Ecco la gocciolina quantistica

Come se non bastassero neutrini, quark e bosoni. A complicare il variopinto scenario della fisica quantistica ci si mettono, adesso, anche le quasiparticelle. Nonostante non sembri, il nome ha ben poco di ironico: definisce dei composti di particelle più piccole che, nel complesso, si comportano come un’entità unica, non interagente e dal comportamento predicibile. L’esempio più comune è quello dell’eccitone (ribadiamo: anche in questo caso non ci sono doppi sensi sul nome), l’insieme di un elettrone e di una cosiddetta lacuna, cioè un buco nella struttura energetica di un materiale semiconduttore, adatto a contenere l’elettrone stesso ma rimasto vuoto.

Gli scienziati del Jila, istituto di ricerca congiunto del National Institute of Standards and Technology e della University of Colorado Builder, raccontano su Nature di aver isolato un nuovo tipo di quasiparticella, cui hanno affibbiato il curioso nome di goccia quantistica (quantum droplet). Si tratta di un complesso microscopico di elettroni e lacune in una disposizione finora mai vista, con proprietà sia quantistiche (livelli di energia separati e ordinati) che caratteristiche dei liquidi (può formare una sorta di increspature). La quasiparticella, inoltre, ha vita brevissima, poco più di 25 picosecondi (bilionesimi di secondo).

“Le gocce elettroni-lacune erano già note nei semiconduttori”, spiega Steven Cundiff, fisico del Jila. “Ma quelle che si conoscevano finora contengono milioni di coppie. La quasi particella che abbiamo isolato ne ha appena cinque”. Per creare la goccia, l’équipe ha eccitato un semiconduttore all’arseniuro di gallio usando un laser rosso ultraveloce in grado di emettere circa 100 milioni di impulsi al secondo. Gli impulsi creano inizialmente eccitoni, che aumentano sempre più al crescere dell’intensità della luce. Oltre una certa densità, le lacune iniziano a riempirsi velocemente: le coppie rimaste costituiscono le sfuggenti goccioline neutre, tenute insieme dalla pressione del plasma circostante.

Le applicazioni pratiche della scoperta, naturalmente, non sono così immediate. “Penso che nessuno costruirà dispositivi a goccioline quantistiche”, scherza Cundiff. “Ma studiando queste quasiparticelle capiremo meglio l’interazione degli elettroni con la luce, il che potrà contribuire allo sviluppo di nuovi dispositivi optoelettronici”. O sarà il caso di pensare a un ombrello quantistico?

Via: Wired.it

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12994

Credits immagine: Baxley/JILA

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