Grazie ai batteri l’acqua diventa potabile

Eliminare i batteri usando altri batteri: è questa l’idea alla base di un nuovo filtro per ottenere acqua potabile progettato nel laboratorio di Water Quality dell’Università del Michigan e prodotto da Amway. Il nuovo dispositivo è stato presentato sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene.

Il sistema è composto da un filtro di carbonio combinato con una schiuma sintetica su cui si sviluppa un biofilm stabile e autorigenerante di batteri non pericolosi. La maggior parte dei patogeni –enterobatteri e protozoi soprattutto- viene trattenuto dalla doppia barriera e l’acqua filtrata soddisfa i requisiti di purezza microbiologica dell’Epa (Environmental Protection Agency) come i metodi più efficienti.

Dopo risultati incoraggianti in laboratorio è prevista una fase di test in Ghana per verificare l’applicabilità del filtro con biofilm sul campo. Secondo le stime più recenti, un nono della popolazione mondiale (750 milioni) non ha accesso continuo all’acqua potabile e di questi il 70% risiede in aree rurali dell’Africa sub sahariana e sud-est asiatico.

A questo proposito, il rapporto 2015 dell’Onu “Acqua per un Mondo Sostenibile” sarà presentato tra pochi giorni ad un convegno nel contesto di Aque Venezie 2015 (padiglione satellite di Expo Milano) interamente dedicato alla relazione tra uomo e acqua.

Il “biofiltro” potrebbe rappresentare (come il filtro ottenuto dal legno sviluppato dall’Mit l’anno scorso) una soluzione naturale alla mancanza di acqua potabile: economico, ecologico e semplice da applicare. Non è infatti solo l’efficienza il fattore da considerare quando si parla di potabilizzazione ma anche e soprattutto la reale applicabilità: il costo, la durata e la facilità di trasporto, installazione e manutenzione. In una parola, la tecnologia da sola non basta se non è sostenibile.

Riferimenti: American Journal of Tropical Medicine and Hygiene doi: 10.4269/ajtmh.14-0001

Credits immagine: via Pixabay

Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

 

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