Il sapore è nel cervello

Dopo aver sentito parlare Gordon Shepherd viene subito fame. Chef stellato o critico gastronomico? No, neuroscienziato di fama mondiale. Professore del dipartimento di Neurobiologia di Yale, a Shepherd si devono importanti contributi nel campo delle neuroscienze, dalla neuroinformatica alla comprensione dei meccanismi sinaptici. Ma a lui si deve anche l’invenzione del termine neurogastronomia, il complesso di meccanismi che permettono al cervello di creare i sapori. Sì perché, secondo il neuroscienziato, ”i sapori non sono nel cibo, ma vengono creati dal nostro cervello”. Come spiega nel suo libro ‘Neurogastronomy: How Brain Creates Flavor and Why It Matters”, la percezione del gusto è un processo complicato che coinvolge non solo i cinque sensi, ma anche memoria, emozioni e ricordi.

”Per capire cos’è la neurogastronomia basta pensare a una tazza di caffè. Il sapore di questa bevanda dipende fortemente dal suo profumo, dalla temperatura, dal colore e dalla densità. Tutti i sensi lavorano insieme per dare la giusta sensazione del gusto”, ci ha spiegato quando l’abbiamo incontrato durante il 9° FENS Forum di Milano in corso fino al 9 luglio. “Ma i sapori sono creati per la maggior parte dal nostro sistema olfattivo”. Shepherd ha dedicato gli ultimi anni della sua brillante carriera accademica alla comprensione proprio di questo processo, ancora per molti versi misterioso. Le ricerche in questo campo nascono dall’idea di correlare ciò che viene definita la biomeccanica della bocca e del sistema respiratorio con l’attività del cervello. Perché per comprendere come mai una pietanza abbia un sapore piuttosto che un altro occorre per prima cosa capire i meccanismi che legano i sapori agli odori.

Come funziona perciò il nostro sistema olfattivo? Come il cervello crea quelle che possiamo definire rappresentazioni delle molecole dell’odore? Il neuroscienziato statunitense ce lo spiega partendo dall’inizio. ”Ci sono due sistemi olfattivi: l’olfatto ortonasale e l’olfatto retronasale. Il primo si attiva quando respiriamo, il secondo quando respiriamo con il cibo in bocca. Le molecole degli odori sono portatrici di informazione e stimolano i recettori olfattivi nella cavità nasale, i quali trasmettono l’informazione al cervello. Le molecole vengono così tradotte in ‘immagini dell’odore’”. Se però il nostro cervello “legge’’ gli odori come immagini, noi non li percepiamo come tali. Questa complicazione, insieme alla sua natura inconscia, rendono questo processo particolarmente difficile da comprendere.

Come spiega il ricercatore, riprendendo quanto affermato in un articolo pubblicato su Nature nel 2006, le immagini dell’odore risultanti nel bulbo olfattivo vengono processate nella corteccia olfattiva e inoltrate da essa nella corteccia orbitofrontale, un’area del lobo prefrontale. Questo ingresso diretto ai più alti centri cognitivi del cervello è una proprietà speciale dell’odore, che è fondamentale per l’esperienza del sapore. La stimolazione retronasale si verifica durante l’ingestione di cibo, quando le molecole volatili rilasciate in bocca vengono pompate, dai movimenti effettuati durante la masticazione, nella parte posteriore della cavità orale attraverso la rinofaringe all’epitelio olfattivo. L’olfatto ortonasale non contribuisce a questa sensazione. Per questo motivo, per il fatto che il sapore è percepito quando il cibo si trova all’interno della cavità orale, i sapori vengono associati esclusivamente alla bocca. In realtà però il sapore viene percepito solo quando espiriamo.

”Non molti sanno che anche la visione del cibo provoca l’attivarsi della corteccia celebrale olfattiva” continua il neuroscienziato. ”Già solo quando pensiamo al cibo iniziano meccanismi che contribuiscono alla creazione della sensazione del sapore. Allo stesso modo, si rilevano effetti anche dopo la digestione. È quindi difficile identificare una parte specifica del cervello responsabile di ciò che definiamo sapore”. Difficile è tutta la ricerca in questo campo, nonostante i successi ottenuti da Shepherd e da altri importanti ricercatori negli ultimi anni. “Le molecole dell’odore riescono ad alterare i recettori e cambiare la loro attività. Come ci riescano è la parte misteriosa”.

Svelare anche questa parte del processo della formazione del gusto potrebbe risultare utile per salvaguardare la salute pubblica. ”La cattiva alimentazione sta causando una crisi in molti dei paesi occidentali”, sottolinea il neuroscienziato. “La conoscenza dell’importanza dell’olfatto nella percezione del sapore potrebbe contribuire a migliorare la salute e prevenire le malattie croniche come l’obesità e il diabete. Il problema è serio poiché, come mostrano recenti ricerche, i processi celebrali delle persone dipendenti da droghe sono i medesimi di quelle dipendenti da cibo”.

In questo scenario, Shepherd lancia all’Italia una sfida. ”L’Italia deve essere tra le pioniere in questo tipo di ricerche per rispetto alla sua tradizione culinaria. Comprendere questi processi sta diventando un’incalzante necessità soprattutto per quelle classi meno agiate che non possono permettersi un’alimentazione equilibrata. Ne abbiamo bisogno per una società più sana”.

Credits immagine: Infomastern/Flickr

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