Italiani di buona etichetta

Bufale dopate, polli cinesi agli antibiotici, formaggio scaduto rimesso in commercio, vino e olio “truccati” e poi spacciati come di alta qualità:  sono solo alcune delle magagne scoperte in oltre 200 mila ispezioni effettuate dalle forze dell’ordine nel 2006. Ma quanto intaccano l’immagine della filiera alimentare italiana questi comportamenti truffaldini? Quanto si fidano gli italiani dei prodotti che mettono a tavola ogni giorno? Sono le domande a cui hanno cercato di rispondere il Movimento di difesa del cittadino (Mdc) e Legambiente con il quarto rapporto sulla sicurezza alimentare, presentato questa mattina a Roma.

Dall’indagine, che ha coinvolto mille persone, emerge che il 45% del campione controlla sempre l’etichetta dei prodotti che acquista e il 27% lo fa spesso. Le più attente sono le donne (50% contro il 39% degli uomini), le persone in età matura (47-49% ultra 55enni contro il 36% dei più giovani) e gli abitanti nelle regioni del Sud (52% contro una media del 39-42% del Centro-Nord). Tuttavia, solo il 60% è in grado di riconoscere un prodotto DOP dal marchio, e di questi la gran parte sono giovani (18-34 anni), mentre un 22% di cittadini si fa ingannare dalle varie bandiere italiane o europee apposte sulle etichette. Quanto alle autorità che vigilano sulla filiera alimentare, secondo gli intervistati i più affidabili sono gli istituti scientifici (83%), seguiti dagli organi di controllo, come i Nas, e dalle associazioni dei consumatori. L’ informazione fornita dai mass media, invece, è ritenuta dal 45% dei cittadini “allarmista e disorientante”, e solo per il 39% è chiara e utile. Un’ultima indicazione riguarda il rapporto qualità/prezzo: l’86% degli intervistati è disposto a spendere di più per prodotti nostrani, il 78% per prodotti a denominazione registrata (DOP, IGP, STG), un po’ meno, il 55%, per il biologico.

(s.m.)

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