Il “rutto” del buco nero dopo aver inghiottito una stella

buco nero
(Credits: NASA/JPL-Caltech)
buco nero
(Credits: NASA/JPL-Caltech)

Come ci insegna la relatività generale, un buco nero è una regione dello spazio-tempo talmente densa da esercitare un campo gravitazionale così intenso che nulla può sfuggire all’esterno, nemmeno la luce. Buchi neri super-massivi, con masse pari a centinaia di migliaia di volte quella del Sole, si trovano al centro della maggior parte delle galassie conosciute. Un gruppo di scienziati ha tuttavia osservato per la prima volta, grazie al telescopio WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) della Nasa, delle radiazioni che venivano espulse da un buco nero, subito dopo l’assorbimento di una stella.

In due studi, condotti rispettivamente dalla John Hopkins University di Baltimora e dalla University of Science and Technology of China, gli astronomi hanno spiegato che quando un oggetto viene assorbito da un buco nero, non tutti i suoi contenuti vengono consumati: l’assorbimento è seguito da un’eruzione di intense radiazioni chiamata tidal disruption flare. L’energia delle radiazioni che compongono questo flare è così elevata da spazzare via qualsiasi cosa investe.

Nonostante i flare siano un fenomeno ancora non del tutto chiaro, gli scienziati hanno teorizzato la presenza, attorno al buco nero, di polvere cosmica, vicina abbastanza da assorbire alcune delle radiazioni contenute nel flare, ma anche abbastanza lontana da non venire spazzata via da esso. Secondo la teoria, la radiazione assorbita da queste particelle dovrebbe mantenere un’eco, una specie di impronta che documenta l’energia contenuta nel flare: essa viene infatti riemessa dalle particelle sotto forma di radiazione infrarossa, ed è in grado di fornire agli astronomi preziose informazioni sul buco nero che ha generato il flare.

Utilizzando immagini ottenute da WISE, lanciato nel 2009 ed operativo in orbita attorno alla Terra da allora, il team di Baltimora ha individuato questo tipo di polvere cosmica attorno a tre buchi neri (ovviamente, dato che non è possibile osservare direttamente un buco nero, gli scienziati devono ipotizzare la sua presenza dal comportamento degli altri oggetti presenti nelle vicinanze); a loro volta gli scienziati cinesi hanno individuato un quarto esempio concreto di questo fenomeno.

“Questa è la prima volta che abbiamo potuto osservare chiaramente l’eco di luce infrarossa causato da diversi flare,” ha commentato Sjoert van Velzen, che ha condotto il team di Baltimora, aggiungendo che capire come funzionano questi flare potrebbe essere fondamentale per fare luce sui meccanismi che danno origine a nuove stelle nelle galassie.

Riferimenti: The Astrophysical Journal doi: 10.3847/0004-637X/829/1/19 e 10.3847/2041-8205/828/1/L14

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