Nuove regole per l’altra medicina

Cinque milioni di italiani ricorrono alle medicine alternative: omeopatia, fitoterapia, agopuntura. Ora, finalmente, il fenomeno delle terapie non convenzionali esce dal sommerso, dalle “scuole di pensiero” e dalla libera interpretazione. Per entrare nelle stanze dell’istituzione. Ben due commissioni ministeriali, infatti – come ha annunciato il ministro della Sanità Rosi Bindi in occasione del convegno ‘Efficacia degli interventi sanitari: paradigmi scientifici, terapie non convenzionali e libertà di cura’ organizzato il 26 aprile scorso a Roma dall’Istituto Superiore di Sanità – studieranno la questione, e ne faranno parte medici omeopati, tossicologi, clinici, farmacologi. Una si occuperà dell’omeopatia, la più diffusa e conosciuta delle medicine non convenzionali, l’altra esaminerà le altre terapie alternative. “Vogliamo conoscere e capire perché così tanti italiani ricorrono alle cure non convenzionali – ha detto Bindi – e capire se nella loro domanda di salute ci sono richieste nei confronti di tutto il Servizio sanitario nazionale, che deve recuperare l’umanizzazione nell’alleanza terapeutica tra medico e paziente. Inoltre – ha aggiunto il ministro – vogliamo tutelare attraverso le regole l’applicazione del principio dell’appropriatezza per coloro che si rivolgono a queste cure”. Siamo insomma all’inizio di un cammino che porterà a fare ordine nel settore, a stabilire l’efficacia e l’appropriatezza di queste cure. Per qualunque rimedio – hanno infatti sostenuto i promotori del convegno – dovranno essere disponibili prove scientifiche che ne dimostrino la sicurezza e la pari o maggiore efficacia rispetto ad altre tecniche terapeutiche. Ma le terapie non convenzionali, naturalmente, non sono tutte uguali. E non tutte in Italia godono dello lo stesso grado di “ufficialità” presso le istituzioni. L’agopuntura, per esempio, a cui negli ultimi tre anni hanno fatto ricorso 2,9 italiani su cento (dati dell’Istituto Superiore di Sanità), può vantare un processo di ufficializzazione iniziato negli anni Settanta. Nel novembre 1982, una sentenza della Sezione penale della Corte di cassazione ha definito l’agopuntura “un atto medico” e nel 1990, la voce “agopuntura” è stata inserita nel tariffario delle prestazioni erogabili dalle Unità sanitarie locali. Oggi sono 5000 i medici che in Italia praticano questa antichissima tecnica cinese. Parallelamente alla penetrazione di questa terapia nel tessuto sociale italiano e al processo di accettazione da parte del Sistema sanitario nazionale, sono nate scuole di agopuntura e medicina tradizionale cinese, e tutte fanno capo alla Fisa, la Federazione italiana delle società di agopuntura. Negli ultimi anni sono stati istituiti corsi di perfezionamento presso alcune università italiane. Tuttavia, questi riconoscimenti ufficiali non vanno confusi con una definitiva efficacia di questa terapia. “L’agopuntura è diventata un ‘atto medico’ – ha spiegato Benito Meledandri, presidente dell’Ordine dei medici – perché si voleva evitare la clandestinità di queste pratiche”. Ma tuttora non esistono criteri in grado di validare questa pratica. E questo nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità stimi che, nel mondo, siano ben due miliardi le persone che ricorrono alla medicina cinese. Per l’omeopatia, il lento cammino verso l’ufficializzazione ha avuto inizio solo nel 1995, quando il Decreto legislativo 185/95 ha recepito la direttiva europea in materia di medicinali omeopatici. Nel 1996 l’allora ministro della Sanità Elio Guzzanti nominò una commissione per definire le norme relative ai test farmacologici, tossicologici e clinici obbligatori per ottenere, da parte delle aziende, l’autorizzazione al commercio dei rimedi omeopatici. La commissione però non ha mai assolto il suo compito. E nel 1997 un nuovo decreto legge ha prorogato al giugno del 2000 la scadenza dell’autorizzazione al commercio dei farmaci omeopatici. Scadenza che è stata ulteriormente procrastinata al 31 maggio del 2001. In omeopatia, anche la ricerca di base è agli inizi. Pochi se ne occupano, e i gli studi condotti utilizzando gruppi di controllo sono piuttosto recenti. Stando così le cose, le commissioni ministeriali avranno molto da fare. E non è escluso che a complicare il lavoro dei tecnici c’è un carattere fondamentale, tipico di molte terapie convenzionali, e cioè il coinvolgimento nel processo di guarigione di tutto l’individuo, in ogni suo aspetto. Anche quello psicologico.

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