Il Cern di Maiani

Con il primo gennaio del 1999 Luciano Maiani, ex direttore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, assumerà la carica di direttore del Cern, il più grande laboratorio europeo di fisica delle particelle elementari e uno dei più importanti nel mondo. Dopo Edoardo Amaldi e Carlo Rubbia un altro italiano si appresta ad affrontare una delle sfide più prestigiose, ma anche impegnative, della fisica del terzo millennio. Galileo lo ha incontrato a Ginevra, dove Maiani sta già preparandosi al passaggio delle consegne.

Professor Maiani, tra qualche mese diverrà il responsabile del più grande laboratorio di fisica in Europa. Come va “l’apprendistato”?

“A questo punto è un po’ più di un apprendistato. Sto cercando di rendermi conto dei problemi che ci sono e di capire quali sono le azioni da intraprendere l’anno prossimo. Per esempio ci sarà un avvicendamento dei direttori delle diverse sezioni. Con loro si dovrà discutere il bilancio e come dividerlo”.

Come ha trovato lo stato di salute del Cern?

“Il Cern sotto molti punti di vista è in ottima salute. La sua reputazione non è usurpata. Naturalmente gli anni non sono passati invano e quindi ora abbiamo un concetto dell’organizzazione e del ruolo del mercato, che è fortemente cambiata negli ultimi anni. Una serie di concetti che andavano bene anche fino a 10 anni fa adesso stanno cambiando. Un tempo il Cern, come altre istituzioni scientifiche, aveva tutto al suo interno. Era un mondo a parte in cui si trovavano dagli addetti alle pulizie ai premi Nobel, ed era più economico così. Ora, al contrario, si cerca di tenere in casa le competenze critiche, insostituibili e affidarsi al mercato per le altre. Ma non è una cosa da poco, è una rivoluzione profonda. Il Cern è sicuramente un organismo più flessibile di un ente di ricerca italiano. Ma è anche più vulnerabile perché vive sul fatto che persone di eccezionale qualità siano disposte a muoversi dal loro paese per venire qui. Queste persone hanno bisogno di sicurezze, di protezione, in un certo senso di privilegi. Non avrebbe più senso se il Cern si riducesse a un laboratorio che recluta negli immediati dintorni.. In un mondo in cui tutto è affidato alla concorrenza e al mercato, il Cern deve trovare una sua protezione. Una protezione comunque al passo con i tempi. Non sarà facile”.

Il programma più ambizioso a cui si sta lavorando al Cern è probabilmente la costruzione del Larg Hadron Collider (Lhc). Ma ci sono anche altri progetti in cantiere?

“Certo, anche se non c’è niente che possa competere come dimensioni con Lhc. E quindi c’è il concreto rischio che il Cern diventi un posto da ingegneri piuttosto che da fisici che devono pensare a inventare teorie ed esperimenti. Oltre a Lhc ci sono parecchie altre attività interessanti. Per esempio l’anno prossimo entrerà in funzione un anello, finanziato soprattutto grazie a contributi esterni, in particolare giapponesi, per la produzione di antimateria. Con questo strumento si potranno comprendere le differenze tra atomi e antiatomi. Poi c’è un interessante filone di ricerca in fisica nucleare, senza dimenticare naturalmente il progetto del fascio di neutrini da sparare verso il Gran Sasso. Infine c’è un esperimento sull’asimmetria tra materia e antimateria condotto in parallelo al Cern e al Fermilab di Chicago”.

Torniamo a Lhc. Una delle particelle che cercherete con questo nuovo acceleratore è il bosone di Higgs. Di cosa si tratta?

“Uno dei problemi ancora aperti nella fisica moderna è che non sappiamo ancora in che modo viene generata la massa delle particelle. La teoria attuale prevede un meccanismo molto sorprendente: si immagina che ci sia un campo che pervade tutto l’universo e sarebbe l’interazione delle particelle con questo campo a produrre la loro massa. Se questo è vero, poiché tutti i campi possono oscillare, noi dovremmo vedere le oscillazioni anche di questo campo. Alcune di quste oscillazioni dovrebbero presentarsi sotto foma di una particella elementare, il bosone di Higgs appunto. Quindi se osserveremo il bosone di Higgs significa che la teoria è vera. E questo ha molte conseguenze: il bosone di Higgs ha un ruolo fondamentale in tutti i tentativi di coniugare le teorie della gravitazione con la fisica delle particelle elementari; molte teorie sulla nascita dell’universo associano l’espansione del cosmo e le sue disomogeneità alle fluttuazioni di un campo di questo genere. Noi vogliamo sapere se le cose stanno veramente così. Se invece il bosone di Higgs non si farà vedere, dovremo ricominciare daccapo. È una questione cruciale e questo spiega perché i fisici di tutto il mondo sono concordi nel dire che questo è “il problema”. Inoltre ci sono indicazioni che suggeriscono l’esistenza di tutta una serie di particelle che si potranno osservare solo alle altissime energie di Lhc. Se queste idee sono vere noi siamo seduti sulla punta di un’iceberg. Il bosone di Higgs e le particelle supersimmetriche sono l’inizio di una nuova storia che dovrebbe portarci a capire meglio la relazione tra gravità e fisica delle particelle elementari”.

Ma quanto costerà questo nuovo gioiello?

“Lhc costerà 3200 miliardi, circa due terzi di quanto sarebbe costato se lo si fosse costruito ex-novo (Lhc verrà costruito nello stesso tunnel sotterraneo scavato per l’altro super-acceleratore del Cern, il Lep – ndr.). Stanno cominciando in questi giorni i lavori di scavo delle due caverne dove saranno messi i due esperimenti più grandi, come il pozzo che conterrà Atlas, un rivelatore alto come un palazzo di sei piani. Poi c’è la preparazione dei magneti e nel frattempo sono partiti gli ordini per le industrie che devono fornire i cavi superconduttori. La produzione di cavo superconduttore che serve per Lhc equivale a 2 anni della produzione mondiale attuale. Va anche tenuto conto che il Lep sta continuando a funzionare e sarà operativo fino al 2000”.

E i rivelatori?

“Sono già in costruzione. Molte delle componenti verranno costruite nei laboratori e nelle univerità dei paesi che partecipano all’impresa di Lhc e saranno assemblate qui al Cern solo alla fine. Ma i “record tecnologici” che Lhc potrà battere sono davvero molti. Per esempio i 27 chilometri del suo tunnel saranno i più freddi dell’universo, a meno che non ci siano altre civiltà aliene che stanno realizzando lo stesso esperimento. Nel cuore di Lhc la temperatura sarà di 1,8 gradi Kelvin (cioè -271,2 °C) mentre le zone più remote del cosmo hanno una temperatura di 2,7 Kelvin. Un’altra sfida tecnologica è quella di riuscire a far correre i due fasci di particelle all’interno dello stesso tubo. Il risparmio di spazio e di denaro è notevole ma non è stato affatto semplice riuscire a generare a pochi centimetri di distanza due campi magnetici molto intensi e di segno opposto”.

Lei sarà direttore generale per cinque anni a partire dal primo gennaio 1999. Ma Lhc comincerà a funzionare nel 2005. Quindi pur avendo diretto la sua costruzione lei non lo vedrà all’opera come direttore.

“Per quanto mi riguarda è già molto importante che mi sia stato affidato questo compito. Ho contribuito a scrivere la fisica che Lhc cercherà di dimostrare. E anche se non sarò più direttore continuerò a seguirne la sorte con grande interesse”.

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