Ecco il primo dizionario umano-scimpanzé

In una foresta dell’Uganda uno scimpanzé mostra al suo piccolo la pianta del piede: lo sta invitando a salire sulla sua schiena. Un altro porta alla bocca una foglia e la spezzetta con i denti davanti a un suo simile, segno esplicito che lo sta corteggiando. Come sappiamo cosa significano i gesti utilizzati dai nostri cugini più prossimi? Merito di un gruppo di ricercatori dell’Università scozzese di St. Andrews, che dopo aver osservato e filmato per settimane una comunità di scimpanzé africani, è riuscito a tradurre la loro particolare forma di linguaggio non verbale. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology e si basano sul’ analisi di circa 5000 episodi di comunicazione.

Nello studio, i ricercatori hanno decodificato 66 gesti ricorrenti, un vero e proprio dizionario lessicale con cui gli scimpanzé potrebbero veicolare 19 differenti significati. Alcune di queste espressioni sembrano inequivocabili, mentre per altre rimane una certa ambiguità interpretativa, perché possono avere più di un significato.

Da precedenti studi sui primati era emerso che questi animali possono comprendere le informazioni contenute in un segnale (ad esempio un grido d’allarme) emesso da un conspecifico, ma nessuna specie fino ad oggi aveva dimostrato di poter utilizzare vocalizzazioni o gesti intenzionalmente per comunicare uno specifico messaggio.

Gli scimpanzé invece utilizzerebbero i gesti per comunicare volontariamente tra loro, una caratteristica – ha spiegato alla Bbc Catherine Hobaiter, la ricercatrice che ha guidato lo studio – che finora si riteneva esclusiva del linguaggio umano. Proprio nell’espressione di un’intenzionalità risiederebbe dunque la differenza tra semplici richiami vocali degli animali e il più complesso lessico gestuale osservato nei nostri cugini primati. Una scoperta che dimostrerebbe che non siamo gli unici a comunicare esprimendo autentici significati linguistici, e che dunque questa capacità non è una prerogativa della nostra specie. Secondo i ricercatori, i nostri parenti più prossimi con le loro manifestazioni comunicative potrebbero offrirci una finestra sul passato della nostra storia evolutiva, che potrebbe risultare fondamentale per studiare l’origine del linguaggio umano.

Riferimenti: Current Biology DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2014.05.066

Credits immagine: Afrika Force/Flickr

Questo articolo è stato prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, Università di Ferrara


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