Sperimentazione animale e metodi alternativi: a che punto siamo?

È possibile immaginare un futuro in cui la ricerca potrà fare completamente a meno della sperimentazione animale e servirsi soltanto di metodi alternativi? È un tema assai delicato e appena tornato all’onore delle cronache: solo pochi giorni fa, infatti, sono state presentate diverse mozioni in Senato che riguardano, per l’appunto, i temi della sperimentazione animale, del benessere degli animali da laboratorio e dell’utilizzo di metodi alternativi. In particolare, ha fatto discutere la mozione 239, a prima firma Paola Taverna (M5S), in merito alla promozione delle “metodologie alternative alla sperimentazione animale con la finalità di abbandonare progressivamente l’uso degli animali a fini scientifici”. Non si tratta di una legge: una mozione parlamentare, infatti, è l’insieme di direttive non vincolanti per il governo in merito alle questioni oggetto della mozione stessa. In altre parole, si tratta di un parere che l’esecutivo è libero di non seguire, assumendosi la responsabilità politica della propria decisione.

Nello specifico, la mozione 239 non è stata approvata in forma integrale, ma ne sono state richieste modifiche e soppressioni, richiamando la Direttiva Europea 2010/63 “sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici“, che regola l’utilizzo di animali nella sperimentazione biomedica e che è stata recepita in modo restrittivo dal governo rispetto al testo originale, già di suo molto stringente. Per capire cosa siano i metodi alternativi cui fa cenno Paola Taverna, abbiamo chiesto delucidazioni direttamente a chi li pratica e sviluppa. Abbiamo intervistato Marco Nobile e Raffaele Nicastro, post-doc dell’Università Bicocca di Milano e coinvolti in un progetto di ricerca sul cancro presso il Laboratorio di Metabolomica Sysbio: scienziato computazionale il primo, biotecnologo il secondo.

Qual è il vostro campo di ricerca?
Nicastro: In sostanza, studiamo le proprietà emergenti di sistemi complessi come gli organismi viventi. Un sistema biologico è l’esempio perfetto di un insieme che è più della somma delle singole parti. La biologia di sistemi si prefigge, in sostanza, di integrare una gran mole di dati biologici per ricostruire in modelli matematici l’immenso numero di connessioni, cambiamenti, funzioni che avvengono all’interno di una cellula, di un tessuto o addirittura di un organismo pluricellulare.

Come giudicate le mozioni definite “salva-animali” approvate in Senato nei giorni scorsi?
Nicastro: Le mozioni recentemente approvate in Senato si potrebbero risolvere, nella migliore delle ipotesi, in uno spreco di denaro pubblico (istituzione di un garante per i diritti degli animali, corsi di formazione riguardo metodologie alternative). Il mondo della politica non è solo distante da quello della scienza e della ricerca, la sensazione è quella di un progressivo ulteriore allontanamento. Il caso delle modifiche alla direttiva europea sulla sperimentazione animale è l’esempio più lampante, poiché si tratta di modifiche molto restrittive ad una direttiva già considerata a livello mondiale la normativa più severa in materia.

Quando si parla di metodi alternativi, nel linguaggio comune ci si riferisce a colture cellulari, simulazioni al computer, “metodi di rilevanza umana”, “human on a chip”. Si tratta di metodi realmente alternativi? E qual è la corretta definizione?
Nobile: Il discorso è molto ampio. Quello che si può dire con certezza è che in questo momento non esistono alternative. Chiunque affermi il contrario sta mentendo o non ha idea di cosa sta parlando, semplicemente. A tutti, per primi i ricercatori biomedici, farebbe piacere non dover fare ricorso ad animali per i test di laboratorio, ma non c’è nessuna tecnologia in grado di sostituire questo passaggio. L’unica alternativa, se interrompiamo i test su animali, è passare direttamente ai trial clinici, con le ovvie conseguenze dovute alla mancanza di un “filtro” preliminare di tossicità. Nel contempo, però, c’è una forte ricerca relativa ai metodi “complementari”, ovvero che non rimpiazzino la sperimentazione animale ma che ne limitino il ricorso laddove sia possibile e nei limiti dell’applicabilità. Tutti i metodi citati cadono in questo contesto, alcuni sono già utilizzati e prenderanno sempre più piede con il progredire della tecnologia. Dal punto di vista computazionale sono stati sviluppati diversi metodi di simulazione che lavorano a diverse granularità. I metodi di dinamica molecolare simulano le interazioni tra gli atomi di due molecole; le tecniche di modellazione e simulazione di reti di interazione biochimica consentono di prevedere la variazione delle quantità delle molecole nel corso del tempo; è possibile anche studiare come un insieme di cellule si organizzi nello spazio. Tutte queste tecniche hanno due cose in comune: sono computazionalmente molto onerose e prevedono delle assunzioni/semplificazioni che le rendono applicabili solo a contesti molto specifici. Ciononostante, sono utilissime per la ricerca, perché consentono di ricavare informazioni che le metodologie tradizionali di laboratorio non riescono ad acquisire, o lo fanno solo con grandi costi (di tempo e denaro). Tuttavia siamo ancora molto lontani dalla possibilità di simulare computazionalmente, in maniera realistica, un’intera cellula.

