Scorie radioattive purificate grazie a un brevetto italiano

(Credits: Argonne National Laboratory/Flickr CC)
(Credits: Argonne National Laboratory/Flickr CC)
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Ridurre il volume delle scorie radioattive e di altri tipi di rifiuti estraendo acqua potabile: è ciò che riesce a fare, già da diversi anni, la tecnologia WoW – Wonderful Water. Dalla scoperta avvenuta nel 2005, “frutto di un misto tra ostinazione e fortuna”, come la definisce l’ingegnere padovano Adriano Marin che ne è l’ideatore, l’innovativo processo di purificazione è stato brevettato e ha raggiunto diversi traguardi importanti, risultando tra i vincitori di un Premio internazionale lanciato dalla divisione Environmental Management del Department of Energy (DoE) degli Stati Uniti. Abbiamo chiesto al suo inventore ulteriori dettagli sulla tecnologia.

Dottor Marin, in cosa consiste l’innovazione di WoW Technology? 
“Si tratta della combinazione di due processi: il primo deriva da una recente scoperta nel campo della fluidodinamica fatta da noi, che serve a rendere disomogeneo un fluido inizialmente omogeneo, il secondo è un’evaporazione. La combinazione dei due processi consente di ottenere una evaporazione selettiva che permette di controllare l’effetto di trascinamento. Con questo ci si riferisce a un fenomeno intrinseco dell’evaporazione, durante il quale le molecole di vapore acqueo trascinano con sé tracce di soluto o solido sospeso. Tramite il controllo di sei parametri del liquido e del processo, riusciamo a limitare questo effetto ottenendo acqua purissima e aumentando enormemente il fattore di decontaminazione, senza usare filtri e senza produrre scorie secondarie di altro tipo. Questo consente di separare il liquido puro da un superconcentrato senza la produzione di scorie secondarie”.

Quanto può incidere la tecnologia sul volume di stoccaggio delle scorie radioattive?
“Innanzitutto, va precisato che non funziona solo sui rifiuti radioattivi, ma è possibile decontaminare anche liquidi a base acida piuttosto problematici da trattare, raggiungendo facilmente fattori di riduzione del volume di scorie di 5000-100000 volte rispetto ai metodi esistenti. Nel caso delle acque contaminate di Fukushima, il fattore di riduzione del volume di scorie può arrivare anche a 10mila, e in alcuni altri casi si stimano riduzioni volumetriche anche fino a 100mila, il tutto con spese contenute”.

Potrebbe essere utile se ci fosse il sito unico di stoccaggio per le scorie radioattive in Italia? 
“Certamente potrebbe essere una tecnologia di interesse; basta pensare che i rifiuti liquidi, come le scorie radioattive che vanno stoccate nel sito unico, devono essere immobilizzati. Riducendo il volume di liquido, aumenta la sicurezza e diminuisce il costo necessario a fissare i contenitori di scorie in una posizione stabile”.

Chi ha finanziato la ricerca? 
“La tecnologia WoW Water è stata finanziata da quelli che noi chiamiamo soci speciali, tutti privati, che hanno fornito il capitale alla società per le necessarie fasi di validazione e certificazione. Per la precisione, il macchinario è stato certificato nel sito nucleare di Saluggia, nel Vercellese, dove i 50mila litri iniziali di scorie sono stati ridotti ad appena 10 litri soltanto, ottenendo così il 99,98% di acqua pura. Il sito di Saluggia è gestito da privati. Finora, non abbiamo ricevuto proposte da enti pubblici”.

Quali sono le collaborazioni future in vista? 
“Vi è una collaborazione tuttora in corso con l’Università di Pavia e il LENA, Laboratorio di Energia Nucleare Applicata, sempre a Pavia. Si tratta di un reattore sperimentale dove vengono effettuati esperimenti di chimica nucleare o di chimica di precisione. Abbiamo poi vinto un bando indetto dal Department of Energy americano indetto per un processo di validazione su scorie di terzo livello, le più difficili da trattare, con tempi di decadimento molto lunghi. La tecnologia WoW opererà al Laboratorio Nazionale di Savannah River, nella Carolina del Sud, andando anche in questo caso a garantire una sostanziale riduzione di volumi e di costi su rifiuti molto contaminati”.

Sono necessari ulteriori miglioramenti alla sua tecnologia?
“La tecnologia in sé non ha bisogno di migliorie; stiamo piuttosto studiando come usarla per altre applicazioni su tipi diversi di rifiuti, tra cui come avevo accennato prima, acidi particolarmente forti per gestire i quali al momento non esiste una tecnologia al di fuori del semplice stoccaggio”.

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