Opa1, l’interruttore dell’apoptosi

Una ricerca italiana rivela uno dei principali meccanismi che regolano la morte programmata delle cellule. Lo studio, condotto su una malattia genetica nota come atrofia ottica dominante, è stato presentato in una conferenza tenutasi il 13 luglio presso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare di Padova, e sarà pubblicato in due articoli sul prossimo numero della rivista Cell.L’atrofia ottica dominante causa cecità congenita ed è la forma più comune di neuropatia ottica ereditaria, anche se abbastanza rara (1 malato ogni 30 mila persone). La perdita graduale della vista che caratterizza queste neuropatie è causata dalla morte dei neuroni che trasmettono il segnale visivo dall’occhio al cervello. La degenerazione sembra dovuta al malfunzionamento dell’apoptosi, o morte cellulare programmata. L’apoptosi mantiene costante il numero di cellule presenti nei tessuti, eliminando quelle che sono invecchiate o che hanno il Dna danneggiato. Difetti di questo processo fisiologico fondamentale possono essere legati a malattie neurodegenerative quali il morbo di Parkinson (se le cellule muoiono più di quanto dovrebbero), o all’insorgenza di tumori (se le cellule muoiono meno di quanto dovrebbero).Il team di Luca Scorrano, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco presso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare di Padova e autore delle due pubblicazioni, ha scoperto il ruolo chiave di una particolare proteina, chiamata Opa1, che risulta mutata nei malati di atrofia ottica. Opa1 si trova nei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule che, modificando la propria forma, regolano molte funzioni vitali, tra cui l’apoptosi. “I mitocondri” spiega Scorrano “hanno due membrane, una esterna e una interna. Quella interna non è liscia, ma ripiegata in una serie di strozzature che formano una specie di sacchetti, chiamate criste. Al loro interno si trova il citocromo c, una delle principali proteine responsabili della degenerazione cellulare”. Quando la cellula giunge al termine della sua vita, i mitocondri vanno incontro a cambiamenti della struttura che modificano il diametro di questi sacchetti, e il citocromo c si riversa nella cellula. “Non sapevamo come questo processo fosse controllato” prosegue Scorrano, “ma già da due anni ci eravamo accorti che Opa1 è coinvolta nel cambiamento della forma dei mitocondri. Ci siamo chiesti se la proteina controllasse la chiusura delle criste, se mutata sarebbe stata in grado di funzionare correttamente e quali fossero i requisiti necessari per modificare il diametro delle strozzature. Grazie alla tomografia elettronica, abbiamo ottenuto serie di immagini delle criste, che un programma ad hoc ha restituito come un’unica immagine tridimensionale, ingrandita 200 mila volte”.Christian Frezza, primo autore di questo lavoro, ha analizzato la forma dei mitocondri prima e durante l’apoptosi, e ha scoperto che Opa1 modificata (con le mutazioni caratteristiche dell’atrofia ottica dominante), facilita l’apertura delle criste. Studiando in dettaglio il processo molecolare, i ricercatori si sono accorti che la proteina è presente in due forme, una attaccata alla membrana interna, l’altra libera in soluzione (trovata per la prima volta in questo studio) e che insieme si comportano come una clip metallica che chiude le criste.“Sapevamo che le Opa1 erano attaccate alla membrana interna” continua Scorrano “Come si produceva la forma solubile? Una suggestiva possibilità era che l’Opa1 solubile fosse attivata da un’altra proteina ancora, chiamata Parl”. Il gruppo di ricerca ha analizzato anche alcuni topi incapaci di produrre la proteina Parl. Dopo circa 12 settimane tutti i topi erano morti: nei loro mitocondri la frazione solubile di Opa1 era estremamente ridotta e non si era formato il complesso che fa da clip alle criste e che impedisce il rilascio del citocromo c.“Questo è un primo importante passo verso la comprensione dell’atrofia ottica, ma saranno necessari ancora dieci o quindici anni di studi” conclude Scorrano. “La ricerca può tuttavia avere delle ricadute anche per patologie meno rare, in cui è coinvolto il malfunzionamento della morte cellulare, come l’Alzheimer. Si tratta di malattie che progrediscono. Non si potranno rigenerare le cellule morte, ma si potrà bloccare il processo”.

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