Ogm della Tuscia, come distruggere 30 anni di ricerca

30 anni di ricerca, buttati via nel giro di neanche un mese. È cominciata infatti ieri la distruzione del campo  ogm dell’Università della Tuscia di Viterbo, in accordo con quanto stabilito dall’ordinanza del Ministero dell’Ambiente. Così, nel giro di una giornata, già il 20 per cento dell’appezzamento (che in generale comprende olivi, ciliegi e kiwi transgenici) è stato smantellato: sradicato per sempre dagli scavatori (troppo vento per usare il diserbante, come previsto). Sopravviveranno solo dei campioni a scopo di ricerca. 

Una ricerca che finisce con la decisione del Ministero, definita “un vero successo” da Mario Capanna, presidente della Fondazione diritti genetici, che lo scorso 18 maggio ne aveva segnalato la presenza e richiesto la distruzione, visto che le autorizzazioni alla sperimentazione erano scadute da più di tre anni. “Un esempio di vero e proprio governo civico, che, sollecitando le istituzioni, ha saputo ripristinare la legalità e incentivare la ricerca”, conclude Capanna, plaudendo alla decisione dei Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura di proseguire nello smantellamento. 

“Una prospettiva terribile, che ci amareggia e ci addolora”, gli ha fatto eco Simone Maccaferri, presidente dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani: “In particolare, ci rattrista l’assoluta distanza fra il mondo della politica e quello della ricerca e della società civile, che invece si è tempestivamente mobilitata per scongiurare un vero e proprio attacco al futuro della ricerca nel nostro paese”. Ma di fatto, la petizione online lanciata per evitare che trent’anni di studi fossero cancellati così, è stata vana.  

La storia dei campi ogm della Tuscia infatti, che ospita alberi di olivociliegio kiwi transgenici, è iniziata nel lontano 1982, capitanata da Eddo Rugini, con l’intenzione di trovare varietà di piante resistenti ai patogeni, come funghi e batteri, così da contenere l’uso di pesticidi, e di sviluppare varietà di dimensioni ridotte, più adatte alle coltivazioni per alcune zone. Nel 1998 gli esperimenti erano stati autorizzati, e riuscirono a sopravvivere alla legge italiana del 2002 – che vieta la sperimentazione ogm in campo aperto – grazie alla concessione di un’estensione fino al 2008. Nel 2009, però, Rugini e colleghi si sono visti negare una seconda estensione (necessaria per dar tempo alle piante di crescere e dare risultati, come ricorda l’appello). Ma il ricercatore e l’università hanno continuato a impegnarsi affinché la ricerca potesse proseguire (e fosse evitato un inutile spreco di denaro pubblico), come riporta FreshPlaza

Fino a quando non è arrivato l’appello della Fondazione diritti genetici – che intimorita dai pericoli di contaminazione delle piante circostanti (smentiti dai ricercatori, che cercano di contenere in tutti modi il fenomeno, per esempio recidendo ogni anno i fiori di kiwi prima della schiusa e poi sterilizzandoli in autoclave) – ha scatenato il caso. Conquistando i social network, le pagine dei giornali, fino a Nature, e gli studenti, i ricercatori e i cittadini che hanno firmato l’appello per non distruggere la ricerca, più di mille ad oggi. Che non sono bastati però a impedire che iniziasse la distruzione del campo, come documenta la galleria fotografica di Giordano Masini nel suo blog. 

via wired.it

Credit immagine a Giordano Masini 

1 commento

  1. Verdi ed ambientalisti, fino a quando si occupano di salvaguardare l’ambiente, hanno ragione, ma quando intervengono in settori nei quali la loro ignoranza è crassa fanno solo guai.
    Nel settore dell’agricoltura ignorano che è la stessa natura a selezionare le piante e che la ricerca accellera questo processo, creando specie che producano maggiormente e che, soprattutto, non abbiano bisogno od un minore bisogno di pesticidi. Se volessimo annullare completamente gli OGM molta umanità non avrebbe da mangiare. Dare retta ad un Capanna che è solo un esperto nella propaganda di idee contorte è da idioti.
    Non intervengo nel settore dell’energia, nel quale le idee dei sullodati sono pericolose. Come esperto del settore energetico, nucleare e rinnovabili, nel quali ho lavorato per oltre trentacinque anni in Italia e Francia, quando sento le loro proposte rabbrividisco in quanto manifestano a più totale ignoranza di come affrontere questo settore.

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