Un pugnale velenoso per i batteri

Sono piccoli, piccolissimi, ma non hanno nulla da invidiare ai denti e al veleno dei serpenti o agli artigli degli orsi. Nel corso dell’evoluzione infatti anche i batteri hanno sviluppato armi sofisticate perattaccare o difendersi. Come quella scoperta dai ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) e descritta sulle pagine di Nature: un sistema a molla, capace di sparare fuori dalla cellula (o direttamente all’interno di un’altra) molecole velenose. 

Tecnicamente, come spiegano i ricercatori, si tratta di un sistema di secrezione batterico (il VI, presente in circa un quarto di tutti i batteri con due membrane, i gram-negativi), già scoperto da alcuni scienziati ma il cui ruolo e meccanismo di funzionamento è stato chiarito, quasi per caso, solo ora, grazie allo studio di un ceppo batterico di Vibrio cholerae.  

I ricercatori del Caltech guidati da Grant Jensen stavano, infatti, studiando la duplicazione del batterio attraverso un tipo particolare di microscopio (un criomiscoscopio elettronico, in cui il campione è analizzato mentre è inglobato nel ghiaccio, e le immagini ad alta risoluzione catturate durante la sua rotazione servono a ricostruire un video in 3D del campione stesso), quando hanno osservato un’insolita struttura. Era a forma di tubo, della lunghezza pari a quella di ottanta atomi messi di fila e apparentemente sconosciuta. Quella stessa struttura però a volte appariva più piccola, altre più grande, attraversando praticamente tutto lo spessore della cellula. 

Solo dopo le opportune ricerche gli scienziati del Caltech si sono confrontati con i colleghi della Harvad Medical School, i quali hanno suggerito che quella struttura tubolare altro non fosse che un sistema di traslocazione di proteine batterico, noto come sistema di secrezione VI, che loro stavano già studiando. Per dimostrarlo, gli studiosi hanno provato a eliminare una dei componenti del sistema di secrezione, osservando come in questo caso anche la struttura a forma di tubo non si formasse. Inoltre, marcandolo con una molecola fluorescente, gli scienziati hanno poi osservato come il tubo fosse capace di assemblarsi e riassemblarsi di continuo, variando grandezza e cambiando posizione all’interno della cellula batterica. 

L’ipotesi, spiegano i ricercatori, è che questo tubo funzioni con un sistema a molla: quando si contraecarica e spara all’esterno il suo contenuto (ovvero trasloca proteine), disassemblandosi poi nei vari componenti, pronti a rimettersi insieme e a colpire su altri fronti. Un’ipotesi compatibile con le immagini delle strutture più lunghe e più piccole osservate al microscopio. E un modello, come spiegano gli scienziati, che ricorda la coda dei batteriofagi, i virus che infettano i batteri. 

“Le persone non sono sorprese che gli animali hanno dei sistemi per colpirsi l’un l’altro, i serpenti hanno il veleno, gli orsi hanno gli artigli” 
, ha spiegato Jensen: “Ma potrebbero stupirsi che una singola cellula all’interno di uno dei corpi di questi animali è circa 100 volte più grande delle cellule batteriche di cui stiamo parlando, e ancora di più sapendo che questi hanno armi così sofisticate. Questa è la meraviglia”.  

via wired.it

Credit immagine: Everett Kane/ Caltech

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