Un dinosauro nel computer

Le tecniche più moderne della computer graphics possono essere utili per lo studio degli antichissimi reperti trovati dai paleontologi. Soprattutto quando si ha a che fare con lo studio dei dinosauri. Così i ricercatori del Museo “Smithsonian” di storia naturale di Washington hanno utilizzato uno scanner tridimensionale per ricostruire la copia virtuale dello scheletro di un triceratopo, un antico erbivoro vissuto 65 milioni di anni fa. Affiancando i dati della grafica al computer con varie “prove” condotte su un modellino fisico, è stata inoltre realizzata un’animazione di un intero ciclo di camminata del dinosauro. La novità è che il risultato è stato raggiunto partendo dai fossili originali dell’animale, non da ricostruzioni artistiche come era accaduto per i dinosauri di Jurassic Park o dell’ultimo film Disney.

Tutto è cominciato quando ci si è resi conto che il grosso scheletro, cominciava a risentire del deterioramento dovuto all’umidità e alle vibrazioni causate da migliaia di visitatori. Così l’ottobre scorso la possente struttura è stata smontata per il restauro. Ma per non privare i numerosi visitatori di questa attrazione, si è pensato di sostituire lo scheletro con una copia. Operazione non semplice dato che lo scheletro del dinosauro è costituito da più di 250 ossa, di cui molte ridotte a piccoli frammenti troppo fragili per essere maneggiati e misurati manualmente. Così è stato usato lo scanner tridimensionale: di ogni singolo osso è stata eseguita una copia digitale, per un totale di più di 20 gigabyte di dati organizzati in oltre 200 file.

Ma oltre alla produzione di una copia, i dati raccolti con lo scanner hanno permesso di rivedere e correggere il precedente assemblaggio dello scheletro. Infatti, il ritrovamento di uno scheletro di dinosauro intero è un evento archeologico estremamente raro. Come spiegarsi allora i vari scheletri esposti nei musei del mondo? Ciò che il pubblico vede il più delle volte è in realtà un “puzzle”, frutto di svariati ritrovamenti. Non è mai stato ritrovato uno scheletro di triceratopo intero e quello esposto nel museo di Washington è una composizione di almeno dieci diversi esemplari montati insieme nel 1905. Così smontandolo sono emersi imprecisioni ed errori, come per esempio il fatto che la testa fosse troppo piccola rispetto al resto del corpo. Inoltre le due scapole, i due ilei e i due omeri erano provenienti da ritrovamenti differenti, mentre le zampe erano in prestito addirittura da esemplari di una specie diversa.

La scansione dei reperti è cominciata presso il laboratorio di morfometria applicata del museo, diretto da Ralph Chapman, con la collaborazione di due società private, la Scansite 3-D e la Virtual Surfaces Incorporation. Ogni osso è stato scansionato singolarmente e di ciascuno è stato costruito un modello virtuale. Come le tessere di un mosaico, i vari frammenti sono poi stati messi insieme a costituire un’immagine tridimensionale virtuale del dinosauro, “ripulita” dalle varie imprecisioni dell’originale assemblaggio. La testa è stata ingrandita di circa il 15 per cento, mentre l’omero, l’ileo e la scapola sinistri sono stati sostituiti con una copia speculare dei rispettivi destri. Usando queste informazioni si è potuta così ricostruire la copia fisica del triceratopo. E’ stato realizzato anche un modellino, circa 1/6 più piccolo dell’originale, in modo da poterlo facilmente manipolare e determinare così una posa il più possibile naturale in cui montare la replica. Il prossimo maggio il museo potrà finalmente inaugurare l’esposizione di un nuovo triceratopo. A differenza dell’originale, sarà in gesso, ma la ricostruzione risulterà molto più accurata e naturale dell’assemblaggio fatto coi fossili veri.

Ma la collaborazione tra paleontologi ed esperti di computer graphics ha dato altri frutti di grande interesse. Grazie a un lungo e minuzioso studio i ricercatori hanno ottenuto un’animazione dell’intero ciclo di camminata del triceratopo. Varie questioni sono così venute alla luce. Per esempio maneggiando (sia al computer che col modellino fisico) la giuntura tra l’omero e l’ulna, Ralph Chapman e Kent Stevens della University of Oregon hanno notato che le due ossa potevano incastrarsi l’una nell’altra, un po’ come si incastrano le giunture dei cavalli quando si addormentano in piedi. Osservando le vertebre dell’animale i ricercatori hanno potuto stabilire inoltre l’estrema flessibilità del triceratopo nel muovere il collo e bilanciare la testa, cosa non ovvia dato le notevoli dimensioni di quest’ultima.

Siamo solo alla punta dell’icenerg nello sperimentare le nuove tecniche di grafica 3D applicate alla paleontologia. Questa prima animazione ha richiesto molti sforzi, ma in futuro si pensa di accorciare i tempi usando software più potenti. Uno dei progetti cui stanno ora pensando gli studiosi è di utilizzare delle orme fossili, attribuite proprio a un triceratopo, per creare una nuova animazione e cercare di capire se l’animale fosse in grado di galoppare.

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