È possibile sviluppare metodi alternativi indipendentemente dai risultati della sperimentazione animale, o è necessario rifarsi a questa? Nello specifico della ricerca di base, quali metodi alternativi vengono applicati e con quale efficacia?
Nobile: In ogni caso, la calibrazione e validazione di qualsiasi modello computazionale richiede dati sperimentali, anche con l’ausilio della sperimentazione animale. Nessuno si fiderebbe di un modello o metodo di simulazione se non dimostrasse la capacità di replicare le osservazioni sperimentali.
Nicastro: I cosiddetti metodi alternativi necessitano e necessiteranno di essere validati nella loro funzione predittiva delle risposte di un organismo intero. Nella ricerca di base la parte del leone la fanno sicuramente le colture cellulari, recentemente sbandierate come metodi alternativi ma che sono in realtà usate da decenni per lo studio di biochimica e biologia molecolare delle cellule. Le conoscenze così ottenute sono state enormi e sono sicuramente il carburante necessario per raggiungere obiettivi futuri, ad esempio nella biologia dei sistemi, ma ad oggi non costituiscono sicuramente alternative all’uso di animali nella sperimentazione preclinica.

I metodi alternativi non richiedono in nessuna misura l’uso di animali? Per fare un esempio, nelle colture cellulari si usa spesso il siero bovino per il terreno, ma anche utilizzando terreni senza siero si rendono necessari fattori di crescita a volte prelevati da animali.
Nicastro: miglioramenti in tal senso sono sicuramente avvenuti, in particolare con la sostituzione, quando possibile, del siero bovino e dei fattori di crescita con derivati sintetici. Non ci si dimentichi però che la ricerca richiede l’utilizzo di derivati animali anche per scopi non direttamente collegati alla coltura delle cellule. É questo il caso ad esempio di proteine di origine animale utilizzate come standard o come enzimi in molti esperimenti necessari per indagare fenomeni di biochimica cellulare.

Pensate sarà possibile sviluppare metodi alternativi per studi di teratogenicità (l’interazione dei farmaci con la gravidanza, ndr) e/o per farmaci veterinari che non prevedano l’utilizzo dell’animale nelle sue fasi?
Nicastro: Il punto di vista computazionale è privilegiato perché ci consente di astrarre: la teratogenicità di una sostanza può essere investigata con le stesse tecniche di simulazione descritte prima. Tuttavia, nel momento in cui scegliamo il livello di granularità con cui vogliamo studiare questo sistema, rischiamo di trascurare i processi su un’altra scala, e di arrivare a conclusioni errate. Per fare un esempio, se creiamo un modello a livello molecolare dell’azione di un farmaco durante la gravidanza, difficilmente riusciamo anche a simulare l’embrione in formazione.
Nobile: Si tratta sicuramente del problema più spinoso nella sostituzione della sperimentazione animale, considerando i tristi eventi del passato. Non è pensabile nel prossimo futuro un’alternativa ai test di teratogenicità su animale. Le interazioni fra madre e feto saranno sicuramente un elemento di incredibile complicazione, ad esempio, nello sviluppo di simulazioni al computer atte a testare l’effetto di un trattamento. I farmaci veterinari richiederanno sempre la sperimentazione clinica su animale, così come i farmaci destinati all’utilizzo umano necessitano di una fase di sperimentazione clinica su umani.

Quali costi si devono affrontare nello sviluppo ed utilizzo di metodi alternativi? Questi sono più o meno costosi rispetto alla sperimentazione animale odierna?
Nobile: Per le ragioni espresse prima, mi limito a considerare la simulazione come metodo complementare alla sperimentazione animale. In linea di principio basta un computer. Dunque, se si esclude la formazione del personale dalle voci di costo, si parla di poche migliaia di euro. Tuttavia, certi tipi di analisi e modelli di una certa grandezza impongono l’uso di infrastrutture di supercalcolo che possono avere costi maggiori. Per chi voglia dotarsi di un’infrastruttura propria, questi costi sono legati all’acquisto, installazione e mantenimento (energetico e sistemistico) di questi macchinari molto complessi, creati “aggregando” centinaia o migliaia di nodi di calcolo.
Nicastro: Lo sviluppo di metodi alternativi è sicuramente oneroso e, per esempio, nel campo della Systems Biology, richiede il cospicuo finanziamento di generazioni di ricercatori. L’idea è però che, una volta sviluppati, questi metodi siano incredibilmente meno costosi della SA non solo in termini di vite animali ma anche in termini economici (si paragoni il costo di simulazioni al computer, che non è “usa e getta”, con quello di mantenimento di migliaia di animali). Per tali motivi è sicuramente un paradosso quello sostenuto da chi dice che tali metodi siano già belli e pronti e non siano utilizzati perché troppo onerosi per gli istituti di ricerca e l’industria farmaceutica.

