Aggiungi un posto in tavola

Con i suoi 118 protoni è l’elemento chimico più pesante e andrà a occupare una casella nell’ottavo gruppo della tavola periodica di Mendelejev, subito sotto il radon. Sempre che anche questa volta la scoperta non sia un abbaglio.

La corsa all’unonoctium (questo il nome provvisorio del nuovo elemento chimico) sembra vinta dal Joint Institute for Nuclear Research in Dubna, vicino Mosca, e dal Lawrence Livermore National Laboratory della California, che operano in collaborazione e che insieme hanno già scoperto gli elementi superpesanti 113, 114, 115 e 116. L’articolo in cui è descritto lo studio, guidato da Yuri Oganessian, è apparso il 10 ottobre sulla rivista Physical Review C. I ricercatori hanno sparato un fascio di ioni calcio accelerati, ciascuno contenente 20 protoni, contro atomi di californio, un elemento sintetico radioattivo con 98 protoni. Effettivamente 98 più 20 fa 118. “Si tratta di fusioni nucleari tra elementi molto pesanti” spiega il fisico nucleare Daniel Napoli dell’Infn di Legnaro. “Quando si fanno collidere i nuclei, i nuovi atomi vivono per un tempo che è dell’ordine di 10 alla meno 22 secondi, ma per dire che un nuovo atomo si è effettivamente creato, è necessario che viva per un tempo ragionevole, dell’ordine di 10 alla meno 3. La probabilità che questo avvenga è bassissima perché gli elementi superpesanti sono molto instabili. Si lavora quindi senza statistica (milioni di tentativi per ottenere un solo atomo, ndr) ed è facile abbagliarsi, come è accaduto sette anni fa. Per questo devono essere almeno due i laboratori che riconoscono la scoperta”.

L’atomo 118 ha in effetti una storia tormentata. Nel 1999, il Lawrence Berkeley National Laboratory (California) aveva annunciato di aver sintetizzato gli elementi 116 e 118, facendo collidere nuclei di piombo e kripton. In particolare i ricercatori affermavano di aver scoperto due atomi dell’elemento più pesante in natura, con 118 protoni e 175 neutroni. Tutti i tentativi successivi di ripetere l’esperimento, però, fallirono e quando i dati vennero analizzati nuovamente, si scoprì che non v’era traccia di una delle prove fondamentali, ovvero le cascate di particelle alfa (formate da due neutroni e due protoni) che accompagnano il decadimento degli elementi superpesanti. Gli articoli di allora parlano di truffa, forse messa in atto da uno dei 15 ricercatori coinvolti nello studio e che, nel 2001, ritrattarono sulla rivista “Physical Review Letters”.

Come da copione, i ricercatori affermano ora di aver ora ottenuto tre atomi di unonoctium, comparsi per meno di un millesimo di secondo, dopo molti mesi durante i quali sono stati bombardati oltre un miliardo di atomi di californio. Il fatto che questi atomi abbiano vita breve, però, è un dato importante per i fisici nucleari: la stabilità degli atomi superpesanti (l’atomo più stabile è quello che impiega più tempo a decadere) sarebbe dovuta all’esistenza di alcuni numeri “giusti” di protoni e neutroni che, per le leggi della meccanica quantistica, permetterebbero l’esistenza di determinati isotipi di elementi pesanti. La sintesi dell’elemento 114 nel 1998 aveva già confermato questa ipotesi, conosciuta come “teoria dell’isola di stabilità” fin dagli anni Quaranta.

I nuclei degli atomi avrebbero infatti strutture simili a gusci, analoghi agli orbitali degli elettroni, che si completano con determinati numeri di protoni e neutroni (2, 8, 20, 28, 50 e 82 per entrambe le particelle, mentre sono meno chiare altre combinazioni asimmetriche). In particolare, per i neutroni 126 sembra essere il numero “magico” più alto e il piombo, il cui nucleo contiene 82 protoni e 126 neutroni, è quindi l’elemento pesante più stabile. Si cerca di arrivare ora a sintetizzare l’elemento 120 portando in collisione nuclei di plutonio e ioni di ferro.

Ci sono quattro laboratori nel mondo in competizione per la creazione dell’elemento più pesante (i già citati di Dubna e della California, il Gsi in Germania e il Riken di Tokyo). In Italia ci sono collaborazioni aperte con la Germania: “Noi non disponiamo di acceleratori così potenti, ma le nostre conoscenze sono molto apprezzate”, prosegue Napoli, “Inoltre non ci interessa la corsa a nuovi elementi, quanto quella verso la materia sconosciuta” A Legnaro è infatti in cantiere un progetto, appoggiato dalla Comunità Europea, basato su acceleratori di nuova generazione. I ricercatori posizioneranno due acceleratori uno dietro l’altro: il primo produrrà elementi che non esistono in natura, mentre il secondo li userà come proiettili. La materia che conosciamo è un minima parte di quella che si produce e queste ricerche dovrebbero permettere di osservare gli elementi che si formano nelle stelle e che non sopravvivono.

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