Inquinamento, le due facce del Bit

La rapida crescita dell’economia informatica rischia di far dimenticare il declino ambientale del nostro pianeta. È questo il segnale d’allarme lanciato dal Worldwatch Institute nel rapporto “State of the World 2000. Stato del pianeta e sostenibilità”. Il rapporto – la cui edizione italiana è stata presentata al recente Futurshow a Bologna – sottolinea la necessità di salvaguardare l’ambiente e raccomanda un uso oculato delle nuove tecnologie. Per questo indica tre possibili aree di interazione fra esse e la sostenibilità: impatto ambientale, monitoraggio ed elaborazione di modelli, condivisione delle informazioni tramite le reti.

L’impatto ambientale delle nuove tecnologie ha senz’altro una componente negativa, legata al “ciclo di vita” dei suoi prodotti ma anche alla tossicità dei composti chimici impiegati nella produzione dei semiconduttori, allo smaltimento (dai telefoni cellulari ai satelliti) e al consumo (carta, acqua ed energia). Questa componente negativa, però, potrebbe essere controbilanciata dal fatto che gli strumenti di informazione possono essere utilizzati a favore dell’ambiente. Un esempio? I microprocessori, che sono spesso impiegati in applicazioni che migliorano l’efficienza energetica dei cicli produttivi. E ancora: grazie alle nuove tecnologie è possibile sostituire lo scambio di informazione via Internet ai trasporti, con un conseguente calo dell’inquinamento atmosferico e del consumo energetico. Nonostante ciò – come evidenzia il rapporto – “il risultato ambientale netto del settore dell’informazione è tutt’altro che chiaro”.

Il secondo campo di intervento delle nuove tecnologie, quello del monitoraggio e della creazione di modelli, vede un sempre maggiore impiego di satelliti. L’osservazione dallo spazio (telerilevamento) fornisce informazioni dettagliate sul grado di deforestazione, sull’urbanizzazione, sulle condizioni dell’atmosfera e degli oceani. Oggi, grazie all’impiego di sofisticate tecniche di rilevamento, è possibile registrare e analizzare i dati planetari in tempo reale e inserirli in mappe interattive che consentono anche di prevedere lo sviluppo futuro dei sistemi osservati. A partire dal 1972, con il lancio del satellite americano Landsat (http://geo.arc.nasa.gov/sge/landsat/landsat.html), si è creata in questi decenni una rete globale di monitoraggio ambientale, la cui spina dorsale è costituita dal network del World Weather Watch (http://www.wmo.ch/web/www/www.html), gestito dall’Organizzazione Metereologica delle Nazioni Unite. Questo network unisce le stazioni satellitari con quelle terrestri, marine e aeree, I dati, messi in rete, sono inviati a centri di analisi computerizzata.

Anche l’Italia si sta muovendo sul fronte del telerilevamento: l’Agenzia Spaziale Italiana sta per lanciare nello spazio i satelliti della flotta COSMO SkyMed, sviluppati dalla società Alenia Spazio. Il sistema è composto da 7 satelliti in orbita bassa, con a bordo strumenti radar e ottici ad alta risoluzione. Il lancio del primo satellite è previsto nel 2002 e la costellazione sarà completata nel 2004. Le applicazioni dei satelliti COSMO Sky Med nel settore ambientale saranno molteplici: elaborazione di mappe e carte geografiche ad alta risoluzione, monitoraggio dei disastri naturali (terremoti, frane, alluvioni e incendi), controllo dell’inquinamento delle acque e prevenzione dei rischi ambientali.

Le reti, infine, costituiscono la terza area di interazione tra le nuove tecnologie e lo sviluppo ecosostenibile. L’accesso ai dati, l’attuazione di campagne di informazione e di denuncia, la diffusione stessa dell’informazione sono state enormemente facilitate dall’avvento di Internet. E molte sono le organizzazioni che hanno lanciato, in questi ultimi anni, nuovi network ambientali globali. Tra le tante ricordiamo il Global Forest Watch (http://www.wri.org/gfw), che collega il World Resources Institute ad altre organizzazioni non governative internazionali per il monitoraggio della situazione nelle foreste; il Global Urban Observatory (Habitat – http://www.urbanobservatory.org), che collega ricercatori in tutto il mondo per compilare statistiche ed esempi di “buone pratiche” nella gestione delle città; il OneWorld Online (http://www.oneworld.net), un supersito di informazioni sullo sviluppo.

“Se facciamo un passo indietro,” ha detto Lester Brown, il direttore del World Watch, “ci rendiamo conto che siamo la prima generazione nella storia le cui azioni determineranno il futuro del pianeta. Questo potenziale diventa una responsabilità”. Brown avverte del pericolo di rimanere “intrappolati nella crescita di Internet”, di “perdere di vista il benessere del pianeta, abbacinati dal dinamismo del mondo virtuale”.

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