Ricomincio da Cryosat

“Nessuno ha intenzione di piangersi addosso. È un grande perdita per tutti, perché Cryosat avrebbe fornito informazioni di grande valore sui cambiamenti climatici globali, importanti non solo a livello scientifico, ma anche politico e governativo. Ma stiamo già lavorando per pianificare una seconda missione di ripiego”. Parla così Simonetta Cheli, capo ufficio delle relazioni pubbliche e istituzionali dell’Esa-Esrin, l’Istituto di ricerca spaziale europea di Frascati dell’Agenzia spaziale europea, all’indomani del fallimento della missione dedicata allo studio dei ghiacci polari e del loro assottigliamento. Il satellite, partito alle 17,02 di sabato 8 ottobre dalla base russa di Plesetsk, non è mai entrato in orbita, dove invece sarebbe dovuto restare per tre anni. Dopo un’ora e mezza dal lancio, in cui era previsto un black-out a causa delle caratteristiche del razzo, avrebbe dovuto inviare il primo segnale. Che invece non è mai arrivato. Cryosat, nel frattempo, si era schiantato sull’Oceano Artico. Insieme a lui, andavano in frantumi anche le grande attese che la comunità internazionale aveva risposto negli strumenti di alta tecnologia, come il radar altimetrico trasportato a bordo. In fumo in un colpo solo anche i 95 milioni di euro spesi per il velivolo. “Si è verificata un’anomalia nel lanciatore”, un razzo Rockot derivato dala conversione a usi civili di un missile per usi militari.”La prima fase non ha incontrato problemi, poi c’è stato un guasto che ha impedito al motore del secondo stadio del sistema di lancio di spegnersi”, spiega Cheli.Cryosat era il debuttante di una serie di missioni di telerilevamento dell’Esa: il primo di sei fratelli del programma “Living Planet”, dedicato all’osservazione della Terra. Satelliti di nuova generazione, costruiti a basso costo (la spesa preventivata per l’intera missione Cryosat era 135 milioni di euro; il satellite dell’Esan Envisat, lanciato lo scorso anno, è costato un miliardo di euro), ciascuno dedicato un tema specifico. Difficile immaginare un esordio più sfortunato di Cryosat. Come prosegue ora il programma? “Come pianificato. Le missioni di non sono messe in discussione, anche se potrebbero essere leggeri ritardi nelle date di lancio. Il prossimo sarà Goce, dedicato allo studio della gravità terrestre. Poi sarà la volta di Smos, che misurerà la salinità degli oceani, quindi toccherà a Adm monitorare le dinamiche atmosferiche”. E della missione che avrebbe dovuto raccogliere i dati sullo scioglimento del ghiaccio della calotta polare artica e antartica e rivelarci quali ripercussione climatiche ha il riscaldamento della temperatura terrestre, cosa ne sarà? “Stiamo valutando insieme all’industria e agli scienziati tempi, modi e finanziamenti per la replica. La spesa di un seconda missione sarà di sicuro inferiore perché non si riparte da zero: la fase di progettazione è già stata fatta e alcune strumentazioni sono già disponibili”, continua la portavoce Esa Italia. In ogni caso, sull’opportunità di un Cryosat 2 si dovrà pronunciare la Conferenza ministeriale dell’Esa a Berlino, prevista a Berlino il 5 e 6 dicembre, che riunisce i ministri responsabili delle attività spaziali dei 15 stati membri dell’Esa. Tanti i punti in agenda. Dalla politica di utilizzo dei lanciatori, al futuro della Stazione spaziale orbitante, alle attività di esplorazione. In primo piano c’è il programma quadro per l’Osservazione della Terra, Eoep-3 (Earth Observation Envelope Programme), che include anche le missioni di Living Planet. “Per la conferma definitiva del ripristino di Cryosat è necessaria la sottoscrizione da parte dei ministri del programma Eoep. Ma anche dopo il fallimento di Cryosat, l’appoggio e il riconoscimento della rilevanza della missione è stato generale”. C’è quindi da sperar bene. Ma per ora, non resta che aspettare per il verdetto definitivo.

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