Il cervello, modello per la ricerca

Negli ultimi due anni si è sviluppato un acceso dibattito in relazione al possibile utilizzo in ambito sperimentale e terapeutico di cellule staminali di diversa origine, ovvero di cellule derivate da embrioni o di cellule ottenute da tessuti di organismi adulti. La questione – che è resa ancora più nodale non solo dalle argomentazioni prettamente tecnico-scientifiche che solleva ma anche dalle implicazioni etiche che limitano l’applicazione fattiva di questa nuova tecnologia – ha trovato nuova linfa quando, poche settimane fa, una compagnia di biotecnologie americana ha annunciato al mondo di avere per la prima volta clonato un embrione umano. Ancora una volta, quindi, si è discusso sulla reale necessità di ricorrere, a fini terapeutici, alle cellule staminali embrionali (chiamate ES) come sorgente potenziale della intera gamma di cellule che compongono un organismo. Questo in alternativa all’uso di cellule staminali somatiche, ovvero quelle cellule altamente indifferenziate che risiedono nella maggioranza dei tessuti adulti maturi dove svolgono la funzione fondamentale di provvedere al mantenimento dell’integrità (omeostasi) tessutale. Sino ad ora numerosi studi scientifici hanno supportato, alternativamente, l’una o l’altra ipotesi. Di fatto, lo sviluppo del filone di ricerca sulle cellule staminali é relativamente recente, e questo ha favorito l’instaurarsi di una situazione complessa in cui non risulta evidente, spesso anche agli specialisti del settore biomedico, la distinzione tra i vari tipi di cellula staminale e l’effettivo uso che se ne può fare. Inoltre, le diverse caratteristiche intrinseche di ogni tipo di cellula staminale fanno sì che in alcune situazioni patologiche l’utilizzo terapeutico di cellule somatiche sia da privilegiare all’impiego di cellule ES, mentre in altre circostanze l’uso di queste ultime, che teoricamente sono in grado di generare spontaneamente l’intero spettro di stipiti cellulari dell’organismo, potrebbe risultare più proficuo.In questa breve dissertazione incentrata sulle cellule staminali tessuto-specifiche o somatiche intendiamo offrire indicazioni generali riguardanti la natura, le diverse funzioni e le caratteristiche fondamentali che rendono queste cellule utilizzabili per lo sviluppo di applicazioni terapeutiche innovative. Poiché il nostro gruppo si occupa prevalentemente di cellule staminali nervose, queste saranno presentate in questo articolo come modello di cellule staminali adulte, al fine di illustrare le caratteristiche principali, e a volte veramente sorprendenti, delle cellule staminali tessuto-specifiche.

Cenni sulla genesi delle cellule staminali: le cellule embrionali staminaliAll’atto della fecondazione, la fusione dei gameti femminile e maschile (cellula uovo e spermatozoo) dà origine ad una cellula totipotente, lo zigote, la cellula capostipite di tutte le cellule che compongo un organismo adulto. Durante l’embriogenesi da questa cellula “fondatrice” si generano, mediante un processo di attiva proliferazione, quelle cellule totipotenti che si localizzano prevalentemente nel nodo cellulare della blastocisti e che sono denominate cellule embrionali staminali o ES. Durante la formazione dell’ organismo, le cellule ES generano cellule progressivamente sempre più differenziate, tra cui le cellule staminali tessuto-specifiche o somatiche, in questo caso fetali, che abbiamo menzionato in precedenza. Il compito di queste ultime durante i successivi mesi di vita fetale è quello di generare le cellule mature del tessuto in cui risiedono, partecipando così al suo accrescimento, fino al raggiungimento del pieno sviluppo dell’organismo. Dal nodo embrionale della blastociti, le ES vengono isolate e coltivate in vitro, dando origine a linee cellulari che possono essere conservate per anni e spinte a differenziare in cellule appartenenti a tessuti specifici tramite esposizione a diversi tipi di stimoli. In linea teorica, le ES possono quindi ricapitolare in coltura il pattern di sviluppo e di differenziamento che presentano nell’organismo in toto.

