Agcom, ecco cosa c’è nel nuovo regolamento

Dopo aver avuto l’approvazione di Michael Barnier, commissario dell’Unione Europea responsabile per il mercato unico – che qualche tempo fa aveva parlato di norme “conformi al quadro legislativo europeo”, sebbene restassero “domande e dettagli da verificare”, il regolamento per il diritto d’autore su internet stilato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom, qui il testo completo) è ufficialmente entrato in vigore oggi, il 31 marzo. Le disposizioni contenute nel testo, come vi avevamo raccontato, hanno scatenato durissime polemiche durate diversi mesi. Perché il provvedimento contiene una serie punti controversi ancora non completamente chiariti, soprattutto in merito alle definizioni di “opera digitale” e “gestori” e a tempi e modalità per la rimozione dei contenuti illegali. Inoltre, l’entrata in vigore della nuova normativa configura una situazione giuridica piuttosto bizzarra: un organismo dello Stato (l’Agcom) regolamenta in via amministrativa illeciti già previsti dai codici penale e civile, scavalcando di fatto la magistratura ordinaria.

Nelle intenzioni dei legislatori, il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica” dovrebbe proteggere i detentori del copyright e promuovere “lo sviluppo dell’offerta legale di opere digitali e la corretta fruizione delle stesse”. Cosa si intende, esattamente, per “opera digitale”? Al Capo I del testo si legge che un’opera digitale è “un’opera [sic] o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d’autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica”. Una definizione che non tiene conto, per esempio, della differenza tra contenuti fruibili gratuitamente o a pagamento. E dentro la quale, scritta così, vanno a finire praticamente tutti i contenuti della rete.

Se il detentore dei diritti d’autore sull’opera – qualunque essa sia – pensa ci sia stata una violazione, potrà (ma non sarà obbligato a) ricorrere anzitutto alla cosiddetta procedura di notice and take down, cioè la segnalazione dell’illecito al fornitore di servizi internet (Facebook e YouTube, per esempio, hanno appositi strumenti per farlo, qui e qui). Dopodiché, avrà possibilità di segnalarla all’Agcom tramite un modello disponibile su un apposito portale (ddaonline.it, ancora irraggiungibile). Un po’ poco, secondo Guido Scorza, avvocato e presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione: “Chi si aspettava che la piattaforma tecnologica tanto attesa […] e il procedimento di attuazione valessero a garantire una applicazione del regolamento capace di fugare i tanti dubbi e perplessità sollevati all’indomani del provvedimento è rimasto deluso”, ha scritto sul suo blog sul Fatto Quotidiano. “Il procedimento presentato dal commissario Posteraro come il primo – o uno dei primi – ‘fully digital’ della storia dell’amministrazione italiana, in realtà, si esaurisce in un sistema di compilazione online di un modulo in formato .pdf da trasmettere poi via posta elettronica certificata”.

Cosa succede dopo la notifica della violazione all’Agcom? A questo punto, l’agenzia “comunica l’avvio del procedimento ai servizi all’uopo individuati, nonché, ove rintracciabili, all’uploader e ai gestori della pagina e del sito internet”, che potenzialmente possono comprendere anche i gestori di una pagina Facebook. La nuova normativa introduce anche, per la prima volta, una differenza tra gestori di siti e di pagine.I primi sono coloro che “sulla rete internet curano la gestione di uno spazio su cui sono presenti opere digitali o parti esse ovvero collegamenti ipertestuali (link o torrent) alle stesse, anche caricati da terzi”; i secondi, invece, sono quelli che, “nell’ambito di una pagina internet, curano la gestione di uno spazio su cui sono presenti opere digitali”. Una precisazione che rimarca la diversa responsabilità ascrivibile alle due figure.

Si aprono poi due strade: i gestori possono procedere all’“adeguamento spontaneo” dei contenuti oppure rispondere alla notifica, il tutto entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione (in questo caso la procedura viene sospesa). Se questo non accade, l’Agcom si rivolge ai gestori di servizi di hosting e agli internet service provider – indicati come“prestatori di servizi” nel testo – e richiede la rimozione selettiva del contenuto se il portale si trova in Italia. In caso di violazioni di “carattere massivo”, l’agenzia può anche richiedere la disabilitazione completa dell’accesso, provvedimento invece previsto sempre per portali con sede all’estero. Il tutto entro trentacinque giorni dalla ricezione dell’istanza originaria. La legislazione prevede inoltre un procedimento abbreviato a dodici giorni per casi speciali che “configurino un’ipotesi di grave lesione dei diritti di sfruttamento economico di un’opera digitale” o “un’ipotesi di violazione di carattere massivo”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Solo/Flickr

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