Ad oggi, cosa può arrivare a simulare un modello computazionale in silico? A quale livello di complessità si può giungere?
Nobile:Il discorso può essere ipersemplificato in questi termini: più si incrementa la dimensione del sistema da studiare, più potenza di calcolo è necessaria. In alcuni contesti (ad esempio, la dinamica molecolare) è possibile sfruttare con un discreto successo architetture parallele, che scalano “bene” all’aumentare dei nodi di calcolo. Ciononostante, anche sulle macchine più potenti del pianeta (equipaggiate con decine di migliaia di GPU e coprocessori paralleli), sono necessarie diverse ore di calcolo per ricreare la dinamica temporale corrispondente a poche “frazioni” di secondo di un sistema composto da poche molecole. Discorso leggermente diverso per la simulazione biochimica: per via della natura degli algoritmi utilizzati, è molto complicato accelerare la singola simulazione mediante architetture parallele e i miglioramenti di performance ottenuti finora sono minimi. Si può, però, sfruttare queste architetture per eseguire più simulazioni in parallelo, e qui i vantaggi già oggi sono notevoli. Le analisi richiedono spesso l’esecuzione di una grande mole di simulazioni, al fine di realizzare farmaci mirati. Eseguire milioni di simulazioni in parallelo può fornire immediatamente informazioni vitali per identificare le componenti del sistema su cui bisogna intervenire, dando la possibilità di ridurre il numero di esperimenti di laboratorio ai soli test veramente efficaci. La limitazione di questo approccio sta nel fatto che è veramente difficile, per non dire impossibile, pensare a una simulazione che coinvolga tutte le reazioni che avvengono in una cellula: sono un’enormità, presentano problemi di scala temporale, di collocazione spaziale delle molecole, di mancanza di conoscenza di alcuni parametri fondamentali, e via elencando. Per questa ragione, la ricerca sui metodi complementari avviene anche a livello algoritmico, cercando di studiare nuovi metodi in grado di alleggerire la complessità computazionale, senza per questo sacrificare l’attendibilità delle simulazioni.

Pensate che in futuro possa esistere una sperimentazione unicamente con metodi alternativi e che la sperimentazione animale possa essere abbandonata definitivamente?
Nobile: Sarà forse possibile per la ricerca di base, più difficilmente per la fase preclinica. Quando ciò sarà teoricamente possibile, la scienza dovrà affrontare un ostacolo emotivo della gente forse più grande di quello attuale. Si tratterà di convincere volontari umani a provare farmaci mai testati su organismi interi. Chissà che allora non ci saranno movimenti che accuseranno le case farmaceutiche di sperimentare solo al computer perché più economico?
Nicastro: Improbabile, ma lo speriamo tutti.

Credits immagine: quimby via Compfight cc

1 commento

  1. Sinceramente credo che sia sopratutto un problema di Religione.
    Mi si consenta di fare un’esempio.
    Immaginiamo che il Papa che, scandalizzato dai costi abissali a cui vengono venduti tanti farmaci, decida di fondare un Ordine Monastico che oltre, ovviamente, alla preghiera, si dedichi alla ricerca farmaceutica.
    E che questo Ordine, dopo averli brevettati, “sbrevetti” tutti i farmaci scoperti mettendoli gratuitamente a disposizione dell’Umanità.
    Questo darebbe grande prestigio alla Chiesa, aiuterebbe a “perdonarle” tanti dei Suoi “peccati”, e incoraggerebbe le “raccolte fondi” a suo favore.
    Qual’è l’unico ostacolo che impedisce tutto questo?
    Proprio la “sperimentazione animale dei farmaci”.
    Oggi su quasi tutte le Religioni (ISIS a parte ovviamente), aleggia uno Spirito Francescano di rispetto verso la natura e le sue forme di vita ed una Compassione Para-Buddistica per le sofferenze di ogni forma di vita.
    Conciliare tutto questo con lo “squartamento di una cavia” è un pò difficile.
    (anche perchè il solito scettico potrebbe obbiettare: “ma perchè la Divinità , di cui dite di essere rappresentanti in Terra, non vi evita tante inutili sofferenze a delle cavie innocenti dandovi subito la risposta giusta?”).
    In effetti la “sperimentazione animale” funziona come un chiavistello che tiene fuori il potere Religioso dalla ricerca medica.
    E questo fa si che vi sia poca voglia da parte dei “poteri forti laici” di sviluppare metodi alternativi all’uso delle cavie.
    A questo punto credo che l’unica soluzione per la Chiesa sia di fondare un ordine monastico cha abbia come scopo quello di sviluppare prima di ogni cosa, i metodi alternativi di sperimentazione dei Farmaci.
    Con le “potenti risorse delle Chiesa” potrebbe volerci poco tempo.

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