Cosa sappiamo su Emdrive, il motore impossibile della Nasa

emdrivee
(Foto via Pixabay)
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(Foto via Pixabay)

Il nome con cui è diventato famoso, motore impossibile, non lascia presagire nulla di buono. In realtà, si chiama EmDrive – abbreviazione di Electromagnetic Drive –, ed è un (presunto) sistema di propulsione rivoluzionario i cui dettagli sono da poco stati svelati dagli esperti degli Eagleworks Laboratories della Nasa in un articolo scientifico regolarmente sottoposto a peer review e pubblicato sulle pagine del Journal of Propulsion and Power, la rivista ufficiale dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics (Aiaa). Già molto tempo prima della pubblicazione del lavoro, il sistema era stato oggetto di un accesissimo dibattito nella comunità dei fisici e degli ingegneri aerospaziali: stando agli autori dell’articolo, EmDrive sarebbe in grado di generare un’accelerazione nel vuoto senza utilizzare alcun carburante, e potrebbe, per esempio, portare un’astronave su Marte in appena 70 giorni. Il piccolo problema è che il principio di funzionamento del motore viola la terza legge di Newton, quella che sancisce che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Delle due l’una: o la terza legge di Newton è sbagliata, oppure c’è un errore nascosto nei calcoli degli scienziati della Nasa. La comunità scientifica di tutto il mondo, per ora, sembra propendere per l’ultima ipotesi.

La storia

Andiamo con ordine. L’Electromagnetic Drive è stato ideato dall’inventore inglese Roger Shawyer nel 1999. Secondo la sua teoria, il motore sarebbe in grado di convertire energia elettrica in accelerazione senza alcun bisogno di espellere propellente nella direzione opposta al moto, come avviene nei razzi tradizionali. In un’intervista esclusiva rilasciata nell’aprile scorso a Ibmtimes, Shawyer si è detto più che sicuro della fondatezza della propria ipotesi, rigettando l’idea che questa contrasti i principi fondamentali della fisica: “I miei risultati sono in accordo con le leggi della fisica. Per di più, ci sono svariate istituzioni scientifiche competenti in diverse nazioni del mondo che stanno supportando il mio lavoro. In Cina ne è già stata dimostrata l’efficacia. E al momento stiamo già lavorando alla seconda generazione del motore, che ne aumenterà le prestazioni di cinque ordini di grandezza”. Effettivamente, negli ultimi dieci anni, diverse équipe di ricerca si sono interessate a EmDrive, ricontrollando i calcoli e conducendo test ed esperimenti per valutarne le prestazioni. L’interesse della Nasa si è concretizzato lo scorso anno, quando gli esperti degli Eagleworks Laboratories hanno messo le mani sul motore per misurarne l’accelerazione: i risultati – già trapelati online all’inizio di novembre, prima della pubblicazione ufficiale del lavoro – sembrano mostrare che il motore produce effettivamente 1.2 millinewton per kilowatt di accelerazione nel vuoto:

I dati di accelerazione relativi alla propulsione in avanti e all’indietro suggeriscono che il sistema funzioni [nel vuoto] a 1.2 ± 0.1 mN/kW, molto vicino alle performance medie misurate in aria. Sono state considerate e discusse diverse possibili fonti di errore

Per avere un’idea di cosa significhino questi numeri, ecco qualche confronto: un propulsore a effetto Hall, un tipo di motore potentissimo in cui il propellente viene accelerato da un campo elettrico, è in grado di generare forze dell’ordine di 60 millinewtons per kilowatt, un’ordine di grandezza superiori rispetto a quelle che sarebbero generate da EmDrive. Però, per l’appunto, a differenza di EmDrive, necessita dell’uso di propellente. Le vele solari, invece, la forma di propulsione senza carburante attualmente più diffusa e utilizzata, generano forze dell’ordine di appena 6 micronewton per kilowatt, due ordini di grandezza inferiori rispetto a EmDrive. Ecco perché EmDrive, qualora se ne provasse inconfutabilmente l’efficacia, costituirebbe una rivoluzione senza precedenti nel campo dell’industria aerospaziale.

Come funziona
Sostanzialmente, l’EmDrive è una cavità metallica conica in cui rimbalzano delle onde elettromagnetiche. Dal punto di vista fisico, la radiazione elettromagnetica non ha massa, ma è dotata di momento: secondo Shawyer, i fotoni che trasportano la radiazione elettromagnetica, rimbalzando contro la parte anteriore del motore, generano un’accelerazione in avanti senza alcuna necessità di espellere carburante nella direzione opposta. Semplificando (parecchio), è come se si facesse accelerare un’automobile colpendo ripetutamente il parabrezza anteriore dall’interno. Sebbene lo scopo del lavoro appena pubblicato non sia quello di cercare una spiegazione del meccanismo, ma solo di valutarne l’efficacia, gli autori hanno individuato un’ipotesi nella cosiddetta pilot-wave theory, un’interpretazione molto complessa (e altamente controversa) della meccanica quantistica.

Azione e reazione
Ma torniamo, è il caso di dirlo, con i piedi per terra. In particolare alla succitata terza legge di Newton, anche conosciuta come principio di azione e reazione. Che sancisce, per l’appunto, come “a ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria”. Rispetto al caso in esame, la terza legge di Newton stabilisce che, per generare un moto in una determinata direzione, è necessario che ci sia una propulsione nella direzione opposta. Esattamente come funzionano i razzi tradizionali, che espellono il propellente verso il basso generando così un’accelerazione verso l’alto. Se EmDrive funzionasse davvero, producendo l’accelerazione misurata dagli autori dell’articolo, la terza legge di Newton sarebbe indiscutibilmente violata: il motore, infatti, genererebbe una forza senza espellere propellente nella direzione opposta.

Le perplessità
È proprio questo il motivo per cui la comunità scientifica è così scettica rispetto al funzionamento del motore e ai risultati appena pubblicati. Tra l’altro, è da sottolineare che il fatto che il lavoro sia stato sottoposto a revisione dei pari non ne garantisce la fondatezza, ma si limita a certificare che gli esperimenti sono stati condotti in modo appropriato. Diversi scienziati di tutto il mondo si sono già espressi: Colin Johnston, dello Armagh Planetarium, ha pubblicato una revisione estensiva del sistema, concludendo che “la Nasa non ha affatto verificato il funzionamento di alcun motore impossibile”. Raggiunto da Wired.it, anche Guido Martinelli, fisico teorico della Sapienza Università di Roma, si dice assolutamente poco convinto dell’efficacia del sistema, tra l’altro nascosta sotto “mille dettagli tecnici impossibili da verificare. Le conclusioni, comunque, fanno appello in maniera vaga e inconcludente a teorie discreditate e comunque non forniscono alcuna spiegazione scientifica del fenomeno osservato neppure all’interno di tali teorie (ammesso che si voglia chiamarle tali)”. Dello stesso parere anche Giorgio Parisi, sempre della Sapienza, secondo il quale “tutte le spiegazioni sembrano molto strane. Non ho niente da dire in proposito tranne che scommettere che sia un problema di errori di misura o un effetto noto trascurato”.

Via: Wired.it

1 commento

  1. Crederò che funziona solo quando vedrò le automobili procedere per pugni datti sul parabrezza dall’interno. 🙂
    Mi sembra come quello dei cartoni animati che si sollevava da solo, afferrandosi dal colletto della camicia.

    Regalo anche io la mia idea, da profano -e che ovviamente non funziona- per Mr Shawyer: perchè non usare una serie di magneti, che si attirano tra loro e respingono tra loro?

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