23 gennaio 1999, un lampo da record

Quello che è accaduto il 23 gennaio proprio sopra le nostre teste (44 gradi e 5 primi di declinazione) sarà probabilmente scritto nei libri di storia dell’astronomia. “Il 23 gennaio”, ha annunciato Filippo Frontera nel corso di un seminario tenuto recentemente presso la Facoltà di fisica di Ferrara in cui insegna, “è avvenuta una esplosione di raggi gamma che ha liberato una enorme quantità di energia. Ma il fatto straordinario è che per la prima volta il rilevamento è stato talmente preciso e tempestivo che è stato possibile seguire tutta l’evoluzione del fenomeno con i telescopi ottici, seguendo da terra ogni fase dell’esplosione, prima ancora che raggiungesse la massima intensità. Un’intensità peraltro eccezionale (magnitudo nove) tale da consentirne la visione anche a occhio nudo”. L’osservazione di questo fenomeno straordinario è stata possibile grazie al sistema Gamma Ray Burst Monitor (Grbm), realizzato proprio da Frontera per il satellite italiano BeppoSax.

Ma perché questa violentissima ed improvvisa emissione di energia è così importante? Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare che il cielo è tutt’altro che un immobile sfondo su cui volge il quieto moto degli astri. In realtà l’Universo è continuamente teatro di esplosioni di energia inimmaginabili nella nostra scala di grandezza quotidiana. Fra le “catastrofi” che accadono normalmente sopra la nostra testa ci sono le esplosioni di raggi gamma (Gamma Ray Burst – Grb), un tipo di eventi a cui appartiene quello rilevato alla fine di gennaio.

Una finestra sull’universo primordiale

Scoperti negli anni ‘60 dai satelliti spia americani, i Grb sono rimasti un fenomeno inspiegabile fino al 1997, quando il satellite italiano BeppoSax ha cominciato a inviare a terra le prime informazioni significative. Si è capito subito che si trattava di qualcosa di straordinario: “l’energia emessa” spiega Frontera “è enorme: 10 elevato a 53 erg. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza e dell’importanza dei fenomeni basta ricordare che si tratta degli eventi più energetici dopo il Big bang, e che la quantità di raggi gamma emessa nei pochi secondi di vita è paragonabile a quella prodotta dalla nostra galassia nell’arco di dieci milioni di anni. Oggi sappiamo con certezza che gli oggetti celesti in cui avvengono queste esplosioni di raggi gamma sono a distanze di almeno un miliardo di anni luce dalla terra”.

Se consideriamo che l’età dell’Universo è stimata fra i dieci e i quindici miliardi di anni, significa che grazie alla potenza di questo segnale possiamo averne una immagine molto “antica”. E’ come se dalla profondità dello spazio ci giungesse un film molto ben conservato dell’universo primordiale. Per gli astrofisici si è aperta una nuova finestra che consente di capire aspetti della storia e del funzionamento del nostro Universo altrimenti incomprensibili.

L’ipotesi palla di fuoco

Ancora oscuro è invece gran parte del meccanismo che dà origine ai Grb. Si sa con certezza che questi eventi accadono all’interno di galassie, e che sono emissioni di elettroni dotati di altissime energie in campi magnetici estremamente forti (fenomeno della ‘radiazione di sincrotrone’). Su quello che accade prima che gli elettroni raggiungano queste altissime energie si possono invece formulare solo ipotesi. “E’ probabile che all’origine di tutto ci sia una specie di una ‘palla di fuoco’ che esplode: una massa di particelle che si espande a enorme velocità, vicina a quella della luce. La palla di fuoco, dotata di enorme energia cinetica, espandendosi, spinge e accumula il materiale interstellare che trova sul suo cammino e ‘comprime’ il campo magnetico che aumenta così di intensità. Quando la ‘spinta’ e il campo magnetico aumentano oltre una certa soglia, l’energia accumulata dal materiale interstellare si libera violentemente dando luogo all’esplosione. L’energia cinetica della palla di fuoco si è convertita in energia termica degli elettroni che compongono il mezzo interstellare”, conclude Frontera.

Telescopi di vedetta, per cogliere l’attimo

Ora che si è capita l’importanza di questi fenomeni, la cosa più difficile è osservarli con precisione. Non solo sono lontanissimi e “mescolati” a molte altre fonti di energia cosmica, ma si esauriscono con estrema rapidità. In un manciata di secondi, al massimo di minuti, tutta l’enorme quantità di energia si brucia, cosicché il segnale diventa subito molto debole e l’osservazione difficile. Ed è proprio in questo lavoro di “intercettazione” che il sistema Gamma Ray Burst Monitor si è rivelato vincente. Con il Grbm e gli altri strumenti a bordo del satellite è possibile infatti localizzare con precisione le esplosioni, puntare velocemente i telescopi di bordo e anche quelli di terra inviando le coordinate agli osservatori disseminati sulla superficie terrestre. E’ esattamente quanto è successo il 23 gennaio.

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