Come predire la struttura di un cristallo

Provate a regalare un anello con incastonata la punta di una matita, invece che un diamante, e vedete se fa lo stesso effetto. Probabilmente no, eppure, a parte il modo in cui gli atomi sono assemblati nel solido, la grafite è costituita da carbonio, proprio come la pietra dura più pregiata. Magari non avevano in testa i diamanti, ma proprio partendo dal presupposto che le proprietà fisiche di un materiale dipendono dalla geometria che assumono i suoi costituenti primari, alcuni ricercatori dell’Università del Michigan hanno ideato un metodo per predire come solidificano i fluidi, e lo descrivono su Science.

In particolare gli studiosi volevano creare uno strumento utile per capire come costruire nanoparticelle o colloidi (sostanze formate da due materiali in fasi diverse) con proprietà specifiche per l’uso in fisica o in medicina, o come si assemblino Dna, proteine e virus in ambito biologico. E così hanno fatto. 

Gli scienziati, infatti, hanno dimostrato di poter predire la struttura di un materiale allo stato solido basandosi soltanto su due parametri in realtà molto semplici, seppure dai nomi complessi: il numero di coordinazione in fase fluida, ovvero il numero dei costituenti che ogni singola struttura di base ha intorno quando il materiale è allo stato liquido; e il quoziente isoperimetrico, valore che indica la fisionomia delle particelle che costituiscono il solido, cioè quanto sono diverse dalla forma di una sfera. Per farlo hanno simulato al computer il comportamento di 145 poliedri di struttura diversa, basandosi unicamente su questi criteri.

I calcoli hanno dimostrato che i materiali possono solidificare in soli quattro modi diversi: formando cristalli (strutture ordinate in cui i mattoncini sono bloccati sia nella posizione che nell’orientamento), cristalli plastici (strutture ordinate nei quali i costituenti sono fissi nelle loro posizioni ma possono ruotare su loro stessi), cristalli liquidi (senza struttura determinata nella posizione, ma con un forte ordine a livello di orientamento dei singoli mattoncini), oppure solidi completamente disordinati. Per ora il metodo non funziona a livello atomico, più dettagliato e complicato, ma solo a livello delle piccole strutture geometriche riconoscibili nel materiale.

Inoltre, al momento, seppure si riesce capire a quale sottogruppo appartengono non è possibile capire con precisione quale forma assumeranno i materiali nello stato finale. Per riprendere l’esempio del carbonio, analizzandolo gli scienziati avrebbero potuto predire che il solido finale avrebbe fatto parte della categoria dei cristalli, ma non dire se la forma finale sarebbe stata quella della grafite o del diamante. “Tuttavia, il metodo è ancora un importante strumento per predire la struttura cristallina, ovvero la geometria interna, delle sostanze che ideiamo e sintetizziamo”, hanno concluso gli autori dello studio. “Lavorando ancora sulla ricerca potremmo in futuro arrivare a predirla a livello del singolo atomo, con un dettaglio oggi ancora impossibile”.

Riferimento: Science doi: 10.1126/science.1220869 

Credit immagine: Michael Engel

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