Lo zolfo svelato

    Un intero capitolo della chimica è da riscrivere. È quanto emerge dai risultati ottenuti grazie ad apparecchiature d’avanguardia. A finire in soffitta sarebbero i diagrammi di stato, le rappresentazioni grafiche delle fasi liquida, solida e aeriforme, degli elementi chimici contenuti nella tavola periodica di Mendeleev. Lo ha sostenuto Adriana Maras, docente di Mineralogia presso il Dipartimento Scienze della Terra dell’Università “La Sapienza” di Roma, a margine di un workshop promosso dalla Scuola Internazionale di Cristallografia del Centro “Ettore Majorana” di Erice. La riscrittura dei diagrammi apre, contestualmente, nuovi orizzonti nella sintesi di materiali tecnologici e biologici. L’osservazione della studiosa – che sconvolge quanto studiato ai tempi del liceo – scaturisce dalla verifica dei primi risultati sperimentali condotti con tecniche di cristallografia ad alta pressione, in particolare sullo zolfo. “Sembrava che lo zolfo”, spiega Maras, “avesse il maggior numero di polimorfi (strutture cristalline diverse in funzione sia delle temperatura sia della pressione alle quali avviene il passaggio allo stato solido) di qualsiasi altro elemento chimico della tavola periodica. Infatti, nella bibliografia corrente ne sono stati descritti ben dodici al di sotto di 5 giga Pascal. Gli studi condotti a pressioni crescenti fino a dodici giga Pascal presso l’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, da Laura Crapanzano e collaboratori hanno evidenziato la presenza di solo tre fasi solide”. Ma non è tutto: la ricerca sperimentale ha riservato altre sorprese: “Le strutture precedentemente descritte”, va avanti Maras, “caratterizzate da atomi di zolfo distribuiti secondo eliche, anelli e catene, rappresenterebbero fasi metastabili o, addirittura, degli artefatti generatisi durante i processi di ‘congelamento’ dei prodotti ottenuti durante esperimenti in alta pressione eseguiti in passato, quanto non era ancora possibile studiare in situ la struttura degli atomi. In seguito a questi ultimi esperimenti”, aggiunge la ricercatrice, “il diagramma di stato dello zolfo andrà modificato e risulterà notevolmente semplificato”. La cristallografia ad alta pressione è una branca relativamente nuova delle scienze della terra e, pertanto, in continua evoluzione. Gli “errori” riscontrati nel diagramma di stato dello zolfo – elemento finora più studiato – interesserebbero, tuttavia, decine di altri elementi chimici. Fino al recente passato i diagrammi di stato non venivano elaborati su studi condotti direttamente in situ, bensì su fasi metastabili, a volte degradate, cercando di bloccare una delle tre fasi (solida, liquida e aeriforme). “Nello zolfo”, dice Maras, “all’aumentare della temperatura da una struttura molecolare ad anelli costituita da otto atomi di zolfo si passa a una catena. È stato dimostrato, quindi, che ci sono diversi modi di organizzarsi della fase liquida”. E la ricerca adesso si concentrerà proprio sulle fasi liquide, dove si riesce a vedere la prima organizzazione della materia: dalla fase amorfa a quella cristallina. Dal punto di vista pratico, i nuovi dati sui diagrammi di stato sono materiale prezioso per chi lavora alla realizzazione di nuovi materiali biologici e tecnologici. “Penso ai biomateriali per le protesi”, conclude Maras. “Attualmente sono in corso studi condotti da ricercatori egiziani sul comportamento del minerale che costituisce le ossa (carbonato apatite) sottoposto ad alta pressione. In prospettiva si potrà sostituire il titanio (oggi impiegato largamente nelle protesi ossee) con l’apatite opportunamente trattata”. “Silicio e ossido di silicio”, spiega Andrea Gauzzi, ricercatore dell’Istituto dei Materiali per l’Elettronica ed il Magnetismo del Cnr di Parma, “sono composti relativamente semplici e abbondanti sulla Terra. Le tecniche di sintesi e di caratterizzazione sotto alte pressioni, ci offrono opportunità di ingegnerizzare materiali a base di composti ben più complessi e dalle proprietà straordinarie che la natura non ci offre”. Al Cnr di Parma, per esempio, si studiano le proprietà magnetiche ed elettroniche di nuovi solfuri e ossidi di metalli di transizione. Composti che potrebbero contribuire a migliorare le prestazioni e il grado di miniaturizzazione dei dispositivi elettronici attuali, affiancando o sostituendo materiali tradizionali quali il silicio e l’ossido di silicio.

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