Minacce invisibili

Silenziose e invisibili, ma comunque micidiali. Forse addirittura più della bomba atomica. Le armi biologiche possono diffondere nella popolazione infezioni letali come il botulismo o il vaiolo. Sono semplici da produrre, da nascondere nei laboratori o in allevamenti di bestiame e gli agenti patogeni che servono per produrle sono piuttosto facili da acquistare, anche su Internet. Sebbene le armi biologiche siano ufficialmente al bando dal 1972, il pericolo che rappresentano non è affatto scongiurato. E, secondo gli esperti, oggi il vero rischio è che questi strumenti finiscano nelle mani di gruppi sovversivi, di bioterroristi in grado di minacciare intere nazioni. Tanto che qualcuno le definisce già “il vero strumento di terrore del nuovo millennio”.

Così, la Casa Bianca è ricorsa ai ripari e ha deciso di istituire il primo grande centro mondiale per la prevenzione e lo studio degli effetti delle armi batteriologiche. Sorgerà a Plum Island, al largo di Long Island (New York), dove già dal 1950 il Ministero dell’Agricoltura effettua ricerche sulle epidemie nel bestiame. Il centro, che riceverà uno stanziamento di 215 milioni di dollari, circa 400 miliardi di lire, si occuperà di quei particolari virus, batteri o funghi che dopo aver infettato piante e animali possono colpire l’uomo come “destinatario secondario”. Per studiare i micidiali agenti, come il virus Hendra dei cavalli o il Nipah dei suini che in Nepal, oltre ai maiali, ha già ucciso cento persone, gli scienziati lavoreranno sempre protetti da tute isolanti e con maschere antigas. E per l’incolumità della popolazione il centro avrà un “livello di sicurezza quattro”, il massimo previsto dai protocolli della ricerca scientifica.

Dunque, secondo gli esperti, i bioterroristi colpiranno attraverso l’alimentazione. Sicuri di infettare un gran numero di persone con marmellate al botulino, carni, latte e uova allo stafilocco aureo o frutti di mare con vibrioni. Basti pensare che un solo vasetto di yogurt, contenente un po’ di germi della peste polmonare può paralizzare un’intera nazione. E il Bacillus Anthracis, l’agente del carbonchio, malattia infettiva che colpisce gli animali erbivori, si insinua nell’uomo attraverso le vie respiratorie, provoca febbre, tosse e affaticamento. E quando compaiono sintomi più gravi, qualunque cura medica è ormai inutile. Mentre per alcuni agenti, come la tossina botulinica, l’azione è di una rapidità tale che un intervento adeguato su una popolazione colpita è praticamente impossibile.

Questa è dunque la potenza delle terribili armi biologiche. “Ma il problema maggiore è che per le armi batteriologiche non esistono verifiche di controllo, come per esempio per le armi chimiche. E’ una vera lacuna”, ci spiega Bruno Valente, direttore del Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie in Italia. Finora gli esperti di questo settore avevano ritenuto i controlli troppo difficili, o addirittura impossibili. Ma a livello internazionale si è ormai convinti della necessità di prevenire attacchi bioterroristici gravi, anche se, fortunatamente, non si sono mai verificati attentati eclatanti.

“Non si tratta di semplici allarmismi”, afferma Francesco Mauro del dipartimento ambiente dell’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), “la preoccupazione è giustificata. Per esempio: il blocco all’impiego delle armi chimiche è stato infranto nel 1995 dalla setta giapponese Aun Shinrikyo, quando sprigionò gas nervino nella metropolitana di Tokyo, provocando la morte di undici persone. Purtroppo, credo che qualcuno tenterà di incrinare anche il blocco batteriologico. Oltretutto i controlli sono difficili. Per esempio: come individuare se un’industria che lavora il lievito di birra non studi anche batteri pericolosi? Ma anche dal punto di vista dell’economia gli attacchi bioterroristici possono causare disastri: un attacco al grano statunitense provocherebbe un vera catastrofe commerciale”. E infatti, prorio negli Usa è diffusa la convinzione che diversi paesi, tra cui l’Iraq, abbiano agenti capaci di attaccare i raccolti e il bestiame. E quasi diecimila scienziati sovietici, fino al 1992, hanno lavorato ad armi in grado di distruggere le colture e gli allevamenti di un paese nemico. Molti scienziati dell’ex Urss sono oggi disoccupati, e il vero timore è che possano mettersi al servizio di gruppi sovversivi.

Ma ad allarmare l’antiterrorismo è anche la facilità con cui si possono reperire i microrganismi pericolosi. “Su Internet c’è per esempio il sito della American Type Culture Collection (http://www.atcc.org) (Atcc). E’ un’organizzazione non-profit che distribuisce prodotti biologici a laboratori, università e industrie. Tra questi anche collezioni di germi, alcuni dei quali pericolosissimi come la peste o il carbonchio. E’ possibile che i pur rigorosi controlli dell’Atcc vengano aggirati?”, si chiede Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma dove è in progetto per il prossimo anno l’apertura del primo e unico laboratorio di massima sicurezza in Europa, per proteggere i pazienti e gli operatori nel caso di diffusione di virus.

Ma il centro di Plum Island non è l’unica iniziativa anti-bioterroristica. La città di New York, lo scorso anno, ha varato speciali misure di sicurezza comprando strumenti in grado di rilevare la presenza di batteri e acquistando grandi quantità di medicinali utili a fronteggiare i virus che i terroristi potrebbero diffondere. Inoltre negli Stati Uniti si sta valutando l’ipotesi di mettere a disposizione della popolazione vaccinazioni simili a quelle previste per i militari esposti al rischio delle armi biologiche. “Ma bisogna essere molto prudenti”, ammonisce Ippolito, “perché la vaccinazione può avere effetti collaterali spiacevoli”. E comunque tutto ciò non azzera i rischi perché una popolazione colpita da armi biologiche può accusare sintomi che possono essere scambiati per i segni di epidemie “naturali”. E quando si rivelano spesso è troppo tardi per intervenire.

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