Hiv, ecco come è cominciato tutto

Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, anni venti del secolo scorso. Qualcuno – il vero paziente zero – contrae il virus dell’immunodeficienza umana, ceppo 1, gruppo M (oggi noto come Hiv-1M), forse a causa del contatto con la carne di una scimmia infetta durante una battuta di caccia. È così, secondo un’équipe di scienziati della Oxford University e della University of Leuven, che ha avuto inizio la pandemia di Hiv. Un singolo evento e una concatenazione di fattori – una tempesta perfetta, come l’hanno definita i ricercatori su Science – che negli anni a venire avrebbe provocato il contagio di quasi 75 milioni di persone in tutto il mondo. Le analisi genetiche degli scienziati dimostrerebbero, in particolare, che l’antenato comune del gruppo M sarebbe emerso a Kinshasa tra il 1909 e il 1930.

La comunità scientifica sapeva già che il virus si è trasmesso da scimmie e primati a esseri umani almeno 13 volte, ma solo uno di questi eventi ha effettivamente portato all’insorgere di una pandemia umana. “Finora”, commenta Oliver Pybus, del Dipartimento di Zoologia di Oxford, “la maggior parte degli studi ha adottato un approccio frammentario alla storia genetica dell’Hiv, cercando particolari genomi in particolari posizioni. Noi, per la prima volta, abbiamo messo insieme tutte le prove disponibili usando le più moderne tecniche filogenetiche, che consentono di stimare statisticamente la provenienza di un virus. Questo ci ha permesso di stabilire con un alto grado di sicurezza dove e quando si è originata la pandemia di Hiv. Sembra che una combinazione di fattori a Kinshasa all’inizio del secolo scorso abbia creato una tempesta perfetta per l’inizio dell’Hiv, portando a un’epidemia generalizzata che si è espansa con slancio inarrestabile in tutta l’Africa subsahariana”.

Parte della colpa sarebbe anche di noi europei. Secondo gli scienziati, un fattore cruciale per la diffusione del virus è rappresentato dalle linee ferroviarie costruite dai colonialisti belgi negli anni trenta: “I dati degli archivi coloniali”, spiega Nuno Faria, coautore del lavoro assieme a Pybus, “ci dicono che prima della fine degli anni quaranta più di un milione di persone viaggiava sulle ferrovie nei dintorni di Kinshasa ogni anno. Le informazioni genetiche che abbiamo raccolto ci dicono che l’Hiv si è diffuso molto rapidamente nella Repubblica Democratica del Congo, una nazione della dimensione di tutta l’Europa occidentale, spostandosi sulle linee ferroviarie ed acquatiche. Il virus ha raggiunto Mbuji-Mayi e Lumumbashi e Ksangani (località a sud e nord di Kinshasa) tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni cinquanta. Dopodiché si sono stabiliti focolai nelle nazioni africane meridionali e orientali”.

Un’altra nuvola della tempesta perfetta è rappresentata, quasi paradossalmente, da alcune iniziative di salute pubblica intraprese in quegli anni, che avrebbero portato all’uso diffuso di aghi non monouso e non sterilizzati. Secondo l’équipe, comunque, sono necessari studi più approfonditi per comprendere il ruolo dei diversi fattori sociali nell’origine e diffusione della pandemia.

Credits immagine: NIAID/Flickr
Via: Wired.it

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