La Nebulosa del Granchio, come non l’avete mai vista

crab nebula
(Credits: NASA, ESA, NRAO/AUI/NSF and G. Dubner (University of Buenos Aires))

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(Credits: NASA, ESA, NRAO/AUI/NSF and G. Dubner (University of Buenos Aires))

Combinando i dati provenienti da diversi telescopi che coprono quasi tutta la larghezza dello spettro elettromagnetico, un team di astronomi argentini è riuscito a produrre un’immagine altamente dettagliata della Nebulosa del Granchio. In particolare, lo spettro coperto dai telescopi si estende dalle onde radio del Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) ai raggi X del telescopio orbitale della Nasa Chandra X-ray Observatory e alla prospettiva infrarossa del telescopio spaziale Spitzer. Oltre, ovviamente, agli occhi del telescopio spaziale Hubble. L’immagine – e la sua analisi – è stata pubblicata sulla rivista Journal Astrophysical.

“Il confronto di queste nuove immagini, scattate a diverse lunghezze d’onda, ci fornisce una miriade di nuovi dettagli sulla Nebulosa del Granchio”, ha spiegato Gloria Dubner, dell’Istituto di astronomia e fisica (Iafe), che ha lavorato alle immagini insieme al team di esperti del National Council of Scientific Research (Conicet) e della University of Buenos Aires. “Anche se è stata studiata per anni, abbiamo ancora molto da imparare”.

Osservata per la prima volta nel 1054 da alcuni astronomi cinesi, la Nebulosa del Granchio si trova nella costellazione del Toro, a circa 6mila anni luce da noi, ed è nata della gigantesca esplosione di una supernova. Al suo centro sono rimasti i resti che una volta costituivano il nucleo della stella, e che ora invece formano una stella di neutroni super-densa (o pulsar), che ruota su se stessa facendo 33 giri su se stessa e sparando fasci di luce radioattivi di onde radio e di luce.

L’immagine combina i dati di cinque differenti telescopi: il Vla in rosso, per le onde radio; il telescopio spaziale Spitzer, che osserva l’infrarosso, in giallo; il telescopio spaziale Hubble (visibile) in verde, l’XMM-Newton in blu per l’ultravioletto e il Chandra X-ray Observatory in viola, per l’osservazione dei raggi X.

Via: Wired.it

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