Al termine dello sviluppo dell’organismo, il numero di cellule staminali somatiche declina gradualmente e si stabilizza sui valori che si ritrovano in età adulta. A questo punto, le cellule staminali somatiche acquisiscono altre importanti funzioni fisiologiche, finalizzate al mantenimento dell’integrità strutturale e funzionale dei tessuti. Ciò avviene grazie alla capacità di queste cellule di sostenere il ricambio delle cellule danneggiate o andate distrutte in un tessuto in seguito a patologie di diversa origine e natura. Anche le cellule staminali somatiche possono essere coltivate ed espanse in vitro, dando origine in alcuni casi specifici a vere e proprie linee cellulari che presentano la caratteristica di essere già specializzate a generare cellule mature del tessuto di origine. In realtà, come vedremo in seguito, si è recentemente scoperto che il ventaglio di possibilità di differenziamento accessibile alle staminali somatiche è sorprendentemente più ampio di quello che si supponeva. Riassumendo, quindi, sia le cellule staminali embrionali sia le somatiche adulte possono essere coltivate, espanse e differenziate così da ottenere cellule in abbondanza, da impiegarsi in diverse terapie basate sulla “sostituzione cellulare”.

Le cellule staminali somatiche o tessuto-specifiche

E’ ormai noto come fenomeni di ricambio cellulare avvengano continuamente in molti tessuti maturi. Infatti, le cellule differenziate che compongono un tessuto muoiono in seguito a fenomeni fisiologici di invecchiamento o a causa di eventi patologici e vengono sostituite da nuove cellule mature. Questa capacità rigenerativa che si mantiene anche nelle fasi tardive della vita adulta é legata alla esistenza delle cellule staminali somatiche. Queste possiedono caratteristiche funzionali peculiari che permettono loro di espletare questa funzione vitale e che le distinguono nettamente dalla loro progenie, le cellule differenziate, le quali sono invece deputate a svolgere la funzione specifica del tessuto di appartenenza – conduzione di impulsi nervosi nel cervello, contrazione nei muscoli, funzioni metaboliche nel fegato e così via. Storicamente, il sistema ematopoietico è stato il primo tessuto in cui le cellule staminali somatiche sono state identificate e rimane, a oggi, il meglio caratterizzato, al punto che è stato spesso utilizzato come il modello teorico per sviluppare studi fondamentali sulla struttura del compartimento staminale in generale. Nel sangue, cellule mature di tipo linfoide, mieloide ed eritroide (globuli bianchi e globuli rossi) sono generate continuamente, differenziano e maturano, andando a sostituire cellule dello stesso tipo che muoiono e/o esauriscono la loro funzione. Grazie all’individuazione di specifici marcatori localizzati sulla membrana cellulare, le cellule staminali emopoietiche del midollo osseo sono state distinte dalle varie popolazioni di cellule più differenziate che da esse derivano. Questo ha reso fattibile l’isolamento e l’arricchimento della popolazione staminale, tecnica che viene ormai impiegata per diverse applicazioni terapeutiche, in particolare il trapianto finalizzato alla cura di tumori quali il mieloma multiplo. In realtà, recentemente una nuova sorgente di cellule staminali emopoietiche alternativa al midollo osseo è stata identificata nel sangue del cordone ombelicale raccolto subito dopo il parto: le cellule staminali isolate dal cordone, oltre al vantaggio di essere immunologicamente compatibili nel caso di un trapianto autologo, sembrano essere ancora più immature delle staminali presenti nel midollo e per questo meno attive nel generare risposta immunitaria anche nel caso di trapianto non autologo.

