Gli affreschi della Sala Morone ai raggi infrarossi

Studiare un affresco disponendo degli strumenti adeguati fornisce indicazioni sulla tecnica usata e sulla migliore strategia di conservazione dell’opera. Per riuscirci meglio, da oggi, il Laboratorio di analisi diagnostiche non invasive per le opere d’arte antica, moderna e contemporanea (Laniac) dell’Università di Verona ha un nuovo strumento: uno spettroscopio a infrarossi specificamente progettato per l’applicazione ai beni culturali. I ricercatori veneti lo stanno usando per studiare gli affreschi cinquecenteschi della Sala Morone, nel convento di San Bernardino a Verona, nell’ambito di un progetto dei Musei Civici e della Soprintendenza di Verona e coordinato dalla professoressa Monica Molteni, docente di Storia delle Tecniche Artistiche e del Restauro.

“Si tratta di una delle prime applicazioni al mondo di tale strumento, che si auspica possa arrivare a definire quali parti dei dipinti murali sono dipinte davvero a fresco oppure a secco, con significative implicazioni sulla futura conservazione”, spiega Loredana Olivato, direttrice del Laniac.

Due sono le caratteristiche più rilevanti del nuovo spettroscopio a infrarossi: la notevole compattezza e la capacità di fornire diagnosi attraverso analisi completamente non invasive per il dipinto studiato. Ciò significa che, senza bisogno di alcun prelievo di campioni, è sufficiente “puntare” il piccolo spettroscopio verso la parete interessata per ottenere in pochi minuti tutti i dati relativi ai composti chimici presenti nei pigmenti usati dagli artisti.

Come spiega Francesca Monti, fisica e docente presso l’Università di Verona, lo spettroscopio emette un fascio di radiazione infrarossa che colpisce il dipinto e si riflette su di esso; la radiazione riflessa viene raccolta dallo strumento e rivelata. Quello che si ottiene è uno spettro di assorbimento relativo esclusivamente alla radiazione non assorbita, ma respinta, dalle molecole di pigmento presenti nel dipinto. L’analisi dello spettro ottenuto permette quindi di riconoscere i gruppi molecolari presenti nell’area affrescata considerata.

Quello con il nuovo strumento, non è l’unico tipo di studio previsto per il progetto “Sala Morone”. Altri esami hanno già dato alcuni importanti risultati. Una prima campagna di analisi diagnostiche, infatti, ha evidenziato il metodo di riporto del disegno sull’intonaco e ha permesso di identificare le diverse “giornate” di esecuzione degli affreschi. Inoltre, un’analisi ai raggi X ha permesso di datare l’opera e riconoscere alcuni interventi di restauro avvenuti nel passato. Il nuovo spettroscopio potrebbe adesso aprire la strada a un approccio nuovo alla diagnostica per le opere d’arte, con strumenti portatili e compatti che mantengono ottime prestazioni. (g.d.)

Riferimento: Università di Verona

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