Due specie per gli elefanti africani

Due specie ben distinte: quello piccolo della foresta e quello grande della savana. Si tratta degli elefanti che popolano il continente africano, a lungo creduti solo popolazioni diverse di un’unica specie. A dimostrarlo sono stati i ricercatori della Harvard Medical School di Boston, dell’Università dell’Illinois e dell’University di York (Regno Unito) che hanno chiarito la storia evolutiva dei pachidermi africani analizzando i loro genomi. In tutto, quindi, le specie di elefanti viventi al mondo salgono a tre: due africane e una asiatica.

Le differenze tra l’elefante della savana e quello della foresta hanno sempre incuriosito i biologi, che si sono a lungo domandati se i due animali appartenessero a due specie differenti o fossero solo forme di adattamento a diversi tipi di habitat. Il primo è un vero gigante: alto quasi tre metri e mezzo, può pesare fino a sette tonnellate; il secondo, invece,  pesa la metà e non è più alto di due metri e mezzo. Fino a oggi, però, nessuno studio era stato in grado di far luce su queste differenze. 

Nella nuova ricerca, pubblicata su PLoS Biology, i biologi hanno confrontato tra loro, per la prima, volta i genomi nucleari di alcuni pachidermi. Tra questi ci sono gli elefanti africani (uno dalla savana e uno dalla foresta, finora considerati entrambi come Loxodonta africana), quello asiatico (Elephas maximus) e due specie estinte da cui si sarebbero originati gli animali moderni: il mammut lanoso (Mammuthus primigenius) e il mastodonte (Mammut americanum). Gli studiosi hanno scoperto che i due esemplari di pachidermi africani sono così diversi tra loro almeno quanto lo sono l’elefante asiatico e il mammut, considerati due generi diversi. L’ipotesi per gli animali africani è che si tratti di due specie completamente distinte: quello della foresta (rinominato Loxodonta cyclotis) e quello della savana (Loxodonta africana). 

Come ha spiegato uno degli autori, Michi Hofreiter dell’Università di York, la separazione tra le due specie sarebbe avvenuta in concomitanza alla divergenza dell’elefante asiatico dal mammut”. Ovvero tra i 2,6 e i 5,6 milioni di anni fa, e solo in epoca recente le due specie si sarebbero  incrociate (come dimostrato dalle analisi del Dna mitocondriale, che indicherebbe un incrocio circa 500.000 anni fa).

La scoperta ha diverse implicazioni. Per esempio, le due specie di elefanti dovranno ora essere tutelate con due diversi programmi di conservazione.

Riferimenti: doi:10.1371/journal.pbio.1000564

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