La frontiera profonda

Robert Kunzig
La Frontiera Profonda.
L’esplorazione del mondo sotto la superficie marina

Longanesi, 2000
pp. 400; lire 35.000

Dall’Ottocento a oggi l’esplorazione della Terra ha fatto passi da gigante. Non vi è più (o quasi) superficie inesplorata. Ma la nostra conoscenza rischia di essere superficiale. Vi è un’enorme porzione del pianeta di cui poco sappiamo, il mare: non la sua superficie, i suoi movimenti, le onde da surf, ma proprio cioè che è sotto quel sottile strato immediatamente visibile. Cioè fauna e flora, geologia, geografia di un’area pari al 70 per cento del globo, che solo a partire dagli anni Cinquanta abbiamo iniziato ad avvicinare.

Il libro di Kunzig racconta la storia di un’impresa scientifica: l’esplorazione della faccia nascosta (dall’acqua) della Terra. E’ un’impresa fatta di diversi programmi di ricerca, di molti orientamenti, di uomini e donne, di istituzioni. Il mare, nella sua accezione più larga e profonda, è infatti un luogo che dovrebbe essere studiato come e quanto le terre emerse. I naturalisti vi trovano una biodiversità paragonabile alle foreste tropicali. I geologi vi scoprono le soluzioni alle questioni elementari della loro ricerca: come nasce la crosta terrestre, come muoiono i continenti. Gli ecologi vi scovano gli elementi più influenti sul clima.

L’ottima traduzione dell’ormai “storico” Libero Sosio rende bene l’entusiasmo con cui il pluripremiato giornalista scientifico di Discover ha seguito negli anni lo sviluppo dell’oceanografia, con lucidità di scienziato e capacità di divulgazione. L’esposizione è quindi ottimamente bilanciata fra la conduzione delle ricerche e l’aspetto antropologico della scienza, con ritratti di scienziati e relazione di articoli, restituendo in maniera vivida e scorrevole il processo di accumulazione di conoscenze che si presenta non lineare.

Attraverso controverse analisi, interpretazioni di dati, semplici racconti episodici, emerge quanto non sia possibile scindere la persona dalla ricerca, e quanto quest’ultima sia irrimediabilmente legata a scelte di politica scientifica che ne condizionano l’orientamento. Nel corso del volume risalta più volte un dato: le ricerche oceanografiche sono economiche, molto meno dispendiose dell’esplorazione di Marte. Allo stesso tempo, si potrebbero rivelare decisive per il futuro del pianeta. Nonostante questo, la Nasa o l’Esa hanno grandi dotazioni finanziarie e grande prestigio internazionale, laddove le istituzioni oceanografiche hanno piccoli budget e sono poco note e considerate. I maligni direbbero quindi che questo volume, più che da amor sapientiae, sia mosso da genuina voglia di pubblicità e denari da parte di tutti coloro che salpano i mari del mondo in cerca di oloturie e meduse, di vulcani sommersi e praterie di alghe in cui scorrazzano mandrie di gamberetti.

Unico neo del volume, la poca documentazione fornita dall’autore per quel che riguarda luoghi scientifici (articoli, congressi, pubblicazioni), soprattutto per quel che riguarda i personaggi più lontani nel tempo. Di contro viene posta una grande attenzione all’analisi evolutiva delle conoscenze acquisite, rendendo quindi interessante la lettura anche agli scienziati terricoli. Da ultimo, e non meno importante del resto, è il sentimento di meraviglia che accompagna la scoperta, molla fondamentale della ricerca scientifica, che viene trasmesso da ogni pagina. E contagia anche a chi non ha mai fatto il bagno in mare aperto.

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