perché…

”…Perché è impossibile”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here