Cambia pelle l’anello delle meraviglie

Un grande anello di 27 chilometri di diametro corre invisibile, 100 metri sottoterra, ai margini della città di Ginevra, sfiora il lago e passa sotto le case. In quell’anello si ritorna indietro nel tempo e vengono ricreate le condizioni in cui la materia si trovava nei primi istanti di vita dell’Universo. Le energie raggiunte nel Large Electron Positron Collider (Lep) corrispondono a quelle presenti nel cosmo un microsecondo dopo il Big Bang. Ma, dopo oltre dieci anni di attività, il glorioso Lep verrà smantellato per far posto, nello stesso tunnel sotterraneo, a un acceleratore più potente, il Large Hadron Collider (Lhc), e ai suoi quattro esperimenti. Lhc sarà operativo nel 2005 ed esplorerà la struttura della materia con una precisione mai raggiunta prima. Produrrà collisioni tra fasci di protoni molto intensi a una energia totale di 14 mila GeV (dove un GeV è l’equivalente della massa di un protone).

L’obiettivo di Lhc non è dei più facili: si tratta di dare una risposta a uno degli enigmi irrisolti del Modello standard, la teoria che descrive le caratteristiche di tutte le particelle elementari, per ora dodici, di cui è fatta la materia. Questa descrizione, usata quotidianamente dagli scienziati, è stata verificata con grandissima precisione. Le sue predizioni sono state sperimentalmente provate con il Lep con un’approssimazione del risultato dell’uno per mille. Tuttavia, molte domande fondamentali sono rimaste senza risposta. Tra queste: perché le particelle hanno una massa e perché le loro masse sono diverse. La natura dimostra di essere molto ordinata ma non ci spieghiamo come mai particelle simili, come l’elettrone e il muone, abbiano masse centinaia di volte diverse. Nella realtà l’andamento della gerarchia delle masse sembra non aver nessun filo conduttore. Un rompicapo che il fisico teorico scozzese Peter Higgs pensò di risolvere negli anni Sessanta con un’”aggiunta” matematica al Modello standard.

Higgs ipotizzò che quando la temperatura dell’Universo primordiale cominciò a scendere si instaurò una modificazione dello spazio che da vuoto, divenne permeato da un particolare campo di forze. Le particelle elementari interagirebbero con il campo di Higgs e proprio da questa interazione avrebbe origine la loro massa. Inoltre, la natura dell’interazione determinerebbe la gerarchia delle masse: maggiore è l’interazione con il campo di Higgs, maggiore sarà la massa della particella. “La prima conseguenza di questa teoria”, spiega Fabiola Gianotti, ricercatrice nello staff permanente del Cern, “è che le particelle ottengono una massa. La seconda è che il campo stesso di Higgs dà luogo a una particella, il bosone di Higgs, che stiamo già cercando qui al Cern. Finché non lo troveremo non potremo dire se questa teoria è corretta”.

Quest’anno l’energia del “vecchio” Lep è stata innalzata a 200 GeV, un valore che dovrebbe permettere di “vedere” il bosone di Higgs. “Questa particella dovrebbe avere una massa non più piccola di due volte l’atomo di ferro e non più grande di quattro volte un atomo di uranio”, precisa Gianotti, “se fosse più pesante la teoria divergerebbe e dunque non sarebbe una buona teoria. Per cui se il Modello standard è corretto il bosone di Higgs dovrebbe essere visto a questi livelli di energia, in caso contrario vorrebbe dire che il Modello standard non è la teoria finale, ma che bisogna trovare spiegazioni più generali per spiegare questo fenomeno delle masse, per esempio la Supersimmetria o le teorie della Grande unificazione (Gut)”.

Così, anche se nessuno lo ha mai visto, il bosone di Higgs rimane un elemento chiave della teoria e ormai da dieci anni gli acceleratori di tutto il mondo gli danno la caccia. Per questo l’energia del Lep è stata incrementata, ma se non si troverà neppure in questo range di energia, bisognerà aspettare il 2005 e l’inizio della stagione sperimentale di Lhc. A meno che, nel frattempo, non sia il collider Tevatron al Fermilab di Chicago a trovarla. Al Cern fanno gli scongiuri. E’ una sfida che si respira nell’aria e parlando con i ricercatori di Ginevra è palese il desiderio di non farsi superare dai colleghi americani che gestiscono l’unico acceleratore concorrente sul mercato.

Gli esperimenti concepiti per trovare l’Higgs con Lhc si chiamano Atlas e Cms (Compact Muon Solenoid) vere e proprie montagne di tecnologia avanzata, straripanti di elettronica, immensi rivelatori che studieranno gli eventi prodotti dalla collisione dei fasci protone-protone. Si calcola che dalle collisioni che si verificheranno al ritmo di 800 milioni di volte al secondo, scaturirà una quantità di dati paragonabile alle informazioni oggi gestite dall’intera rete europea delle telecomunicazioni.

Per interpretare tanta mole di dati e districarsi in questo groviglio è allo studio “The Grid”, una nuova infrastruttura computerizzata che gestirà la selezione e la trasmissione dei dati ad alta velocità. Ma soprattutto Grid introduce un nuovo concetto di elaborazione, una super rete ad alta velocità che ricorda il sistema di distribuzione dell’energia elettrica. Quando si inserisce una spina non ci si chiede chi produce l’energia, la si utilizza e basta. Con Grid si dovrebbe arrivare allo stesso concetto: inserendo la “spina” del computer a una presa di distribuzione si potrà accedere direttamente a database e applicazioni di una potenza di calcolo di gran lunga superiore a quelle attuali. I fisici di tutto il mondo che lavorano agli esperimenti di Lhc potranno accedere ai dati prodotti dalle collisioni e a tutti i programmi necessari per gestirli. Si sta preparando già un prototipo di questa rete che per ora servirà solo chi lavora con Lhc, ma che in seguito potrà estendersi a tutta la comunità scientifica. E chissà che in futuro Grid non arrivi anche al pubblico, come già è successo per il Web, anche lui figlio prediletto nato al Cern.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here