Analizzare le facce per scovare terroristi?

faception

La fisiognomica non è morta. A più di cento anni dalla scomparsa di Cesare Lombroso, la tesi secondo cui l’abito faccia il monaco – e più precisamente che la faccia indichi la personalità – sembra viva e vegeta. Così viva che una società ne avrebbe fatto, più o meno, materia di businness.

La start-up in questione si chiama Faception, arriva da Israele e sostiene che sul volto delle persone siano presenti caratteristiche in grado di suggerire se le persone sono dei terroristi, degli abili giocatori di poker o pedofili. Con una percentuale di accuratezza dell’80%, sostengono. Il che, se da una parte sembra un’elevata percentuale, dall’altra significa che in un caso su cinque il sistema si sbaglia. Sistema che, rivendicano dalla start-up, va oltre il semplice riconoscimento facciale e che sarebbe in grado di capire meglio gli esseri umani di quando facciano gli esseri umani spesso.

Come riesce nell’impresa? Sfruttando tecniche di machine learning. Per esempio nel corso di un torneo di poker il sistema avrebbe identificato quattro vincenti tra un pool di 50 partecipanti, due dei quali poi sono stati davvero nella rosa dei tre finalisti. Come ci è riuscita? Confrontando le loro foto con quelle presenti in un database del sistema di giocatori di poker professionisti. Come a dire: se hai la faccia da vincente si vede. Tutto, scrivono nella pagina di presentazione della start-up, comprovato dalle ricerche sociali e nel campo delle scienze della vita, che giustificherebbero la pretesa secondo cui la faccia potrebbe essere utilizzata per predire personalità e comportamento.

Sulla pagina della start-up vengono sbandierate a sostegno della tesi (come attendersi diversamente?) ricerche che hanno dimostrato le basi genetiche per i tratti facciali e come le personalità sarebbero influenzate dai geni. Ma se è vero che il dna influenza il nostro aspetto e anche che esistono lavori che rivendicano le basi genetiche delle nostre personalità – considerati i limiti imposti da una parola così vaga – mettere insieme le due cose e sostenere che la personalità possa essere dedotta dall’aspetto è, nel migliore dei casi, azzardato. Diverse sono le ricerche che provano a stabilire correlazioni tra aspetto fisico, personalità e stato di salute – e che in parte provano a riabilitare la fisiognomica – ma esistono diverse ragioni, anche meramente tecniche, che gettano diversi dubbi sull’affidabilità del funzionamento di Faception.

Primo: ciò che siamo non è determinato unicamente dai nostri geni, ma dall’interazione continua di geni e ambiente (inteso ovviamente anche come esperienze personali), e cambia nel tempo. Banalmente a volte anche per il nostro stesso intervento, vedi l’intenzione o meno di farsi crescere la barba. Secondo: abbiamo appena incominciato a capire cosa fa ogni singolo gene del nostro dna, e non possiamo esprimerci con coscienza in merito all’esistenza di legami tra quelli che influenzano l’aspetto fisico e quelli che influenzerebbero il comportamento. Infine, al di là del tasso, non basso, di errore, come dichiarato dalla stessa azienda, il set di dati su cui opera il sistema è limitato. Qualsiasi risposta sarebbe in ogni caso ristretta al tipo e alla quantità di dati presi in considerazione per imparare (un problema noto da tempo quando si parla di intelligenza artificiale). Ma soprattutto, tralasciando accuratezza e affidabilità, le implicazioni etiche sarebbero enormi: “Se, per esempio, secondo il sistema, qualcuno ha la faccia da terrorista o assassino, che si fa, lo si arresta?”, si chiede Pedro Domingos, esperto di computer science alla University of Washington. Per ora quindi ci muoveremmo in un ambiente più pseudoscientifico che scientifico.

In realtà, a scorrere sul sito della start-up, anche le loro stesse pretese al momento non sono altissime. Preponendosi di operare in diversi campi, soprattutto relativi alla sicurezza, le soluzioni disponibili si affidano per lo più ai sistemi di riconoscimento facciale, rivelando attività/comportamenti sospetti, e tecniche di profiling umano. Ma si tratta di attività che possono essere compiute su soggetti già noti, nel caso del riconoscimento facciale, e che possono trarre in inganno, per esempio nella rivelazione di comportamenti sospetti. “Queste soluzioni”, scrivono da Faception, “forniscono una soluzione parziale e non sono sufficienti per gestire la portata delle minacce crescenti”. E, continuano, i dati elaborati dalla società vanno considerati non assoluti, ma elaborati insieme ad altri.

Contro il terrorismo da poco è scesa in campo anche un’altra iniziativa basata sull’intelligenza artificiale, slegata dall’aspetto fisico, o quasi. Infatti, un team di ricercatori della Mu’tah University, in Giordania, ha annunciato di aver messo a punto un algoritmo in grado di riconoscere i terroristi già segnalati anche quando sono completamente mascherati, dal modo con cui eseguono il segno V di “vittoria” con le dita. L’idea, spiegano infatti gli sviluppatori del progetto, parte dal fatto che la dimensione delle dita e l’angolo che esse formano sia una caratteristica biometrica utile ed unica. Anche in questo caso, e considerando i limiti della tecnica – oltre l’accuratezza, intorno al 90%, i materiali di partenza sono spesso grezzi – l’informazione estrapolabile dall’algoritmo può fornire solo informazioni complementari all’identificazione di una persona.

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