Ecco il secondo neutrino tau

Più o meno, se ne riesce a vedere soltanto uno all’anno: una rarità che giustifica l’entusiasmo con cui i fisici dell’esperimento Opera hanno annunciato, nel corso di una conferenza internazionale, l’osservazione del secondo neutrino “mutato” tau, dopo quello osservato nel 2010 (vedi Galileo).

Il neutrino è una particella elementare scoperta nel 1930 da Wolfgang Pauli: ha massa molto inferiore a quella di un elettrone ed è privo di carica elettrica. In natura, sono classificati in tre “famiglie” diverse, che scientificamente sono dette “sapori”, dotati di masse differenti: neutrino muonico, elettronico e tauonico. Il fenomeno osservato dai ricercatori di Opera è quello noto come “oscillazione del neutrino”, cioè il passaggio di un neutrino da un sapore all’altro.

“L’esperimento Opera – spiegano i ricercatori della collaborazione internazionale – è stato progettato specificatamente per la rivelazione dell’oscillazione dei neutrini, un fenomeno estremamente raro e peculiare. La nostra osservazione riguarda le particelle muoniche, che si trasformano lungo il loro percorso in un diverso tipo di neutrino, i cosiddetti neutrini tau”.

Per studiare fenomeni di questo tipo, i ricercatori inviano un intenso fascio di neutrini dall’acceleratore al Cern di Ginevra verso il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn. Grazie all’estrema rarità delle loro interazioni con la materia, le particelle arrivano indisturbate a destinazione, dopo aver attraversato 730 km di roccia: qui l’apparato di rivelazione di Opera, una sorta di enorme macchina fotografica con una massa di 1250 tonnellate, registra tutto ciò che accade alle particelle, alla ricerca di fenomeni di oscillazione. L’esperimento ha iniziato a immagazzinare dati nel 2008: in quattro anni di attività, solo due tra le migliaia di interazioni si sono rivelate essere effettivamente l’evento cercato. “Questo nuovo evento – concludono i ricercatori di Opera – è un passo decisivo verso il completamento dell’obiettivo finale dell’esperimento”.

Crediti immagine: Infn

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