Quando la cannabis è un farmaco

“Il fatto non costituisce reato”. Così una recente sentenza del tribunale di Roma ha assolto dall’accusa di importazione e spaccio di droga una persona fermata all’aeroporto di Fiumicino con un grosso quantitativo di hashish. Lo usava per tenere sotto controllo gli attacchi epilettici in alternativa a dosi massicce di barbiturici. Il verdetto dei giudici è una tappa storica nell’affermazione del principio di libertà di cura e una buona notizia per quei malati che vorrebbero utilizzare la Cannabis per scopi terapeutici. E che oggi sono costretti a rivolgersi al mercato nero. Ma quanti sono in Italia questi malati? Galileo lo ha chiesto a Salvatore Grasso, presidente di Act, l’Associazione italiana per la Cannabis terapeutica: “Si tratta di alcune centinaia di migliaia di persone. Sappiamo che ci sono circa 50 mila malati di sclerosi multipla che non hanno a disposizione una terapia adeguata, e 100 mila epilettici tra i farmacoresistenti e quelli per i quali la terapia a base di barbiturici ha effetti collaterali devastanti. Per loro, per esempio, la Cannabis potrebbe essere una terapia efficace”.

Quali sono le evidenze scientifiche dell’efficacia della Cannabis per uso medico?

“Ci sono numerosi studi sull’efficacia della Cannabis per trattare alcune patologie. La stessa Food and Drug Administration nel 1985 ha approvato il commercio di cannabinoidi sintetici per combattere la nausea provocata dai cicli di chemioterapia. E in questo caso si sono rivelati migliori dei farmaci convenzionali. Uno studio recente del British Medical Journal ne ha dimostrato l’efficacia contro il dolore neuropatico provocato da spasticità muscolare, come nel caso della sclerosi multipla e lesioni midollari. Per le terapie del dolore invece bisogna fare delle distinzioni: la Cannabis e i suoi derivati funzionano meglio di alcuni analgesici in commercio, compresi gli oppioidi, solo in alcuni casi. Nel dolore postoperatorio e in quello neoplastico sono preferibili i tradizionali cortisonici. I Cannabinoidi però potrebbero essere dei coadiuvanti per ridurre il consumo di oppioidi”.

Una delle tesi sostenute da chi si oppone all’uso medico della Cannabis naturale fa leva sul fatto che quando viene fumata non si assumono dosaggi controllati. Cosa risponde loro?

“Che hanno ragione: è difficile controllare il dosaggio di Cannabis quando questa viene fumata ed esistono degli effettivi danni alla salute provocati dal fumo. Ciò però non basta a sostenere la maggiore efficacia dei cannabinoidi sintetici rispetto a quelli naturali. Questi oggi sono sperimentati con successo nei cosiddetti vaporizzatori, come quelli prodotti dalla casa farmaceutica inglese GWFarm. Una miscela di alcuni degli oltre sessanta cannabinoidi contenuti dalla Cannabis che limita gli effetti collaterali di alcuni e ha un risultato immediato. Alcuni studi ancora in corso, poi, stanno cercando di valutare l’efficacia dei cannabinoidi naturali anche in altre forme, come per esempio in cerotti transdermici”.

Che risposta stanno avendo le vostre iniziative per l’uso medico della Cannabis?

“A un anno dalla presentazione all’ex Ministro della Sanità, Umberto Veronesi, del Libro Bianco sugli usi terapeutici della Cannabis qualcosa si sta movendo in Italia. La sentenza del tribunale di Roma è un primo passo. In occasione di un recente congresso inoltre abbiamo ricevuto l’adesione alle nostre iniziative da parte di alcuni medici e associazioni come l’Associazione italiana di sclerosi multipla, l’Associazione italiana dei malati di sclerosi tuberosa e l’Associazione malati di Parkinson del Lazio. Anche nel mondo scientifico si nota una maggiore attenzione nei confronti degli effetti terapeutici della Cannabis: per esempio, il gruppo di Anna Porcella dell’Istituto di Neurogenetica e Neurofarmacologia del Cnr di Cagliari guarda con favore alla Cannabis per la terapia contro il glaucoma”.

Quali sono allora i principali ostacoli alla legalizzazione della Cannabis per fini terapeutici?

“Sono di natura politica. Veronesi ci aveva dimostrato la sua disponibilità. Recentemente abbiamo presentato una lettera aperta al ministro Gerolamo Sirchia che ancora non ha avuto risposta. Il nostro prossimo obiettivo è la proposta di un disegno di legge che amplia quello presentato dal senatore Luigi Manconi nella precedente legislatura. Ci concentreremo sulla semplificazione della prescrizione a fini terapeutici dei derivati naturali e sintetici della pianta Cannabis India. Oggi in Italia, la procedura per importare questi farmaci dall’estero è così complessa da renderne difficile l’effettivo consumo da parte dei pazienti. Vogliamo inoltre facilitare l’approvvigionamento di Cannabis attraverso i canali legali, predisponendo delle aree di coltivazione statali per scopi di ricerca e terapeutici. Oggi ci troviamo di fronte a un paradosso legislativo: chi coltiva la Cannabis per motivi terapeutici rischia sanzioni penali e chi invece ne fa uso solo per motivi ludici incorre in un reato depenalizzato. Infine la nostra proposta vuole sollecitare la formazione di una commissione di esperti per raccogliere le evidenze disponibili sul valore terapeutico della Cannabis per determinati tipi di patologia”.

Attualmente sono in corso delle sperimentazioni sulla Cannabis in Italia?

“No, la sperimentazione dei vaporizzatori che doveva iniziare presso l’Ospedale di Genova è fallita per mancanza di finanziamenti. Non esistono centri clinici dove si attuano degli esperimenti sui pazienti. Siamo ancora lontani dal rispetto del principio di libertà di cura per i malati che vorrebbero questo tipo di trattamento. I malati per cui la Cannabis potrebbe essere una valida alternativa ci chiedono di poter accedere al consumo privato senza rivolgersi al mercato nero o si propongono per le sperimentazioni con i cannabinoidi nei casi in cui le terapie tradizionali si sono rivelate inefficaci. Noi per il momento siamo in grado di dargli solo risposte negative”.

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