Correre troppo può essere pericoloso?

Potrebbe sembrare quasi paradossale, ma praticare un’attività fisica troppo intensa può nuocere alla salute del cuore, modificandone l’anatomia e determinandone un invecchiamento precoce. Cancellando così i benefici dell’esercizio fisico come strumento numero uno nella prevenzione di obesità e malattie cardiovascolari. A lanciare l’allarme, proponendo un’analisi della letteratura scientifica accumulatasi sul tema, sono due ricercatori americani – James H. O’Keefe del Sain Luke’s Health System (Kansas City) e Carl J.Lavie del John Ochsner Heart and Vascular Institute (New Orleans) – in un editoriale pubblicato sulla rivista Heart. Per gli esperti, infatti, non sempre vale la regola del “più è meglio”, e quando si parla di esercizio fisico a dettar legge dovrebbe essere qualcosa più vicino al “costante e moderato”.

Il rischio su cui i ricercatori propongono una riflessione non è tanto quello di morte durante o a seguito di una maratona, che è assai remoto (per la statistica è pari circa a 0,5-1 su 100.000 partecipanti). Ad essere rischiosi infatti sono i danni indotti da un’estrema e prolungata attività aerobica, che può addirittura cancellare i vantaggi di un regolare esercizio fisico moderato.

Per capire cosa significhi tutto questo basta pensare a come lavora il muscolo cardiaco. Un cuore a riposo infatti pompa circa 5 litri al minuto, mentre con uno strenuo esercizio aerobico la gittata cardiaca può aumentare di 5-7 volte (fino a 25-35 litri al minuto). Questo aumento di carico può essere sopportato solo per brevi periodi, fino a 30, massimo 50 minuti continuativi, precisano gli esperti. Sessioni di allenamento ad alta intensità della durata di oltre 1-2 ore possono causare un sensibile aumento del volume degli atri e del ventricolo destro, con possibili micro-lacerazioni del miocardio. Se è vero pure che nel giro di una settimana queste anomalie ritornano ai valori normali, dopo anni o decenni di esercizio eccessivo e danni ripetuti, l’intensa attività fisica può tuttavia causare chiazze di fibrosi miocardica, in particolare a carico degli atri e del ventricolo destro.

Un eccessivo esercizio a lungo termine può inoltre accelerare l’invecchiamento del cuore, aumentando il rilascio di radicali liberi, come suggerisce uno studio pubblicato su Heart. La ricerca ha preso in esame le connessioni tra l’insorgere di disturbi coronarici del cuore e la pratica costante di attività fisica intensa della durata di 30 o 60 minuti su 60 pazienti di sesso maschile. I risultati rivelano che una sessione di allenamento di 30 minuti è in grado di migliorare l’elasticità delle arterie e di produrre livelli minimi di stress ossidativo e che, al contrario, esercitarsi per un’ora aumenta lo stress ossidativo e peggiora la rigidità vascolare, in particolare negli individui di età superiore ai 50 anni.

Contro la tesi del “più è meglio” anche uno studio presentato al meeting dell’American College of Sport and Medicine, che ha evidenziato come tra i praticanti della corsa solo chi percorre da 8 a 32 km alla settimana gode di benefici nel lungo termine, con una diminuzione del 25% del rischio di morte, mentre chi allunga le distanze perde ogni vantaggio rispetto ai non corridori. Lo stesso accade a chi supera la velocità di 10-11 km all’ora o corre tutti i giorni. Questo suggerisce come sia preferibile mantenere un ritmo moderato negli allenamenti, con 5 sessioni di esercizio a settimana di durata compresa tra i 30 e i 50 minuti al dì, come scrivono gli autori su Hearth.

In ultimo, ricordano gli esperti, c’è il caso di Micah True a far riflettere, l’americano protagonista del bestseller Born to Run che abbandonò la civiltà moderna per vivere e correre con la tribù dei Tarahumara Indios in Messico. Distanza giornaliera percorsa: dai 40 ai 160 km. A marzo del 2012, all’età di 58 anni, True morì improvvisamente durante un allenamento di 20 km. Secondo l’autopsia si trattò di un caso di cardiomiopatia di Filippide: l’insieme di alterazioni rilevate nei cuori di chi pratica attività fisica molto intensa, chiamata così in onore e in ricordo del corridore greco che nel 490 a.C affrontò una corsa di 42 km fra Maratona e Atene per annunciare la vittoria dei greci sui Persiani, e che morì distrutto dalla fatica.

“L’esercizio fisico, sebbene non sia un farmaco, possiede molti dei tratti di un potente agente farmacologico”, aveva già detto lo scorso maggio O’Keefe parlando dei potenziali rischi di un’eccessiva attività fisica: “Un’attività giornaliera può essere molto efficace per la prevenzione e il trattamento di molte malattie, come le coronopatie, l’ipertensione e l’obesità. Ma, come con tutti i farmaci, esiste un limite di sicurezza nelle dosi, oltre il quale gli effetti avversi dell’esercizio fisico possono superare i benefici”.

Riferimenti: Hearth doi:10.1136/heartjnl-2012-302886

Credits immagine: stumayhew/Flickr

1 commento

  1. Occorrono più dati. Le lesioni cardiache(fibrosi) potrebbero essere imputabili a coronaropatie o miocardiopatie precedentemente misconosciute. Alcuni atleti hanno fatto o fanno uso di droghe che , come certi allucinogeni o come la cocaina, danno danni al tessuto miocardico. Inoltre quante biospie su vivente o autopsie occorrerebbero per avere dati più numerosi e quindi anche
    statisticamente più validi per poter affermare che la corsa prolungata e intensa fa male?
    Stessa cosa per gli agenti ossidanti, per il cosiddetto stress ossidativo: molti possono essere gli agenti in causa. Basta pensare che alcuni agenti inquinanti presenti nell’aria delle nostre città sono ossidanti e non è ancora del tutto chiaro quanto partecipino a provocare danni alle pareti delle arterie
    oltre ai danni già noti ai polmoni.
    Aspetto altri numerosi documenti. Attenzione però a non dare troppi alibi al popolo dei sedentari che non vede l’ora trovare prove contro questo o quello sport. Attenzione agli allarmismi. Se poi avremo dati certi e numerosi diremo noi tutti, della sanità,di ridurre l’intensità di alcuni sport rivolgendoci però specificamente solo agli atleti. Ai pigri continueremo a dire di muoversi.
    Grazie comunque dello stimolante articolo, saluti, Stefano

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