Altri esempi di tessuti in cui un attivo ricambio cellulare è sempre in corso sono l’intestino (villi intestinali) e l’epidermide. Le cellule differenziate all’apice dei villi dell’epitelio intestinale sono infatti continuamente distrutte in seguito ad usura funzionale chimico-meccanica e vengono rimpiazzate da nuove cellule provenienti da un area alla base dei villi stessi, area definita cripta intestinale, che ospita le cellule staminali dell’intestino; analogamente, i cheratinociti che si sfaldano dalla superficie cornea esterna dell’epidermide vengono rimpiazzati da nuove cellule provenienti dagli strati cutanei più profondi. Inaspettatamente, anche il sistema nervoso centrale (SNC) presenta cellule staminali al suo interno. Nel 1993, Reynolds e Weiss per primi suggerirono l’esistenza, nel SNC, di cellule staminali in qualche modo funzionalmente analoghe a quelle già caratterizzato nel sistema emolinfopoietico. Questa popolazione cellulare è presente nella totalità delle aree cerebrali dell’embrione di roditori al 14° giorno di gestazione, ma, sorprendentemente, anche nello strato subependimale che circonda i ventricoli laterali del cervello adulto. Nel SNC in via di sviluppo la popolazione staminale costituisce un pool cellulare in attiva proliferazione in grado di rifornire con elementi germinali indifferenziati la popolazione dei progenitori, a potenziale di sviluppo sempre più ristretto (bi- ed uni-potenziali) che, eventualmente, generano le cellule mature del cervello. Nell’età adulta, invece, le cellule staminali periventricolari provvedono alla continua generazione di neuroblasti, progenitori dei neuroni, i quali migrano in diverse strutture della corteccia cerebrale (diverse nelle varie specie) dove rimpiazzano i neuroni olfattivi in continuo turn-over.

Poiché le cellule staminali nervose posseggono caratteristiche di base comuni agli altri tipi di cellule staminali somatiche le useremo come esempio per una analisi un po’ più approfondita delle qualità specifiche di queste peculiari cellule .Il primo carattere distintivo delle cellule staminali, comune a tutti i tipi di staminali, è il loro stato altamente indifferenziato (immaturo). Questo significa che, in generale, esse non possiedono le caratteristiche morfologiche, strutturali, molecolari o antigeniche che si ritrovano nelle cellule differenziate del tessuto a cui appartengono. Per esempio, gli stipiti cellulari maturi che costituiscono il tessuto nervoso sono rappresentati dagli astrociti, dagli oligodendrociti e dai neuroni. In una visione molto semplificata, i primi rappresentano le cellule di supporto strutturale, biochimico e funzionale per i neuroni, i cui processi cellulari che conducono gli impulsi nervosi di tipo elettrico sono invece avvolti e isolati dagli oligodendrociti. Questo implica che ognuna di queste cellule possieda una ben precisa organizzazione morfologica e strutturale, che si riflette nell’espressione di proteine specifiche, che vengono utilizzate come marcatori che identificano i vari stipiti. Ebbene, le cellule staminali del SNC non esprimono nessuno dei marcatori di differenziamento e di maturazione tipici dei neuroni, degli astrociti e degli oligodendrociti.

Le cellule staminali, però, sono soprattutto riconoscibili per la loro peculiare capacità di autorinnovarsi, o automantenersi, in maniera teoricamente illimitata. In termini pratici, l’automantenimento sottintende la capacità di una singola cellula, o di una popolazione cellulare, di perpetuare se stessa indefinitamente, o almeno per tutta la durata della vita dell’organismo a cui questa appartiene. Nei vertebrati il numero di cellule staminali all’interno di un determinato compartimento è regolato a livello di popolazione cellulare e l’automantenimento implica la capacità di una popolazione staminale di mantenere inalterato il numero delle cellule che la compongono. Questo avviene poiché le cellule staminali sono in grado di effettuare divisioni simmetriche in cui le due cellule figlie che sono generate sono identiche tra loro e alla madre (divisione simmetrica espansiva) o, in alternativa, identiche tra loro ma diverse dalla cellula madre staminale – sono cioè cellule più differenziate, dette progenitori (divisione simmetrica differenziativa). L’automantenimento è ottenuto grazie allo stabilirsi di un perfetto equilibrio numerico tra i due tipi di divisione simmetrica che hanno luogo all’interno della popolazione staminale nel suo insieme. Se questo sistema permette di fare sì che il numero di cellule staminali si mantenga costante alla fine di ogni generazione cellulare – poiché viene generato un numero di cellule staminali pari a quello che si è diviso – esso offre inoltre l’enorme vantaggio di potere aumentare o diminuire il numero di cellule staminali all’interno di un tessuto nel caso questo divenisse necessario quando alcune cellule staminali fossero andate distrutte ed il loro numero fosse in calo, o in seguito a una eccessiva proliferazione che ne avesse inaspettatamente aumentato il numero. Infatti, se a seguito di una lesione alcune cellule staminali muoiono, molecole diffusibili liberate dalle cellule stesse o alterazioni nel complesso meccanismo di comunicazione intercellulare possono indurre un cambiamento nel bilancio tra divisioni espansive e differenziative all’ interno della popolazione staminale favorendo le prime e producendo un temporaneo aumento nel numero di cellule staminali prodotte. Nel caso in cui il numero di cellule staminali tenda invece ad aumentare in modo abnorme per eventi di tipo casuale o patologici, l’equilibrio tra divisioni proliferative e differenziative si sposta in favore delle seconde ed il numero di staminali tende a diminuire, normalizzandosi. In entrambe le situazioni appena descritte, non appena i segnali di emergenza si esauriscono, la popolazione staminale ritorna all’equilibrio stazionario tipico di situazioni fisiologiche e l’integrità dei tessuti e la funzione essenziale, anzi vitale delle cellule staminali rimane disponibile, potenzialmente inalterata, nell’arco di tutta la vita.

