Un Neanderthal a cena

Ora sembra esserci la prova definitiva: le tribù di Neanderthal erano cannibali. Gli scavi nell’area archeologica dell’Ardèche, in Francia, hanno infatti riportato alla luce alcuni frammenti di ossa dai quali emerge l’inquietante scenario di un banchetto: i nostri antichi cugini neanderthaliani, appartenenti a un ramo parallelo a quello dell’Homo Sapiens estintosi circa 40 mila anni fa, si cibavano della carne dei loro simili. Un quadro, dai contorni ancora in parte misteriosi, minuziosamente documentato dall’équipe di ricercatori francesi e statunitensi che hanno condotto i lavori presso il sito di Moula-Guercy e che ne hanno dato annuncio con un articolo su Science.

In realtà, il sospetto che queste tribù primitive praticassero l’antropofagismo era già largamente condiviso dai paleoantropologi. Studi sull’argomento risalgono al secolo scorso quando, nel 1890, il ritrovamento di frammenti umani presso il sito paleolitico di Krapina, in Croazia, indusse gli studiosi ad avanzare per la prima volta la tesi del cannibalismo. E analoghi, macabri scenari furono ipotizzati anche successivamente per gli scavi di Vindija, Marillac, Combe Grenal, Macassargues, Zafarraya e Atapuerca Dolina. Finora, però, a sostegno del cannibalismo non erano state fornite prove definitive, in grado di mettere a tacere una volta per tutte le obiezioni degli scettici.

Ma questa volta, lo scrupoloso lavoro di mappatura dell’area, l’analisi chimico-fisica dei resti animali e degli strati di sedimento che li imprigionavano non lasciano margini al dubbio e il quadro ricostruito a Moula-Guercy è del tutto convincente. I 78 frammenti di scheletro umano e i 392 reperti di ossa animale recuperati dagli archeologi sono gli avanzi di un banchetto consumato dai membri di una tribù di Neandertal, vissuta sulla sponda occidentale del Rodano, nel paleolitico medio. I segni di incisione sulle ossa testimoniano il lavoro di scarnificazione dei cadaveri, mentre le fratture sul cranio, sulle articolazioni e sugli arti sono frutto, molto probabilmente, di colpi di martello di pietra, inferti per estrarre il cervello e il midollo.

I frammenti rinvenuti all’Ardèche, tutti databili intorno a 100-120 mila anni fa, appartengono ad almeno sei esseri umani e a un numero imprecisato di daini della specie Cervus elaphus. Da un esame accurato degli scheletri, gli scienziati sono anche riusciti a risalire all’età degli ominidi: due adulti, due individui più giovani di 15-16 anni e due bambini di sei o sette anni, dalle caratteristiche tipicamente neandertaliane, fronte bassa e poco arcuata, naso largo, arti tozzi, mani e piedi robusti. Su tutti i reperti, umani e animali, gli archeologi hanno rinvenute tracce evidenti di manomissione con tagli lungo le articolazioni del piede, della caviglia e del gomito. In particolare, in uno degli ominidi più giovani il muscolo temporale della mandibola era stato reciso dal teschio, in un altro, invece, era stata asportata la lingua.

I prossimi studi dovranno fare luce sulle circostanze di questo episodio e spiegare le ragioni che spinsero gli abitanti di Moula-Guercy a cibarsi di membri della propria tribù. Secondo Alban Defleur, antropologo dell’Université de la Méditerranée di Marsiglia e autore dell’articolo, l’abbondanza di risorse alimentari disponibili in quell’area, tuttavia, farebbe escludere l’ipotesi di una situazione di sopravvivenza. Non si tratterebbe, cioè, di un gesto isolato dettato dalla necessità. E, al momento, non sono emersi elementi sufficienti neppure a sostegno del rito funebre. Anzi, la posizione in cui sono state ritrovate le ossa, mischiate con quelle dei daini e adagiate sul pavimento della grotta, è incompatibile con lo scenario di una sepoltura.

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