Morfina e cocaina, nel cervello separate alla nascita

morfina e cocaina

“Reward system”, o “circuito di gratificazione”: questo il nome del meccanismo cerebrale grazie al quale gli esseri umani provano piacere. Ed è proprio alterando questo circuito che le droghe provocano le tipiche sensazioni di gratificazione che conducono alla dipendenza: uno studio pubblicato su Science dai ricercatori del Mount Sinai School of Medicine di New York ha svelato alcune nuove caratteristiche di questo meccanismo, mostrando in particolare come, a differenza di quello che si pensava finora, la morfina e la cocaina agiscano in modo opposto sul circuito di gratificazione.

Il circuito del piacere

La sostanza coinvolta nel reward system è la dopamina, detta anche “molecola del piacere”, e veicolata dai neuroni dopaminergici: la maggior parte delle droghe, come i narcotici analgesici (eroina e morfina), gli psicostimolanti (amfetamina e cocaina), la nicotina, l’alcool e i barbiturici, hanno in comune la proprietà di aumentare la concentrazione di dopamina in determinate aree cerebrali e in particolare nella cosiddetta area ventrale tegmentale. E tutto questo finora era ben noto alla comunità scientifica.

Morfina e cocaina: effetti opposti del Bdf

Nel loro lavoro, invece, i ricercatori hanno condotto diversi esperimenti sui topi, stimolando artificialmente le terminazioni dei neuroni dopaminergici per riprodurre l’effetto della morfina, scoprendo che la soppressione di una proteina, detta fattore neutrofico cerebrale o Bdnf, migliora l’abilità della morfina di eccitare i neuroni dopaminergici che attivano il circuito di gratificazione. Per la cocaina avviene esattamente l’opposto:“tacitando” il Bdnf, il reward system viene inibito.

Gli scienziati, inoltre, hanno identificato un certo numero di geni regolati dal Bdnf e associati con la dipendenza da morfina: “Le nostre scoperte”, sostiene Ja Wook Koo, coordinatore dell’équipe di ricerca, “potranno aiutare a spiegare il ruolo di questa proteina rispetto alla dipendenza e assuefazione agli oppiacei”.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1222265

Crediti immagine: Ja Wook Koo et al.

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