Il fenomeno dell’automantenimento, appannaggio esclusivo delle cellule staminali, permette inoltre di stabilire linee cellulari continue in cui le cellule staminali si espandono costantemente in numero, dando origine a un enorme numero di cellule che possono poi venire conservate previo opportuno congelamento ed essere utilizzate per scopi sperimentali e clinici quando se ne presenti l’opportunità. Questo è possibile esponendo le cellule staminali a condizioni di coltura che simulino la situazione che si presenta in vivo quando un danno di varia natura ha distrutto alcune cellule staminali del tessuto. Le cellule “ingannate” entrano in un’ attivo stato di proliferazione tentando di ristabilire il numero “normale” di cellule staminali, e quindi dando origine a un numero enorme di copie di se stesse. Questo fenomeno, per esempio, viene sfruttato per generare linee cellulari, e quindi enormi quantità, di cellule staminali cerebrali umane. Le cellule staminali del SNC esposte al fattore di crescita dell’epidermide, lo interpretano come segnale di “emergenza” e quindi come fattore di proliferazione. L’aggiunta di tale agente mitogeno al mezzo di coltura consente quindi la rapida amplificazione della popolazione staminale attraverso numerosi passaggi in vitro, senza però alterare le sue caratteristiche di multipotenzialità e di automantenimento. La rimozione di questo fattore esita poi nel differenziamento delle staminali, e nella formazione di cellule differenziate mature, cioè neuroni, astrociti e oligodendrociti, utilizzabili per gli scopi terapeutici descritti più avanti.

Altra proprietà imprescindibile, caratteristica fondamentale delle cellule staminali, è la multipotenzialità, ovvero la capacità di dare luogo a una progenie differenziata comprendente tutti gli stipiti cellulari tipici del tessuto di residenza. Il fenomeno di genesi delle cellule differenziate a partire da cellule staminali avviene attraverso il graduale restringimento della capacità di proliferazione e automantenimento della loro progenie. In pratica, le cellule staminali somatiche danno origine a cellule intermedie che, nel loro insieme, costituiscono il cosiddetto compartimento dei progenitori di transito, cellule più differenziate rispetto alle staminali ma che mantengono la capacità di proliferare per un numero limitato e predeterminato di cicli mitotici, generando alla fine un elevato numero di cellule differenziate. In pratica, da una singola divisione di una cellula staminale, grazie al compartimento di transito, vengono generate numerosissime cellule differenziate. Tale meccanismo consente la produzione di un consistente numero di cellule mature a fronte di un numero di divisioni delle cellule staminali estremamente ridotto. In questo modo, il patrimonio genetico delle cellule staminali risulta protetto dal rischio di mutazioni che potrebbero accumularsi durante la replicazione del DNA che ha luogo ad ogni divisione cellulare. L’esistenza di compartimenti cellulari multipli e gerarchicamente definiti, inoltre, permette di regolare la produzione di cellule mature, sia variando la velocità di proliferazione e la modalità di divisione all’interno del compartimento staminale, sia modulando la lunghezza di ciclo e il numero totale di divisioni nella popolazione di transito. Si crea così un sistema di regolazione altamente integrato e flessibile, che consente di rispondere agli stimoli regolatori presenti nel tessuto ed è in grado di soddisfare le esigenze di ricambio cellulare spesso molto diverse che si presentano in un organo o tessuto nell’arco della vita adulta. Quindi, il processo che accomuna tutti i compartimenti staminali somatici e la loro funzione di omeostasi tessutale può essere riassunto come un fenomeno dinamico in cui da una popolazione altamente immatura e a elevato potenziale proliferativi, che risiede negli strati profondi di un tessuto, si arriva alla neogenesi di cellule terminalmente mature e scarsamente o per nulla proliferanti che risiedono negli strati più esterni, passando attraverso la formazione di stipiti cellulari di transito con caratteristiche intermedie.

