Quanto è antico l’orso polare?

600 mila inverni e almeno 6 glaciazioni. Che Ursus maritimus, cioè l’orso bianco (o polare), abbia avuto una storia così lunga lo rivela uno studio del Biodiversity and Climate Research Centre, in Germania, in copertina su Science. A far luce sulla comparsa della specie dell’orso più settentrionale del pianeta sono le analisi del Dna nucleare di un ampio campione di plantigradi, comprendente orsi bruni, neri e bianchi. La nuova datazione anticipa di ben 450 mila anni (anno più, anno meno) le stime precedenti, ricavate dal solo dna mitocondriale (mtDna). E chiarisce un mistero: se questo orso fosse comparso solo intorno ai 150mila anni fa, infatti, sarebbe stato velocista dell’evoluzione, visto che mostra adattamenti all’ambiente freddo unici, che non compaiono nelle altre specie. 

Il metodo più accurato per datare le ramificazioni di un albero evolutivo è il cosiddetto orologio molecolare. Ecco in sintesi come funziona. Si parte dal sequenziare porzioni di Dna degli esponenti in vita di due specie sorelle, delle quali si vuol determinare la data di separazione. Al setaccio, però, non viene passato l’intero materiale genetico, ma solo dei pezzettini, chiamati introni. Nelle due specie, gli introni recano sia somiglianze (le sequenze ereditate dall’antenato comune), che differenze (le mutazioni casuali). Dal conteggio di queste ultime, che si accumulano a un ritmo pressoché costante nel tempo, è possibile risalire al momento della separazione. 

Adottando questo metodo, i ricercatori tedeschi, coordinati da Frank Hailer – hanno analizzato 14 introni lungo il Dna di 45 individui appartenenti a tre specie di orsi (Ursus maritimusUrsus arctos, l’orso bruno, e Ursus americanus, l’orso nero). Le specie bianca e bruna sono risultate sorelle, poiché a differenza di quella nera si sono diramate in modo sincrono da una stessa linea evolutiva. “La comparsa dell’orso bianco – afferma Hailer – risalirebbe quindi a 600 mila anni fa, e questo dato fa notizia: l’età attribuitagli finora era notevolmente inferiore (non superiore ai 166 mila anni, ndr). 

Il gap tra le due stime, secondo il nuovo studio, sarebbe la conseguenza di metodi di studio diversi. Le ricerche precedenti, in particolare, sarebbero meno attendibili perché basate sul Dna mitocondriale (mtDna), materiale genetico extra-nucleare ereditato esclusivamente dal ramo materno, e per questa ragione carente di alcune informazioni. Usando un paragone, ricostruire la storia evolutiva a partire dal mtDna sarebbe come tentare di decifrare un libro leggendone solo alcune pagine. 

Resta poco chiaro perché l’orologio molecolare basato sul mtDna segni un’età così recente. I ricercatori ipotizzano che lo sfasamento possa avere a che fare con episodi di ibridazione (cioè incrocio) tra le due specie risalenti al Tardo Pleistocene (circa 120mila anni), dove l’mtDna degli orsi bianchi avrebbe subito una contaminazione dall’incrocio con orsi bruni arrivati dall’Alaska o dall’Irlanda. 

Ora però sappiamo che gli orsi polari hanno avuto molto più tempo di quanto finora si pensava per colonizzare e sviluppare gli adattamenti al clima artico, come il manto bianco e la pelle nera e le zampe ricoperte dal pelo.

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