Uno sguardo Agile sull’Universo

Pesa appena 60 chili, ha una superficie di mezzo metro quadrato per venti centimetri di altezza, e sarà lanciato nello spazio nei primi mesi del 2002. Il piccolo gioiello si chiama Agile (Astrorivelatore gamma a immagini leggero), un progetto tutto italiano frutto della collaborazione tra il Cnr e l’Istituto nazionale di fisica nucleare. Il satellite scruterà il cielo a caccia di raggi gamma con energie fra 30 milioni e 50 miliardi di elettronvolt. Si tratta di radiazioni elettromagnetiche di alta energia, con lunghezze d’onda oltre un milione di volte inferiori a quelle della luce visibile, bloccate quasi completamente dalla nostra atmosfera e che quindi possono essere osservate solo dallo spazio. Agile è la prima tappa del programma “Piccole missioni scientifiche” dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) che prevede la realizzazione di missioni di piccola taglia, a costi contenuti, pronte per il lancio in tempi brevi. Ma soprattutto, nei tre o quattro anni di lavoro previsti, sarà l’unico “osservatorio” disponibile per la comunità scientifica che studia la radiazione gamma proveniente dalla nostra e dalle altre galassie. Alla fine dell’anno scorso infatti, Egret – uno dei quattro rivelatori per fotoni gamma a bordo dell’osservatorio americano Compton in orbita dal 1991 – ha quasi esaurito la riserva di gas necessaria per le osservazioni, perdendo circa il 30 per cento delle sue potenzialità iniziali. E in seguito a ulteriori problemi tecnici, la Nasa ha deciso il rientro di Compton in atmosfera il prossimo 3 giugno. Allo stesso tempo il lancio del nuovo e ambizioso progetto della Nasa, Glast (Gamma Ray Large Area Space Telecope), non sarà pronto prima del 2005-2006.

Sebbene sia circa trenta volte più leggero e sensibilmente più piccolo di Egret, le prestazioni di Agile sono di tutto rispetto. Il suo campo di visione di quasi 60 gradi è circa tre volte più ampio di quello del predecessore e la risoluzione delle immagini è inferiore al mezzo grado. Il rivelatore può individuare le direzioni di provenienza dei fotoni e ricostruire una mappa delle loro sorgenti nel cielo, una delle principali difficoltà nell’astronomia gamma. Infatti, per ottenere una “fotografia” delle emissioni di raggi gamma non ci si può servire dei sistemi di lenti o specchi usati nei normali telescopi per luce visibile. Bisogna accontentarsi di rilevare i fotoni seguendo le deboli tracce lasciate nella loro interazione con la materia.

Il cuore di Agile è una sorta di grande wafer costituito da 10 strati di tungsteno alternati a 13 di silicio. Il tungsteno blocca i fotoni e li trasforma in una coppia di particelle cariche: l’elettrone e la sua antiparticella, il positrone. I piani di silicio tracciano poi il percorso di queste particelle cariche che, al loro passaggio, generano una piccola corrente elettrica. Il silicio ha sostituito i gas dei rivelatori di vecchia generazione (come Egret) con due notevoli vantaggi: non si può esaurire, e riduce i tempi morti del rivelatore tra l’individuazione di un fotone e e l’altro. Gli ultimi due strati del wafer sono costituiti da sbarrette di ioduro di cesio che forniscono informazioni sull’energia del fotone incidente. Infine, per evitare che il segnale venga “inquinato” dal passaggio di altre particelle cariche nello strumento, Agile è ricoperto da pannelli segmentati di un particolare materiale plastico. Ogni volta che nel rivelatore entrano particelle “indesiderate”, viene emesso un lampo di luce che le identificano e che permettono ai ricercatori di distinguerle dai fotoni gamma.

Se le dimensioni di Agile sono piccole, sono invece decisamente grandi gli interrogativi ai quali cercherà di dare risposta. Primo tra tutti, la ricerca delle sorgenti dei Gamma Ray Burst, i misteriosi lampi di raggi gamma che liberano quantità di energia enormi, come se una massa pari a quella del Sole venisse “consumata” in pochi secondi. Il satellite analizzerà anche i nuclei galattici attivi, che per luminosità superano di gran lunga il resto della galassia e sono probabilmente sede di immensi buchi neri, fino a un miliardo di volte più pesanti del Sole. Ma non è tutto. Agile studierà anche la mappa del fondo gamma diffuso, andrà a caccia delle pulsar che non emettono onde radio e analizzerà le emissioni del Sole alle alte energie. Senza dimenticare quelle sorgenti di raggi gamma, circa la metà delle 150 scoperte da Egret, ancora non identificate perché prive di una controparte luminosa in altre lunghezze d’onda (radio, infrarosso, ottico).

Agile insomma traghetterà la comunità scientifica nel passaggio tra la vecchia e nuova generazione di rivelatori. Ma non lavorerà da solo. Infatti, come ha insegnato l’esperienza di Egret, il coordinamento con le altre missioni spaziali dedicate alle alte energie, come Xmm, Chandra o Integral che partirà nel 2002, e con i telescopi terrestri sarà fondamentale per risolvere i misteri che ancora circondano le sorgenti di raggi gamma.

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