Ma quale clonazione!

Domenica 25 novembre 2001 il mondo viene scosso da una notizia scientifica che, se confermata, potrebbe cambiare il corso della storia, e segnare un’epoca. I ricercatori di un’azienda statunitense, la Advanced Cell Technology (Act), dichiarano di aver clonato un embrione umano. Ma lo studio viene pubblicato sulla pressoché sconosciuta rivista scientifica Journal of Regenerative Medicine. Nonostante tutto però i risultati dell’esperimento fanno subito il giro del globo. E i commenti, di esperti e non, invadono le prime pagine di tutti i giornali. Molti politici, in primis il presidente Bush, dichiarano la ricerca deplorevole. La Chiesa rincalza dicendo che è stato superato ogni limite. La Act, dal canto suo, nella persona del suo fondatore Michael D. West, risponde che lo studio ha esclusivamente scopi terapeutici: ottenere cellule staminali embrionali da utilizzare in trapianti di tessuto o organi senza pericolo di rigetto.

Ma per molti scienziati non si può parlare di clonazione. Se è vero che per la prima volta sono state utilizzate cellule umane per questo tipo di studi e i risultati sono stati pubblicati, l’esperimento è però da dichiararsi fallito. Probabilmente però la strada percorsa dai ricercatori americani è quella giusta, ma ancora lunga e piena di difficoltà. Galileo ha chiesto a Giulio Cossu, docente di Istologia ed Embriologia a La Sapienza di Roma e condirettore dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano, di commentare lo studio statunitense

Professor Cossu, può spiegare che cosa hanno fatto i ricercatori statunitensi nel loro studio?

“Innanzitutto bisogna dire che gli scienziati della Act hanno fatto due esperimenti. Nel primo hanno attivato tramite partenogenesi un ovocita. In altre parole hanno tentato di sviluppare un embrione senza gamete maschile. In questo caso si è raggiunti lo stato di blastocisti. Ma le cellule generate non erano sane, anzi direi proprio moribonde. Nel secondo esperimento, quello che ha fatto notizia su tutti i media, i ricercatori americani hanno inserito il nucleo di una cellula somatica in un ovocita a cui ovviamente era stato tolto il nucleo. Dopo molti tentativi, il processo che ha avuto miglior fortuna è riuscito a generare sei cellule, anch’esse moribonde. Ciò vuol dire che dopo appena due divisioni cellulari e mezzo si è tutto fermato e quindi l’esperimento può dichiararsi fallito. Un po’ poco per parlare di clonazione”.

È quindi sbagliato parlare di embrioni clonati?

“Assolutamente sì. I ricercatori americani volevano generare blastocisti e non ci sono riusciti. Non credo che la Act abbia interrotto il processo di divisione cellulare ma solo che si sia fermato spontaneamente. Personalmente non avrei mai pubblicato uno studio del genere”.

Allora perché questa notizia ha alzato tutto questo polverone?

“Immagino, anche se non ho notizie certe, che dietro ci sia un forte interesse economico e commerciale. C’è poi da dire che anche se l’esperimento è fallito questa forse può essere la strada giusta da percorrere”.

Perché gli scienziati hanno utilizzato questa tecnica per ottenere cellule staminali embrionali? Gli altri metodi non sono efficienti?

“Tutte le altre tecniche sono più efficienti. Ma questa è l’unica che permette di avere cellule staminali derivate da un determinato soggetto. Questo è molto importante perché se si riuscissero a ottenere cellule staminali embrionali attraverso questa tecnica si potrebbe curare un paziente senza tutti i problemi legati, per esempio, al rigetto”.

Le cellule staminali embrionali hanno maggiori potenzialità di quelle adulte?

“Molti scritti scientifici affermano che le embrionali siano “migliori” di quelle adulte. Ma non ci sono degli studi in proposito. Al momento non si sa ancora quali siano preferibili per la sostituzione di tessuti malati”.

Quali sono in Italia le tecniche consentite per lo studio di cellule staminali?

“Mi sembra che in questo campo ci sia un vuoto legislativo. Comunque per adesso il decreto Bindi pone molti veti sulla clonazione, anche animale. E la “Commissione Dulbecco” ha stabilito che si possono fare studi sulle cellule derivate da aborti e su quelle adulte. È, invece, assolutamente vietato operare ricerche nel campo del trasferimento nucleare e sugli embrioni soprannumerari. Vorrei ricordare che quest’ultimi se non utilizzati vengono sistematicamente cestinati”.

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