Premiata ottica italiana: Luigi Lugiato

Il 24 giugno scorso la Società Europea di Fisica ha assegnato il premio “Quantum electronics and optics prize” a Luigi Lugiato, direttore della Unità di Ricerca di Como dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia. Professore ordinario presso l’Università dell’Insubria, nella sua attività trentennale si è occupato di ottica non-lineare e quantistica. In altre parole dell’interazione fra luce e materia.  Lugiato è un fisico teorico, ma fra le motivazioni del premio c’è la verifica di numerose previsioni da lui formulate, condotta attraverso esperimenti in Europa e Stati Uniti. Galileo lo ha intervistato per fare il punto sulla ricerca nei campi dei quali si occupa.

Professor Lugiato, quali sono i suoi interessi nell’ottica non-lineare?

“Recentemente mi sono occupato dei “solitoni di cavità”. Per capire di cosa si tratta, supponiamo di avere un fascio di luce piuttosto spesso, e facciamone una sezione: in certe condizioni su questa sezione si possono osservare delle strutture spaziali. In altre parole, dei punti luminosi che si possono “scrivere”, “cancellare” e “spostare” come su di una lavagna. Il nome del fenomeno deriva dal fatto che per ottenere un fascio con queste strutture lo si deve iniettare in una cavità fatta di materiali adeguati”.Quali sono le applicazioni di questi studi?“Si possono realizzare dispositivi per processare l’informazione in parallelo. Infatti, la luce può essere prodotta in fasci paralleli, o si può suddividere un unico fascio in parti più piccole. Per ottenere lo stesso effetto con sistemi elettronici bisognerebbe mettere tanti dispositivi in parallelo. Un’altra applicazione sono le memorie ottiche.”

A che punto è la ricerca in ottica quantistica?

“Questo è un campo di ricerca che sta vivendo una stagione di grande vitalità. Da una decina di anni, infatti, si hanno possibilità che vanno ben al di là della fisica classica. La crittografia quantistica, che consente di scambiare un codice in modo totalmente sicuro; il calcolo quantistico, che potrebbe raggiungere velocità esponenzialmente grandi; o l’“entanglement”, ovvero il teletrasporto dello stato fisico di un oggetto. In quest’ultimo settore, mi sono occupato di “quantum-imaging”. In particolare, della possibilità di sfruttare l’entanglement per osservare oggetti lontani. In altre parole, supponiamo di voler osservare un oggetto difficile da raggiungere. Possiamo suddividere in due un fascio di luce e illuminare l’oggetto con una metà del fascio. Anche se non possiamo inviare nei pressi dell’oggetto un rivelatore completo, basta mandare un rivelatore puntiforme. Tutta l’informazione che resta, la “leggiamo” nell’altro fascio, grazie al “teletrasporto” su di esso dello stato dei fotoni del primo. Anche qui sono previste applicazioni per l’osservazione di oggetti lontani, e, purtroppo, anche militari: per “fare la spia”. Per tutte queste ricerche, comunque, le applicazioni sono sul medio termine, e il problema è capire quando i prototipi di laboratorio potranno trasformarsi in prodotti.”

Ritiene i campi di ricerca in cui opera siano tenuti nella adeguata considerazione?

“Il sostegno viene soprattutto da programmi dell’Unione europea. Nel campo industriale c’è una battuta d’arresto, per via della crisi economica. Ma la situazione veramente preoccupante è quella a livello nazionale. Io lavoro all’interno dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia. Come il 95 per cento di coloro che ne fanno parte, non dipendo dall’ente, ma dall’università. L’Istituto si occupa soprattutto di coordinare la ricerca, e lo fa con un’efficienza di tipo “aziendale” da tutti riconosciuta. La recente riforma lo ha dissolto nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, che invece ha dei ricercatori suoi. Ora ci domandiamo tutti se l’ampia connessione col mondo dell’università verrà preservata. Ho grande fiducia nell’operato del commissario De Maio, ma fra i ricercatori c’è una sensazione generale di abbandono.”

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