“Big Crunch addio”

Il nostro universo sarebbe piatto, dominato dalle leggi della geometria euclidea e in espansione indefinita. Sono i risultati dell’ormai celebre esperimento Boomerang condotto dai fisici del California Institute of Technology e dell’Università di Roma “La Sapienza”. A un mese dall’annuncio della clamorosa scoperta e della copertina dedicatale dal settimanale Nature, Galileo ha intervistato Paolo De Bernardis, capo dei ricercatori italiani che hanno fotografato l’universo neonato.

Professor De Bernardis, qual è il significato quel “click”?

“Con la nostra ricerca abbiamo ottenuto una immagine dettagliata di una regione che risale a 300 mila anni dopo il Big Bang, quando l’universo osservabile era 1000 volte più piccolo, 1000 volte più caldo e 50 mila volte più giovane di adesso. Rispetto alla mappa del cosmo di quell’epoca fornita dal satellite Cobe qualche anno fa, i nostri strumenti, dotati di una risoluzione 40 volte maggiore, hanno consentito di misurare con altissima precisione le differenze di temperatura del fondo cosmico. Né è emersa l’immagine di un universo caratterizzato da macchie leggermente più calde e dense alternate a macchie leggermente più fredde e rarefatte. Una disomogeneità molto minore di quella presente nell’universo attuale, ma visibile per la prima volta in dettaglio. Le zone dense si sono accresciute sempre di più dando origine agli ammassi di galassie, alle galassie, stelle, pianeti. Quelle rarefatte hanno formato i grandi vuoti presenti tra le galassie”.

Possiamo dire un addio al Big Crunch, la grande implosione, e rassegnarci all’idea che tutto ha un inizio, ma non tutto ha una fine…

“I nostri dati hanno confermato l’ipotesi dell’universo intermedio fra gli altri due modelli oggi ipotizzati. Il primo è il modello dell’universo chiuso: la quantità di materia è sufficiente per arrestare l’espansione del cosmo e avviare una fase di contrazione che terminerebbe con il Big Crunch. L’altro è l’universo aperto, che come il precedente mantiene una geometria curva, ma che continuerà a espandersi, poiché la quantità di materia è inferiore al cosiddetto valore critico. I risultati della nostra ricerca invece confermano l’ipotesi dell’universo descritto dalle leggi della geometria euclidea, in cui la densità di massa ed energia presente è esattamente la quantità critica, quella che ci si aspetta nel caso di una geometria piatta. Anche in questo caso, comunque, l’universo non avrà una fine”.

Se Albert Einstein fosse ancora vivo, come accoglierebbe i risultati della vostra ricerca?

“Bene naturalmente, perché vedrebbe confermata e utilizzata ancora una volta la sua teoria della relatività generale. L’universo a geometria piatta, infatti, è il caso più semplice tra quelli previsti dalla relatività. C’è poi la faccenda della “costante cosmologica”, un termine repulsivo nelle equazioni di Einstein che lui introdusse per contrastare la forza di attrazione della gravità e per ottenere un universo statico. Successivamente lo stesso Einstein ripudiò questa idea. Oggi invece si utilizza di nuovo l’ipotesi della “costante cosmologica” per spiegare osservazioni di espansione accelerata. Ma non abbiamo ancora capito il significato fisico di questa coostante”.

A proposito di espansione accelerata… Nel febbraio del 1998 un gruppo di ricercatori americani pubblicò su Science uno studio secondo il quale la velocità di espansione dell’universo non soltanto non diminuisce, ma addirittura cresce. I vostri risultati hanno implicazioni per la velocità di espansione dell’universo?

“No, non direttamente. Noi misuriamo la densità di massa ed energia dell’universo mentre i colleghi che pubblicarono su Science studiano lontanissime stelle che esplodono per ricavarne indicazioni sulla velocità di espansione. Tuttavia entrambe le ricerche sono coerenti con l’esistenza di una “energia oscura” o costante cosmologica, che permetterebbe da una parte di confermare ulteriormente l’ipotesi di un universo piatto e dall’altro sarebbe la causa dell’accelerazione nell’espansione. Ormai si ritiene che la materia visibile rappresenti una percentuale minima dell’universo, il 5 per cento, mentre secondo alcuni studi la materia oscura potrebbe al massimo giustificarne un altro 30 per cento. Rimarrebbe un buon 65 per cento di energia ignota”.

In quale direzione continuerà il vostro lavoro?

“Uno degli obiettivi è determinare il valore di altri parametri cosmologici che possono fornirci ulteriori informazioni. Boomerang ci ha permesso di avere una immagine del 3 per cento dell’universo primordiale. Altri esperimenti estenderanno questa immagine. Inoltre Boomerang ha misurato principalmente la densità totale di massa ed energia, ma esistono almeno ben altri otto parametri da studiare. Uno è la quantità totale di barioni (le particelle pesanti come protoni e neutroni) che è legata alla formazione delle stelle. Un altro è la quantità di materia oscura, che permette alle galassie di rimanere legate, di non disgregarsi. Un altro ancora è la velocità di espansione dell’universo, sulla cui determinazione è in corso una disputa senza fine… Insomma, il lavoro non ci mancherà”.

1 commento

  1. Sono sempre rimasto affascinato dalla astrologia e credo che molti si facciano domande da dove veniamo chi siamo …
    Credo che in un lontano futuro gli astrologi troveranno alcune delle nostre teorie alquanto ridicole

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