Sla: un nuovo potenziale bersaglio farmacologico

Aumentare i livelli di una proteina per proteggere le cellule dalla morte e migliorare (così si spera) il decorso di patologie come la Sla (sia nelle forme sporadiche che famigliari) che la demenza frontotemporale. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori della University of Michigan e del Gladstone Institutes, che hanno identificato una proteina, la hUPF1, come un nuovo possibile bersaglio farmacologico nella lotta alle malattie neurodegenerative.

La sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa invalidante che, causa la perdita dei motoneuroni nel cervello e nel midollo spinale, portando il malato alla paralisi e alla morte. Una tra le caratteristiche distintive di questa patologia è l’accumulo della proteina TDP43, che se in eccesso, diventa tossica per le cellule. In questo studio, pubblicato su Pnas, gli esperti hanno identificato un’altra proteina, la hUPF1, che ha il compito di mantenere la TDP43 sotto controllo, evitando così la morte cellulare.

“TDP43 è una proteina ‘Goldilocks‘: troppa, o troppo poca può causare danni cellulari”, spiega Sami Barmada della University of Michigan Medical School, tra gli autori del paper: “Oltre il 90% dei casi presenta la patologia collegata ai livelli di TDP43, motivo per cui sarebbe vitale riuscire a mantenerla ai giusti livelli”.

Studi precedenti avevano già evidenziato la presenza di hUPF1 come un potenziale bersaglio terapeutico per la Sla, ma non era stato ancora chiarito come questa proteina ha impedisse la morte delle cellule. Per capirlo gli esperti hanno utilizzato un modello cellulare di Sla, testando così le capacità di protezione dalla neurodegenerazione della proteina: i livelli crescenti di hUPF1 hanno portato alla sopravvivenza dei neuroni del 50-60%.

Lo studio ha evidenziato come la proteina agisca attraverso un sistema di sorveglianza cellulare, chiamato nonsense mediated decay, NMD, che ha il preciso compito di mantenere i livelli di TDP43 stabili e migliorare così la sopravvivenza neuronale. L’NMD è un meccanismo che monitora l’Rna messaggero (il codice da cui vengono poi tradotte le proteine): se un pezzo risulta difettoso, viene immediatamente distrutto in modo da non continuare a produrre proteine non funzionanti, che possano danneggiare la cellula. Oltre ad avere questo compito, la ricerca ha evidenziato che l’NMD non agisce solo sull’mRna ma aiuta anche a controllare i livelli di proteine come TDP43: poiché hUPF1 è il principale regolatore di NMD, la sua alterazione ha un effetto a cascata su proteine come TDP43 e altre correlate.

“Le cellule hanno sviluppato un modo molto efficiente per mantenere l’omeostasi e proteggersi dalle proteine difettose”, spiega Steven Finkbeiner, ricercatore presso Gladstone Institues a tra i firmatari dello studio. “Questa è la prima volta che siamo stati in grado di collegare questo sistema di monitoraggio naturale alle malattie neurodegenerative. Sfruttando questo sistema, si potrebbero sviluppare strategie terapeutice per malattie come la Sla e la demenza frontotemporale”.

Le ricerche future, concludono i ricercatori, saranno incentrate a sviluppare un farmaco che controlli i livelli di TDP43 e protegga i neuroni, andando direttamente a manipolare il sistema NMD e la proteina hUPF1.

Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1509744112

Credits immagine: Sami Barmada

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