Come leggere il genoma fantasma

Nel 2010 aveva scosso il mondo sintetizzando la prima cellula dal genoma artificiale. Oggi, lo scienziato e businessman Craig Venter torna a far notizia sulle pagine di Nature Biotechnology. Il suo team ha infatti pubblicato uno studio in collaborazione con l’ università di San Diego (Ucsd) in cui propone un metodo innovativo per sequenziare il dna fantasma dei microrganismi che sfuggono ai normali strumenti di indagine scientifica.

La nuova tecnica, la Multiple Displacement Amplification (Mda), promette di identificare e sequenziare il 90% dei geni appartenenti a tutti quei batteri che non possono essere studiati comunemente nei centri di ricerca. E non stiamo parlando solo di qualche bacillo stravagante: secondo alcune stime, il 99,9% dei microrganismi esistenti al mondo sono difficili da maneggiare. Si tratta per la maggior parte di batteri che abitano nicchie ecologiche molto particolari, come i fondali marini, i laghi sulfurei e lo stomaco umano, e sopravvivono solo all’interno dei substrati originali. Questo significa che i ricercatori non hanno la possibilità di far crescere delle colonie abbastanza grandi da estrarne dei campioni per le analisi di sequenziamento del dna.

Il metodo Mda entra in gioco proprio con l’idea di bypassare questo problema e permettere agli scienziati di leggere il genoma fantasma  dei batteri senza doverli coltivare. Il principio alla base di questa tecnica, ideata nel 2005 dal biologo molecolare Roger Lasken, prevede infatti di completare il sequenziamento del dna partendo anche da una singola cellula. In pratica, l’Mda amplifica piccoli frammenti del genoma fino a riprodurne miliardi di copie.

Ma in questo tipo di analisi, la quantità non è tutto: per fare un buon sequenziamento del genoma ci vuole, soprattutto, materiale biologico di qualità. Purtroppo, i prodotti di amplificazione ottenuti con l’Mda non sono sempre molto affidabili. Spesso i frammenti amplificati contengono molti errori, o si replicano in proporzioni diseguali, lasciando interi buchi nella sequenza dei geni. Il team di Venter si è allora rivolto a Pavel Pevzner, un bioinformatico della Ucsd che ha brillantemente risolto il problema: ha sviluppato un algoritmo capace di selezionare la migliore combinazione di frammenti del dna e assicurare dei risultati sorprendenti.

Fatto sta che gli scienziati hanno subito testato la tecnica Mda su un Deltaproteobacterium (conosciuto come SAR324), un microrganismo oceanico di cui nessuno era mai riuscito a sequenziare il genoma. L’esperimento è andato a buon fine, svelando ai ricercatori buona parte dei geni che il batterio sfrutta per sopravvivere nel suo ambiente. Il prossimo passo sarà quello di studiare altri organismi sconosciuti, ma che promettono di essere molto interessanti, come quelli che abitano l’interno del nostro corpo.

Riferimenti: Nature Biotechnology (2011) doi:10.1038/nbt.1966

Via Wired.it

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