In soccorso dello stesso tessuto

Le applicazioni terapeutiche rese possibili dall’uso delle cellule staminali mediante trapianto al fine di sostituire cellule degenerate sono estremamente promettenti ed alcune già rese operative nella pratica clinica. Per esempio, le cellule staminali della pelle o degli epiteli oculari possono essere isolate, coltivate in provetta e reimpiantate per riparare gravi lesioni della cute, come quelle provocate da ustioni, tumori o infezioni, o della cornea, spesso nello stesso paziente da cui sono state prelevate. Analogamente, il trapianto di cellule progenitrici delle cellule del sangue permette di rigenerare cellule sanguigne danneggiate da terapie antitumorali estremamente aggressive, quali chemioterapia e radioterapia. Cellule di questo tipo possono essere prelevate come già descritto in precedenza dal midollo osseo, dal sangue periferico mobilizzato o dal cordone ombelicale. Anche altri tessuti e organi potranno trarre giovamento dalla terapia cellulare che si basa sull’impiego di cellule staminali somatiche, per esempio i tessuti della retina e dell’apparato uditivo danneggiati da malattie genetiche o traumi, il tessuto del cuore danneggiato da un infarto e quello dei vasi sanguigni, compromesso da ipertensione e aterosclerosi. Riguardo al sistema nervoso centrale, la disponibilità nel nostro laboratorio di cellule staminali neurali di origine umana apre interessanti prospettive terapeutiche per numerose e altamente invalidanti malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la Corea di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica. A tale scopo, si stà tentando di sfruttare le diverse proprietà delle cellule staminali nervose umane che possono essere considerate una sorgente continua e rinnovabile di neuroni e glia. Infatti oltre al fatto di poter essere coltivate per lunghi periodi senza perdita di stabilità genetica ed essere quindi disponibili in notevoli quantità, queste cellule possono venire programmate a generare specificamente le cellule nervose che sono distrutte in una precisa malattia, ad esempio i neuroni dopaminergici nel Parkinson, i neuroni gabaergici nell’ Huntington o le cellule oligodendrogliali nella sclerosi multipla. Tali cellule possono poi venire trapiantate al fine di riparare il danno causato da queste patologie. Inoltre, come la maggioranza delle cellule staminali, anche quelle nervose sono prone ad accettare nuovi geni terapeutici introdotti dall’esterno con le tecniche dell’ingegneria genetica. Grazie a questa loro capacità le cellule staminali possono essere utilizzate come veicoli per trasportare geni sani nel cervello per la correzione di varie patologie neurodegenerative o di difetti congeniti come, per esempio, la malattia di Tay-Sachs.

