Il premio Tomassetti per la virologia

Per una volta, l’antica ruggine tra scienziati e giornalisti, che da sempre vivono di reciproche incomprensioni, viene messa da parte. E l’occasione è quella giusta: la presentazione della sesta edizione del Premio Riccardo Tomassetti, rivolto a giornalisti sotto i 35 anni che abbiano saputo raccontare i progressi della ricerca al grande pubblico senza mai perdere la correttezza dell’informazione.

“Solo con la collaborazione dei mezzi di comunicazione possiamo far capire alle autorità sanitarie ciò che è necessario fare per migliorare l’accesso alle terapie antivirali”, spiega infatti Massimo Colombo, direttore del Dipartimento di Medicina specialistica e Trapianto di organi dell’Ospedale Maggiore di Milano. “Per offrire ai malati i medicinali più adatti e distribuire meglio i trattamenti – continua Colombo – bisogna incrementare gli investimenti. Ma questo sarà possibile solo se giornalisti e comunicatori ci aiuteranno a far passare questo messaggio: servono meno missili, e più farmaci”.

Un’alleanza, dunque, che trova la sua sede naturale nel premio giornalistico promosso dal Master SGP della Sapienza Università di Roma, e quest’anno dedicato alla virologia. Non a caso: perché è proprio su temi come i virus Hiv o Hcv che la comunicazione della scienza trova maggiori difficoltà. “Parlare di Aids non interessa quasi più. Grazie alle nuove terapie, che hanno consentito di cronicizzare una malattia mortale fino a pochi anni fa, abbiamo dato la sensazione che tutto sia ormai sotto controllo, così che l’Hiv non solo non fa più notizia, ma non fa nemmeno più paura”, commenta Giovanni Di Perri, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Torino. E anche l’epatite C ha smesso di interessare, sebbene l’Italia sia il paese europeo con il maggior numero di persone positive all’Hcv: circa il 3 per cento della popolazione è entrata in contatto con il virus, soprattutto negli anni delle trasfusioni infette tra il ’50 e i primi anni Novanta, così che nel nostro paese i portatori cronici del virus ammontano a circa 1,6 milioni, di cui 330 mila con cirrosi epatica. “Eppure ogni anno riusciamo a curare appena l’1,5 per cento della popolazione infetta”, continua Colombo. In Francia, il dato sale al 16 per cento. Sarebbe il caso, continua il clinico, di aprire il portafogli anche da noi.

Nel panorama della virologia, però, si contano anche le buone notizie: se l’allarme sociale nei confronti di malattie infettive come Aids ed epatite C è scemato, è anche merito delle nuove terapie che effettivamente rendono la vita dei pazienti meno a rischio. E la pipeline delle farmaceutiche è ricca di promesse. “Per quanto riguarda l’Hiv – spiega per esempio Daria Azuda, a capo della ricerca in virologia e malattie infettive dei laboratori Merck – stiamo lavorando a molecole nelle prime fasi di sviluppo clinico, tra le quali MK-1439, un inibitore non nucleosdico della trascrittasi inversa, e due inibitori nucleosidici in licenza, CMX 157 e EfdA. Sul fronte Hcv, invece, possiamo contare su due molecole di nuova generazione attualmente in fase 2: un inibitore della proteasi (MK-5172) e un inibitore della polimerasi virale (MK-8742)”. Molecole con un grande potenziale, e che potrebbero contribuire a risolvere uno dei problemi emergenti del trattamento dell’epatite: la gestione dei pazienti anziani.

Per partecipare al Premio Riccardo Tomassetti c’è tempo fino al 10 novembre 2013. Sul sito che gestisce l’iniziativa tutte le informazioni relative alle modalità di partecipazione.

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