Più allergie per colpa del riscaldamento globale

Ghiacciai che si sciolgono, tsunami, eruzioni vulcaniche, desertificazione. Quando parliamo del cambiamento climatico in atto sul nostro pianeta, pensiamo solo a cataclismi degni di colossal, eppure le conseguenze meno apocalittiche, ma non per questo trascurabili, sono tante. Un esempio, come spiegato in uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, sono le allergie al polline.

Ogni anno con l’avvicinarsi dell’estate, le persone allergiche al polline vivono un vero e proprio inferno (occhi che prudono, raffreddore, starnuti e problemi respiratori), consci però che si tratta di una situazione da sopportare per mezza stagione o, nei casi peggiori, per l’intera estate. In futuro però queste allergie potrebbero protrarsi anche per tutto l’autunno, perché tra surriscaldamento globale e scarsa attenzione alla salvaguardia dell’ecosistema, oggi in Europa sono presenti piante provenienti da tutto il mondo. In alcuni casi queste specie, aliene all’ecosistema, diventano infestanti perché trovano le caratteristiche ottimali per diffondersi indisturbate – un po’ come l’introduzione del rospo delle canne in Australia che, in pochi decenni, è diventato una vera e propria piaga.

Una di queste piante è l’ambrosia (ambrosia artemisiifolia), originaria del Nord America ma diffusissima nel nostro continente, capace di generare fino a un miliardo di semi per stagione. Il suo polline può viaggiare per centinaia di chilometri ed è abbastanza resistente per sopravvivere a un inverno mite. Lynda Hamaoui-Laguel e Robert Vautard, del Laboratoire des sciences du climat et l’environnement di Gif sur Yvette in Francia hanno osservato che le condizioni attuali di surriscaldamento globale, così come le condizioni del suolo, potrebbero permettere all’ambrosia nel prossimo futuro una diffusione impossibile da controllare.

Secondo gli scienziati, “una volta inserita (nell’ecosistema ndr), l’ambrosia è difficile da eliminare a causa dei suoi semi resistenti, della sua capacità di rigermogliare se tagliata, e della sua propensione a sviluppare resistenza agli erbicidi”. La simulazione al computer realizzata nello studio mostra come, senza tenere conto del surriscaldamento globale, entro il 2050 nel centro-nord dell’Europa (compreso il nord Italia) la concentrazione di polline di ambrosia sarà superiore a quella attuale di circa quattro volte. Concentrazione che arriverà a essere dodici volte superiore all’attuale, in caso di cambiamenti climatici favorevoli, in quelle zone (soprattutto nel sud dell’Inghilterra e nel nord della Francia) dove oggi l’ambrosia è una pianta poco presente.

“I nostri risultati indicano che controllare l’invasione europea dell’ambrosia sarà sempre più difficile in caso di cambiamenti climatici favorevoli alla sua crescita”, sottolineano gli scienziati, ricordando l’importanza della messa in atto dei programmi di eradicazione della pianta. Esistono infatti molte tecniche per il controllo della diffusione dell’ambrosia, che vanno dalla lotta chimica (più efficace ma meno selettiva e quindi più contestata) fino alla falciatura periodica dei terreni infestati (meno efficace), tutte tecniche che però sono soggette a scelte regionali, limitando così un “fronte comune” contro la diffusione della pianta.

Riferimenti: Nature Climate Change doi:10.1038/nclimate2652
Credits immagine: desertdutchman via Compfight cc

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