Quando il tessuto è diverso

Un dogma fondamentale della biologia prevede che il potenziale di sviluppo delle cellule staminali somatiche sia limitato esclusivamente alla produzione di cellule differenziate del tessuto a cui esse appartengono. Per questo si è sempre ipotizzato che anche le possibilità di cura basata sulla terapia cellulare fossero ristrette al tessuto/organo in cui le cellule staminali stesse normalmente risiedono. In realtà, tre anni fa, un gruppo di ricerca italiano diretto da Fulvio Mavilio e Giulio Cossu ha dimostrato che cellule staminali ematopoietiche adulte possono anche dare origine a cellule del muscolo scheletrico. Sebbene le cellule sanguigne e quelle muscolari condividano una comune origine embriologica, questa scoperta ha indicato chiaramente che la multipotenzialità delle cellule staminali somatiche è decisamente più ampia del previsto. Recentemente, le stesse cellule del midollo osseo sono state in grado di contribuire alla rigenerazione del cuore danneggiato da infarto miocardico. Analogamente, precursori muscolari possono generare cellule ematopoietiche e progenitori del midollo osseo dare origine a osso e cartilagine. Sebbene questa plasticità possa essere imputabile a una sorta di memoria ontogenetica, che ricapitola un comune sviluppo da parte di cellule staminali che hanno la stessa origine, questo non potrebbe spiegare le scoperte che confermano la conversione di cellule derivate da uno specifico foglietto embrionale in cellule che originano da un altro. Infatti, ancora più sorprendentemente, nel 1999, proprio il nostro gruppo ha documentato l’ esistenza di un ancora più ampio potenziale differenziativo delle cellule staminali somatiche. Prelevando cellule staminali nervose da topi adulti che contenevano un gene marcatore che le identifica inequivocabilmente e iniettandole in topi le cui cellule staminali ematopoietiche endogene erano state uccise da dosi elevate di radiazioni è stato possibile dimostrare che le cellule staminali nervose si localizzano all’interno del midollo osseo, riempiono le nicchie lasciate vacanti dalle staminali ematopoietiche, cambiano identità passando esse stesse da staminale neurale a cellula ematopoietica e producono cellule di transito e mature del sangue. Questa scoperta è risultata ancora più singolare della precedente, poiché il sangue e il cervello hanno un origine embrionale differente e quindi una profonda divergenza nel potenziale di sviluppo viene a stabilirsi già dalle fasi più precoci della vita embrionale. Inoltre, tale inaspettata plasticità riguarda cellule derivate dall’organo considerato quiescente per eccellenza, e cioè il cervello adulto.

Queste osservazioni sono state ulteriormente confermate e approfondite sia dal nostro laboratorio che ha dimostrato che cellule staminali cerebrali adulte e anche umane possono dare origine a cellule polinucleate del muscolo scheletrico, sia da un gruppo svedese che ha dimostrato come queste stesse cellule staminali nervose adulte, se iniettate in blastocisti, possono colonizzare molti organi dando origine, per esempio, a cellule pancreatiche, intestinali e renali, comportandosi quindi in maniera simile alle ES. Altri studi in cui cellule ematopoietiche sia di topo che umane sono state in grado di originare cellule del fegato se immesse nel tessuto epatico in via di rigenerazione e, soprattutto, a cellule cerebrali dopo trapianto in cervelli adulti di topo dopo lesione hanno confermato la attendibilità di questi fenomeni biologici. Quindi, le cellule staminali somatiche sono effettivamente predestinate a produrre le cellule mature che compongono il tessuto cui esse stesse appartengono, ma tale predeterminazione sembra essere reversibile. Al fine di manifestare completamente il loro potenziale differenziativo, le cellule staminali somatiche devono essere esposte a fattori ambientali appropriati che si ritrovano in tessuti diversi da quello originale. Le cellule staminali somatiche possono così riattivare un programma latente di sviluppo e acquisire un identità funzionale molto diversa da quella a loro inizialmente conferita durante lo sviluppo embrionale. In conclusione, anche se il grado effettivo di plasticità dei vari tipi di cellule staminali somatiche deve essere ancora definito e soprattutto concretizzato tramite il miglioramento dell’efficienza di conversione delle cellule staminali in cellule diverse da quelle del tessuto di origine, la speranza di utilizzare cellule staminali somatiche per la cura di numerose malattie rimane solidamente fondata.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here