Un nuovo antibiotico da un batterio di origini italiane

nanoantibiotico
(Foto via Pixabay)
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Si chiama pseudouridimicina, è prodotta naturalmente da un batterio e potrebbe diventare il principio attivo di nuovi antibiotici in grado di contrastare le infezioni di batteri multiresistenti. Un gruppo di ricercatori l’ha scovata analizzando i microbi presenti in oltre tremila campioni di terreno raccolti in Italia. Secondo test condotti in laboratorio, la pseudouridimicina (o Pum) è in grado di inibire la crescita di diversi batteri gram-positivi e gram-negativi in coltura e, nei topi, di contrastare le infezioni di un tipo di Streptococco. Meccanismo d’azione e proprietà di questa nuova arma contro le antibioresistenze sono spiegati in un articolo sulla rivista Cell.

Da miliardi di anni i microbi esplorano diverse strategie per difendersi da altri batteri: è per questo che i ricercatori italiani, tedeschi e americani guidati dal prof. R. H. Ebright dell’Waksman Institute of Microbiology della Rutgers University (New Jersey) hanno cercato in microorganismi presenti nella terra potenziali molecole antibatteriche, trovandone una, la pseudouridimicina, con interessantissime proprietà: attiva contro un ampio spettro di batteri e soprattutto con una bassissima insorgenza di resistenza spontanea nei batteri esposti alla sostanza.

Come per altri antibatterici correntemente in uso, quali le rifamicine e le fixadomicine, il target della pseudouridimicina è l’Rna polimerasi, l’enzima che catalizza la sintesi di filamenti di Rna. Con una fondamentale differenza: il sito sul quale Pum va a legarsi è quello che nella normale catalisi dell’Rna batterico deve essere occupato da un nucleoside trifosfato (Ntp), uno dei mattoni a partire dai quali l’Rna polimerasi costruisce filamenti di Rna. In questo modo l’Ntp non può legarsi alla Rna polimerasi e la sintesi non può avvenire.

Il modo in cui Pum si lega all’Rna polimerasi è così specifico che i ricercatori hanno osservato un tasso di resistenza spontanea 10 volte inferiore a quello delle rifamicine: qualsiasi modificazione del sito di legame dell’Rna polimerasi comprometterebbe anche la possibilità di legare su di esso l’Ntp e dunque annullerebbe la funzionalità dell’enzima nella catalisi dell’Rna, portando il batterio alla morte.

Pum è dunque un potente inibitore dell’Rna polimerasi, e solo di quello batterico: non ha infatti effetto sull’Rnan polimerasi umano, anche se il sito di legame dell’Ntp nei due enzimi – batterico e umano – è quasi identico. Osservando la struttura di Pum i ricercatori hanno scoperto che la ragione della sua selettività risiede nella conformazione assunta da una catena laterale dopo il legame con l’Rna polimerasi: la catena infatti va a toccare un sito adiacente a quello di legame, presente solo nella polimerasi batterica, ancorando Pum più saldamente ad essa.

La nuova sostanza e forse altri inibitori analoghi di nucleoside (Nia) sembrano dunque estremamente promettenti per lo sviluppo di nuovi antibiotici a largo spettro, sicuri e con bassa resistenza: del resto – osservano gli autori della ricerca – i Nia che hanno rivoluzionato anche il trattamento di infezioni virali come quelle da Hiv o dell’epatite C.

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