Staminali e virus Hiv contro le malattie genetiche rare

Curare una malattia rara utilizzando un derivato del virus Hiv, il responsabile dell’ Aids. È la sfida dei ricercatori dell’ Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano (Hsr-Tiget): una sfida che, come raccontano gli scienziati in due lavori indipendenti pubblicati su Science, sta iniziando a dare i primi risultati positivi, dopo quasi tre anni dall’inizio degli esperimenti. I ricercatori si sono concentrati su due rare malattie genetiche dell’infanzia, la leucodistrofia metacromatica e lasindrome di Wiskott-Aldrich, somministrando ad alcuni pazienti delle cellule staminali con unaversione corretta dei loro geni difettosi e utilizzando come vettore, per l’appunto, un virus derivato dall’Hiv. Naturalmente, è ancora presto per cantare vittoria, ma l’esito positivo di questa prima fase di test lascia ben sperare per il futuro. 

Anzitutto, le malattie trattate. La leucodistrofia metacromatica, la patologia diventata tristemente nota per il caso della piccola Sofia (con annessi e connessi relativi alla vicenda Stamina-Vannoni), è un disturbo neurodegenerativo di origine genetica dovuta al deficit di un enzima, l’ Arsa, responsabile dello smaltimento di alcune sostanze tossiche, i sulfamidi. Quando i sulfamidi nel corpo sono in eccesso, tendono ad accumularsi nel sistema nervoso e a danneggiare in modo progressivo e irreversibile la mielina, il rivestimento isolante dei nervi. Questo comporta nei malati la perdita graduale delle capacità cognitive motorie: i bambini a poco a poco smettono di muoversi, di mangiare autonomamente, di parlare e di comunicare del tutto. La malattia, attualmente, colpisce una persona ogni 625mila. 

La sindrome di Wiskott-Aldrich (Was), invece, è una rara immunodeficienza infantile, anch’essa di origine genetica, che colpisce i maschi e si manifesta con eczema e infezioni ricorrenti. I pazienti affetti da questo disturno hanno un numero ridotto di piastrine, più piccole del normale, per cui tendono ad acere frequenti problemi di sanguinamento, con emorragie che possono essere anche fatali. Al momento, la Was colpisce una persona ogni milione. La causa è un difetto nel gene omonimo, responsabile per la codifica di una proteina presente nelle cellule del sangue, la Wasp. Finora, l’univa terapia risolutiva è il trapianto di midollo osseo, una procedura rischiosa e non sempre possibile a causa della difficoltà di reperimento di un donatore compatibile

Come già accennato, i ricercatori hanno inoculato nei pazienti sottoposti alla sperimentazione dellecellule staminali usando come vettore una versione dell’Hiv. Una tecnica ideata nel 1996 da Luigi Naldini (attualmente a capo dell’Hsr-Tiget), che aveva intuito come uno dei virus più temuti, opportunamente modificato, potesse essere molto efficiente per trasportare geni all’interno delle cellule. I vettori così ottenuti si dicono lentivirali e conservano al proprio interno solo il 10% della sequenza originaria di Hiv: grazie a essi è stato possibile correggere con alta efficienza le cellule staminaliematopoietiche (destinate cioè a generare tutti gli elementi del sangue) prelevate dal midollo osseo dei pazienti. Una volta introdotte nell’organismo, tali cellule si sono riprodotte e hanno prodotto una quantità sufficiente della proteina mancante (nel caso della leucodistrofia) o sostituito quelle malate (nel caso della Wes), ottenendo così un significativo effetto terapeutico

“Tre anni dopo l’inizio dei trial clinici, i risultati ottenuti dai primi pazienti sono molto incoraggianti”, ha commentato Naldini, “la terapia non è solo sicura, è efficace e cambia la storia clinica di queste severe patologie”. Gli studi hanno coinvolto un totale di 16 pazienti (10 con leucodistrofia e 6 con Wes). In particolare, gli scienziati raccontano che “i tre bambini affetti da leucodistrofia (provenienti da Libano, Usa ed Egitto) non hanno mostrato finora comparsa di franchi sintomi della malattia, a parte qualche anomalia già presente al momento del trattamento, pur avendo raggiunto un’età a cui i loro fratelli maggiori presentavano già una malattia conclamata. Tutti e tre i pazienti attualmente conducono una vita normale per la loro età e stanno sviluppando delle valide capacità motorie e cognitive”. Per quanto riguarda la Wes, invece, “i primi tre bambini trattati presso l’Hsr-Tiget hanno mostrato un pieno recupero delle recupero delle difese immunitarie, che ha permesso loro di non essere più soggetti alle gravi infezioni virali e batteriche di cui erano soliti soffrire prima del trattamento. I bambini possono normalmente stare a contatto con i loro coetanei senza problemi e il primo bambino trattato ha iniziato ad andare a scuola”. Risultati molto incoraggianti, insomma. Ora non resta che continuare la sperimentazione e attendere la conclusione di ciascuno studio clinico, prevista per il 2016, quando saranno trascorsi tre anni dal trattamento degli ultimi pazienti coinvolti. 

Via: Wired.it

Credits immagine: Microbe World/Flickr

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